Anticorruzione: riflessioni alla luce della pubblicazione del Rapporto della Commissione Ue

Contrastare la corruzione con ancor più efficacia e determinazione porterebbe all’Italia un bonus straordinario fino a 60 miliardi di Euro annui. Si tratta di risorse necessarie per il rilancio dell’economia e l’aumento dell’occupazione, per garantire una migliore prevenzione e sicurezza svolta dalle Autorità giudiziarie nonché, a livello locale, per puntare ad un deciso alleggerimento delle tasse, ad un aumento degli investimenti e ad un allentamento dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità. Insomma, è l’ora di darsi una mossa. Una buona volta.

Parlare di antimafia e nei fatti praticarla aiuta il Sud ad affrancarsi dalla delinquenza organizzata che inquina l’economia anche al Nord. Parlare di anticorruzione e nella pratica adottarla aiuta tutta l’Italia a prendere coraggio e combatterla con ogni mezzo, specialmente nel Settore pubblico. Senza escludere quello privato che ne paga le conseguenze in termini di competizione sui mercati.

Già su queste pagine, dalla seconda metà del 2013 abbiamo affrontato l’argomento anticorruzione sotto diversi profili e pubblicato ben 4 appositi approfondimenti[1].

Eppure, diciamolo apertamente, quando si parla o si scrive di corruzione e anticorruzione si è schizzinosi. O refrattari. Molti si fanno prendere da un certo pudore. Taluni si voltano dall’altra parte. Orecchio od occhio “non vede”, cuore non duole. E’ di sicuro un argomento sgradevole. Ma, seppur tra i tanti problemi, si deve una buona volta affrontarlo di petto. Con determinazione. Per contrastarlo e comprimerlo. La corruzione, oltre che un reato, è una vergogna nazionale e locale. Dal punto di vista Finanziario, è una spesa che ogni anno brucia decine di miliardi di Euro. E, si fa notare, che parliamo di un importo pari al 50% di tutto il “gettito” della corruzione europea stimata in 120 miliardi. Un bel primato negativo. E’ uno dei macigni che frena l’Italia. E la rallenta anche per gli effetti indiretti: si tratta della distorsione allocativa delle risorse pubbliche che sono sempre più scarse. Distorsione che arricchisce le tasche di alcuni delinquenti dentro e fuori la P.A.: essi distruggono valore, evadono il Fisco, esportano capitali all’estero, favoriscono gli affari sporchi, alterano le regole della concorrenza. Una distorsione che rovina l’economia italiana. Creando disoccupazione, precariato, burocrazia, ritardo o assenza di opere. Una “babele” occulta che ne alimenta altre. Non ce lo possiamo più permettere.

La recentissima Relazione del Commissario Ue agli Affari Interni, la liberale Cecilia Malmström (svedese, ha studiato e lavorato anche in Francia, Spagna e Germania e parla pure l’italiano) tratta il delicato argomento. La Malmström ha dichiarato, all’atto della presentazione del Rapporto 2014 della Commissione europea, che “in Europa non ci sono aree non affette da corruzione. Prendiamo atto dei progressi fatti e delle buone pratiche, ma i risultati raggiunti sono insufficienti e questo vale per tutti gli Stati membri. La corruzione mina la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni democratiche e nello Stato di diritto, danneggia l’economia europea e priva gli Stati di un gettito fiscale particolarmente necessario. La relazione mostra che le azioni intraprese sono lontane dall’essere sufficienti”.

Venendo all’Italia, nella Relazione si offre una stima dei costi totali annui – dovuti alla corruzione -che ammonterebbero in Italia a 60 miliardi di Euro. Dato riportato da vari Enti, compresa la Corte dei conti italiana, poiché risulta essere l’unica stima ad oggi del fenomeno. Si tratta, evidentemente, di una cifra di massima che non è sostenuta da elementi oggettivi e che non è stata svolta direttamente dalla Corte dei conti. I 60 miliardi di cui parliamo si ritrovano in uno studio dell’autorevole World Bank (che in tutto il mondo si occupa di sostenere ricostruzione e sviluppo lottando contro la povertà e per organizzare aiuti e finanziamenti agli Stati in difficoltà), la quale ha stimato il costo della corruzione nel 3% del Pil mondiale. In Italia pesa per il 4% del Pil. Purtroppo, siamo sopra la media mondiale. Tra l’altro, si pensi che 60 miliardi di Euro sono il gettito annuo di tutte le ritenute per Imposte pagate sui redditi dei dipendenti privati o di quelli pubblici. Per assurdo, recuperando la corruzione, si potrebbero dimezzare le Imposte sui redditi dei lavoratori dipendenti italiani e far ripartire consumi e occupazione alla grande. Oppure, con i 60 miliardi, si potrebbero dimezzare tutte le aliquote Iva: dal 22% all’11%, ecc.. Anche in questo caso, si pensi a quale spinta sui consumi e il benessere dei cittadini. O ancora, potremmo togliere le varie tasse su benzina, gasolio, gas metano, energia elettrica, ecc.. Pagheremmo la metà il pieno dell’auto e così via. Eppure, in quest’ultimo caso, avanzerebbero ancora 30 miliardi di Euro.

