Tassa rifiuti: imponibilità delle aree adibite a deposito

Nella Sentenza n. 26637 del 10 novembre 2017 della Corte di Cassazione, i Giudici di legittimità si esprimono sulla tassazione ai fini Tari dei residui prodotti in un deposito, affermandone la impossibile loro qualificazione come residui del ciclo di lavorazione, così da rendere ininfluente la loro definizione o meno tra i rifiuti assimilati agli urbani. In particolare, la Suprema Corte osserva che, estendendo alla Tari l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità in tema di Tarsu, con riguardo all’art. 62, comma 3, del Dlgs. n. 507/13, la Tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, salva l’applicazione sulla stessa di un “coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi”, che chiaramente presuppone l’assoggettamento all’Imposta dei soli rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della Tassa in caso di produzione di rifiuti assimilati “smaltiti in proprio”. In tale materia grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione, atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, esso non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, o addirittura l’esenzione, costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del Tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.

La Suprema Corte, con la Sentenza n. 26725/16, ha precisato che “i residui prodotti in un deposito o magazzino non possono essere considerati residui del ciclo di lavorazione, per cui risulta ininfluente che possano essere qualificati o meno come rifiuti assimilati agli urbani. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la esenzione o riduzione delle superfici tassabili deve intendersi limitata a quella parte di esse su cui insiste l’opificio vero e proprio, perché solo in tali locali possono formarsi rifiuti speciali, per le specifiche caratteristiche strutturali relative allo svolgimento dell’attività produttiva, mentre in tutti gli altri locali destinati ad attività diverse, i rifiuti devono considerarsi urbani per esclusione, salvo che non siano classificati rifiuti tossici o nocivi, e la superficie di tali locali va ricompresa per interno nell’ambito della superficie tassabile (uffici, depositi, servizi, ecc. ), inoltre tale classificazione costituisce accertamento di fatto, riservato al Giudice del merito”. L’impossibilità di produrre rifiuti deve dipendere da fattori oggettivi e permanenti e non invece dalla contingente e soggettiva modalità di utilizzazione dei locali.

Dunque, la Suprema Corte precisa che la situazione che legittima l’esonero da tassazione locale si verifica allorquando l’impossibilità di produrre rifiuti dipende dalla natura stessa dell’area o del locale, ovvero dalla loro condizione di materiale ed oggettiva inutilizzabilità, o dal fatto che l’area ed il locale siano stabilmente – e cioè in modo permanente e non modificabile – insuscettibili di essere destinati a funzioni direttamente o indirettamente produttive di rifiuti. La funzione di magazzino, deposito o ricovero, è invece una funzione operativa generica e come tale non rientra nella previsione legislativa. Al riguardo, la Corte di Cassazione, con Sentenza n. 2814/05, ha esplicitamente affermato che “i magazzini, qualora siano destinati al ricovero di beni strumentali o delle scorte da impiegare nella produzione o nello scambio, concorrono all’esercizio dell’impresa e vanno perciò riguardati come aree operative, al pari degli stabilimenti o dei locali destinati alla vendita”.

Infine, i Giudici di legittimità aggiungono che, nel caso di specie, non si vede sotto quale profilo l’adibizione dell’area a deposito di materiale ferroso potrebbe farlo considerare escluso dalla possibilità di produrre rifiuti, trattandosi di un’area destinata a deposito per la quale la normativa non contempla alcuna ipotesi di esenzione.

Corte di Cassazione – Sentenza n. 26637-2017[1]

Endnotes:
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