Affidamento diretto di “servizi pubblici locali” e “strumentali”: le Direttive del Parlamento europeo sul Modello “in-house providing”

Nell’ambito dei modelli di gestione dei “servizi pubblici locali” e dei “servizi strumentali”, l’istituto dell’affidamento diretto è ammissibile solo nel rispetto rigoroso di alcune condizioni che sono state individuate, prima dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate poi anche da quella nazionale.

In virtù dell’adozione, da parte del Parlamento europeo, lo scorso 15 gennaio 2014, della Direttiva sugli appalti, nonché della Direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, per la prima volta le condizioni che legittimano l’affidamento diretto vengono formulate, nel solco tracciato dalla giurisprudenza, in un testo normativo.

Rilevano a tal fine, dei 2 atti legislativi nominati, l’art. 12[1] del primo e l’art. 17[2]  del secondo, i quali stabiliscono quando è possibile evitare l’applicazione del nuovo corpo di norme sugli appalti e concessioni tra Enti nell’ambito del Settore pubblico.

Le Direttive “de quibus” entreranno in vigore il ventesimo giorno successivo alla loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue e gli Stati membri saranno tenuti a recepirle nel termine di 24 mesi.

Dalla nuova legislazione si evince che, affinché una persona giuridica (di diritto pubblico o di diritto privato) possa ricevere in affidamento diretto e in deroga alla normativa su appalti e concessioni – cioè senza gara ad evidenza pubblica – la gestione di un “servizio pubblico locale” (o anche “strumentale”) da un’Amministrazione aggiudicatrice, occorre che quest’ultima:

– eserciti sulla prima entità un “controllo analogo” a quello che svolge sui propri servizi;

– i compiti affidati senza gara alla persona giuridica devono coprire almeno l’80% delle sue attività;

– alla dotazione patrimoniale dell’affidatario non debbano direttamente contribuire soggetti privati (totale partecipazione pubblica detenuta dalle P.A. affidanti), per evitare che la partecipazione diretta al capitale di quest’ultimi rappresenti una posizione di vantaggio rispetto agli altri operatori economici. Pur tuttavia, una deroga viene ad essere consentita all’applicazione di tal ultimo precetto. È necessario che il Legislatore nazionale abbia previsto, in conformità dei Trattati, che la persona giuridica affidataria di particolari servizi pubblici abbisogni della partecipazioni di privati al suo capitale. Ma non è tutto per giustificare l’affidamento diretto a Organismi al cui capitale partecipano anche tali soggetti: il privato non deve avere una “influenza determinante” sull’Ente aggiudicatario, né esercitare su di esso un potere di veto. Inoltre, il suo intervento deve essere tale da non generare una partecipazione al capitale che possa qualificarsi come di controllo.

Le Direttive in parola stabiliscono che il soggetto a cui è assentito il servizio in assenza di gara deve necessariamente subire la “influenza determinante”, quanto a scelte strategiche e a decisioni significative, dell’Amministrazione aggiudicatrice. Solo così il “controllo analogo”, quale condizione necessaria per stabilire un rapporto “interorganico”, può dirsi legittimamente esercitato.

L’affidamento del servizio può sottrarsi alle regole concorrenziali anche nel caso in cui la persona giuridica aggiudicataria venga ad essere sottoposta alla “influenza determinante” sopra descritta, non già direttamente dell’Ente affidante, ma da altra persona giuridica che a sua volta sia soggetta all’esercizio del “controllo analogo” da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice. Sicché, nei casi di gestione che esprimono un modello organizzativo succedaneo alla gestione diretta del servizio da parte dell’Ente pubblico, viene ad essere espressamente ammesso anche il “controllo analogo” mediante “holding”.