La corruzione in Italia è un fenomeno macroscopico di cui occorre acquisire piena consapevolezza.

Vale anche la pena soffermarsi sul dato della percezione della corruzione da parte delle imprese e dei cittadini italiani. Nell’apposito Rapporto europeo si sostiene che il 92% delle imprese italiane, contro il 73% della media europea, afferma che la corruzione impedisce la concorrenza, mentre il 97% dei cittadini, contro la media europea del 76%, ritiene che il fenomeno stia imperversando. Questo gap con l’Europa è un grave handicap. Difatti, la corruzione percepita è un dato di notevole rilievo poiché condiziona sfavorevolmente gli investimenti italiani ed esteri nel ns. Paese. Fatta eccezione, viene da dire, per i corruttori e i capitali sporchi. Ovvero, si attrae il peggio e si respinge il meglio. Sono i danni indiretti della corruzione che tarpano le ali all’economia italiana.

A livello generale, il Rapporto Ue è assai critico su alcuni versanti. Si ritiene che il sistema delle norme italiane lascia irrisolti vari problem, poiché “non modifica la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio e non introduce reati per il voto di scambio“. Dall’Europa si suggeriscedi perfezionare la normative, dato che frammenta le disposizioni sulla concussione e sulla corruzione, “rischiando di dare adito ad ambiguità nella pratica e limitare ulteriormente la discrezionalità dell’azione penale“.

Così, nel Rapporto a firma della Malmström, si segnalano negativamente le Leggi ad personam, il perdurante conflitto d’interessi, il problema della prescrizione, la lunghezza dei processi. Addirittura, si sostiene che “in Italia i legami tra politici, criminalità organizzata e imprese, e lo scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti più preoccupanti, come testimonia l’alto numero di indagini per corruzione”. La Relazione di Bruxelles, nella parte dedicata all’Italia, ricorda come “negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale“. Situazioni gravi che hanno indotto ad una serie di dimissioni, anche di leader e di alte cariche di partito, a elezioni regionali anticipate, e hanno spinto il Governo a sciogliere alcuni Consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose. La Relazione sottolinea che solo nel 2012 sono scattate indagini penali e Ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti politici locali in circa metà delle 20 Regioni italiane, sono stati sciolti ben 201 Consigli comunali, di cui 28 dal 2010 per presunte infiltrazioni criminali, e più di 30 Deputati della precedente legislatura sono stati indagati per reati collegati a corruzione o finanziamento illecito ai partiti.

Sul tema degli appalti truccati, il Rapporto rileva che esiste il problema delle gare d’appalto ove spesso la partecipazione è sollecitata soltanto pro forma e il vincitore in effetti è già stato deciso in precedenza. Fenomeno discorsivo che si verifica addirittura nei 2/3 delle violazioni delle regole. Il cd. “conflitto di interesse”, ovvero l’attribuzione a parenti o amici, si stima in 1/4 dei casi (23%).

Ancora, si giudicano insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel Settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.

Così a livello europeo si raccomanda di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’Autorità nazionale anticorruzione Civit [n.d.r. ora Anac] in modo che possa reggere saldamente le redini del coordinamento e svolgere funzioni ispettive e di supervisione efficaci, anche in ambito regionale e locale“. Altresì, si fa notare che l’Autorità nazionale a ciò preposta è “composta solo da 3 membri e con un organico di supporto di appena 30 effettivi, soggetti a frequenti sostituzioni, e sembra mancare della necessaria capacità per assolvere efficacemente ai suoi compiti”. Inoltre, la suddetta Autorità “interpreta le proprie funzioni in modo piuttosto ristretto, limitandosi a svolgere un ruolo più reattivo che proattivo e concentrandosi in particolare sulla trasparenza, sulle funzioni consultive e sulla verifica formale dei documenti strategici predisposti dalle amministrazioni“.

Nonostante tutto, approfondendo, emergono anche dati positivi. A questo riguardo, il Rapporto dimostra che l’Italia è sulla strada giusta. La Commissione elenca la positività delle norme approvate dalla fine del 2012: la Legge n. 190/12 (c.d. “Legge Anticorruzione”); il Dlgs. n. 235/12 in tema di incandidabilità; il Dlgs. n. 33/13 sulla “Trasparenza”; il Dlgs. n. 39/13 in materia di inconferibilità e incompatibilità; il Dpr. n. 62/13 nel quale si trova il “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”. Queste norme, si sostiene a Bruxelles, hanno “riequilibrato la strategia rafforzandone l’aspetto preventivo e potenziando la responsabilità (accountability) dei pubblici ufficiali“. Per di più, la Commissione apprezza “l’ambizione di questo nuovo approccio sulle politiche di integrità nella Pubblica Amministrazione“, auspicando che non si trasformi in un processo formalistico. Peccato, viene da commentare, non si sia fatto molto in precedenza.

Prosegue il Rapporto che, in modo apprezzabile, sono stati operati passi concreti: si è creata l’Autorità nazionale anticorruzione; è stato varato il “Piano nazionale Anticorruzione”; tutte le Amministrazioni pubbliche hanno/stanno adottando “Piani triennali di prevenzione della corruzione” e “Programmi per la trasparenza e l’integrità”; in ogni Amministrazione sono stati nominati i Responsabili della prevenzione della corruzione e per il rispetto delle regole di Trasparenza. Si dà atto che è stata siglata, il 24 luglio 2013 in sede di Conferenza unificata tra Governo, Regioni e Province autonome, un’Intesa per dare piena attuazione alle disposizioni delle norme anticorruzione anche negli Enti territoriali. Inoltre, nella Relazione della Commissione europea si sostiene un complessivo miglioramento dell’impianto normativo e amministrativo in materia di legalità più in generale e di contrasto alla corruzione in particolare. Così, nel ricordare che è stato approvato il “Piano nazionale Anticorruzione”, se ne rilevano le caratteristiche tese all’emersione del rischio corruttivo e di individuazione di misure anticorruzione. Si evidenzia che è stata prevista la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower). Si fa notare che nel Decreto sull’incandidabilità sono previsti termini assai lunghi ed efficaci, trovando tali norme l’applicazione anche in casi di ineleggibilità. Si rileva ancora che, col Dl. n. 149/13, è stata varata una nuova disciplina sul finanziamento ai partiti. Si mette in evidenza che la vigilanza sui conflitti di interesse è sostanzialmente ben svolta dalla “Autorità garante della concorrenza. Si nota che il sistema degli appalti è stato reso più trasparente nelle procedure e nel controllo dei flussi finanziari. Si pone all’attenzione che è aumentato il ricorso all’Amministrazione elettronica. L’Unione europea riconosce anche l’utilità della “Bussola della Trasparenza“, strumento del Ministero per la Pubblica Amministrazione di monitoraggio dei siti web delle Amministrazioni pubbliche, inserita tra le best practices per la “Trasparenza”.

Però, la stessa Anac (“Autorità indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle A
amministrazioni pubbliche
”), sollecitata dal Rapporto Ue, in realtà sostiene che i provvedimenti legislativi soffrono di alcune problematicità:

a) una ambigua definizione dell’ambito soggettivo ,che rischia di lasciare fuori dal perimetro degli interventi parti essenziali del Settore pubblico come le Società partecipate o le Fondazioni;

b) un regime delle incompatibilità molto meno stringente per il livello statale rispetto a quello regionale e locale;

c) la previsione di moltissimi adempimenti posti in modo indifferenziato su una numerosissima platea di soggetti pubblici, che rendono problematica, sia la loro attuazione, sia il loro controllo.