La nuova Legislazione si è preoccupata altresì di definire con esattezza la condizione legittimante dell’affidamento secondo il modello “in-house providing” che la Sentenza Teckal[3] ha individuato a suo tempo nella necessità che il soggetto affidatario svolga la maggior parte della propria attività in favore dell’Ente pubblico di appartenenza. In questo senso, il nuovo corpo di norme, non solo ha stabilito che i compiti affidati alla persona giuridica controllata, da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice o da persona giuridica da questa controllata, devono necessariamente superare l’80% delle sue attività complessive, ma si è anche preoccupata di stabilire quali sono i parametri da prendere a riferimento per la determinazione della predetta soglia percentuale. A questo proposito rilevano, alternativamente, il fatturato totale medio conseguito e i costi sostenuti. All’atto dell’affidamento occorre quindi verificare che, nei 3 anni precedenti, la persona giuridica controllata abbia conseguito un fatturato dal ramo di gestione inerente il servizio da assentire in via diretta superiore al 80% dell’intero fatturato, oppure abbia sostenuto, per lo stesso arco temporale, costi per supportare il ramo di gestione inerente il servizio da affidare senza gara per un importo oltre l’80% dei costi complessivi delle proprie attività.

Qualora i dati di cui sopra non possano essere ricavati – o perché l’attuale campo di attività dell’Ente affidatario non presenti i caratteri dell’omogeneità rispetto a quello passato, o perché il medesimo soggetto sia esistente (o operativo) da meno di 3 anni – alla modalità di calcolo basata sul trend storico si sostituisce quella che fa riferimento al trend prospettico (relativo sempre a un triennio), che deve basarsi però su proiezioni di dati credibili (piani economico finanziari).

È anche ammessa la possibilità di determinare la soglia percentuale in questione non facendo riferimento ai parametri del fatturato medio e dei costi, ma utilizzando in ogni caso un’idonea misura alternativa basata sull’attività.

Appare utile specificare che il mantenimento dell’affidamento diretto è in ogni caso subordinato ad una verifica attuale e costante a che l’80% delle attività della persona giuridica controllata siano  effettuate nello svolgimento dei compiti assegnati dall’amministrazione aggiudicatrice.

Le Direttive in parola consentono altresì, a determinate condizioni, che un’Amministrazione aggiudicatrice possa affidare direttamente la gestione di servizi ad una persona giuridica anche nel caso in cui lo stesso Ente affidante non sia in grado di esercitare autonomamente il “controllo analogo” (nei modi sopra descritti) nei confronti del soggetto affidatario, bensì in modo “congiunto”. Per siffatta evenienza, la natura del rapporto “interorganico” permane qualora l’Ente affidante, congiuntamente con altre Amministrazione aggiudicatrici, eserciti sulla persona giuridica un controllo della stessa specie di quello che tali soggetti esercitano sui propri servizi.

Tal ultima condizione viene ad essere soddisfatta se:

–          negli Organi decisionali della persona giuridica affidataria siano presenti membri in rappresentanza di tutte le Amministrazione che esercitano il “controllo congiunto”, Fermo restando però che è possibile assegnare anche ad un solo componente dei citati Organi la rappresentanza di altri Enti affidatari;

–          le Amministrazioni aggiudicatrici nel loro insieme siano in grado di influenzare in maniera determinante, quanto a scelte strategiche e a decisioni significative, la persona giuridica che riceve l’affidamento diretto della gestione dei servizi;

–          la persona giuridica controllata non persegua interesse in conflitto rispetto a quelli delle Amministrazioni giuridiche controllanti.

Anche nel caso appena specificato, l’affidamento “in-house providing” conserva la propria legittimità se i compiti affidati senza gara alla persona giuridica sottoposta al “controllo congiunto” coprono almeno l’80% delle sue attività e se, ancora, alla dotazione patrimoniale dell’affidatario non concorrono direttamente soggetti privati (salvo le eccezioni sopra specificate).

 di Ivan Bonitatibus e Edoardo Rivola

[1] Rubricato “Appalti pubblici tra Enti nell’ambito del Settore pubblico”.

[2] Rubricato “Concessioni tra Enti nell’ambito del Settore pubblico”.

[3] Corte di Giustizia europea, Sentenza C-107/98 del 18 novembre 1999.

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