L’Autorità italiana sottolinea, poi, che nel 2013 alcuni provvedimenti normativi hanno depotenziato la portata delle misure adottate, poiché con la Legge n. 98/13 si è previsto che il regime delle incompatibilità si applichi solo agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore del Dlgs. n. 39/13, con una manleva per tutti quelli in essere. In più, Anac denuncia che la Legge n. 147/13 ha escluso dalla disciplina della “Trasparenza” tutti i soggetti pubblici che operano nel Settore fiscale e della gestione del patrimonio immobiliare pubblico. Inoltre, l’Autorità fa notare che, sebbene la Commissione europea proponga di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’Autorità nazionale Anticorruzione”, in realtà l’evoluzione legislativa negli ultimi mesi “va in una diversa direzione. Ad esempio, il ridimensionamento delle funzioni consultive dell’Autorità dovuto al Dl. n. 69/13 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 98/13) ha riportato all’Esecutivo “funzioni interpretative i cui contenuti potrebbero limitare l’esercizio della vigilanza, se non in sintonia con l’interpretazione dell’Autorità”. Per quanto stemperato dalla previsione di un “parere obbligatorio ma non vincolante da parte dell’Autorità sulle Direttive e Circolari del Ministro”. Oltre a ciò, l’Autorità sottolinea la immutabile situazione di incertezza nella quale “si è trovata ad operare in conseguenza di provvedimenti intervenuti sulla sua organizzazione e composizione”. In termini organizzativi, si sostiene che “non si può non evidenziare che questo stato di cose rischia di minare l’autorevolezza dell’Autorità stessa, requisito essenziale per l’efficacia del suo operato e rischia di compromettere alcuni dei fondamenti delle recenti riforme, primo fra tutti quello dell’indipendenza”. Infine, si fa rilevare “la sproporzione tra gli obiettivi assegnati dal Legislatore all’Autorità e i mezzi a sua disposizione, come più volte segnalato in diverse sedi istituzionali. In particolare, in presenza di un’attività in costante crescita, la limitata dotazione di risorse umane e la mancanza di un ruolo organico, peraltro previsto per la quasi totalità delle Autorità indipendenti, pone notevoli problemi operativi”.

Insomma, un bicchiere mezzo pieno, ma anche mezzo vuoto. Sarà bene riempirlo completamente, se non altro per impedire la continua rapina, dalle tasche dei contribuenti onesti, dei 60 miliardi di Euro annui. Che diventano molti di più pensando al conseguente spreco delle risorse a causa delle lungaggini dei lavori pubblici, del non completamento delle opere, delle realizzazioni inutili o pagate il doppio, della qualità scadente dei prodotti e servizi acquistati, del personale modesto o improduttivo che lavora per la P.A. tramite reclutamento con metodi clientelari e parentopoli varie, delle consulenze inutili o fantasma. E comunque al tempo sottratto a tutti, in termini di lavoro – famiglia – benessere – volontariato – ecc., invischiati come siamo nelle pastoie burocratiche che sono causa e conseguenza di questa vergognosa situazione. Considerata la leva moltiplicativa, la corruzione genera danni immani, materiali e immateriali, che potrebbero anche superare ampiamente i 100 miliardi di Euro. Eliminare la corruzione porterebbe a non far pagare quasi del tutto le Imposte dirette alla ventina di milioni di Italiani occupati e, sicuramente, a non far versare ogni mese le Imposte ai 13 milioni lavoratori dipendenti. E, ad ogni modo, consentirebbe di reggere tranquillamente dal 2016 anche il fiscal compact. Cioè la restituzione annua del 5% del debito pubblico italiano accumulato in decenni di tantissime scelleratezze. Politici e Amministratori, miopi o peggio, che hanno rimandato il conto a chi sarebbe venuto dopo. Solo che il dopo è arrivato. Di mezzo non c’è solo il presente, ma anche il Futuro del ns. Paese, della ns. Nazione.

Infine, sotto un profilo strettamente tecnico, si ricorda il “nucleo minimo di dati e informazioni” che deve essere contenuto nei “Piani triennali di prevenzione e della corruzione” e che riportiamo in breve.

a)      Processo di adozione del “Piano triennale di prevenzione e della corruzione: data e documento con il quale il Piano è stato approvato dagli Organi di indirizzo politico-amministrativo; individuazione dei soggetti (interni ed esterni all’Amministrazione) che hanno contribuito alla sua predisposizione e indicazione di canali, strumenti e iniziative di comunicazione dei contenuti del Piano;

b)     Gestione del rischio: indicazione delle aree più esposte al rischio corruzione; indicazione delle metodologie che sono state adottate per valutarlo e infine – con riferimento ad ogni singola area individuata – elaborazione di schede di programmazione delle misure di prevenzione individuate per ridurre le probabilità che quel rischio si concretizzi;

c)      Formazione in tema di anticorruzione: indicazione del collegamento tra formazione in tema di Anticorruzione e programma annuale della formazione; individuazione dei soggetti che erogano e a cui viene erogata la formazione in tema di Anticorruzione; indicazione dei contenuti dei percorsi formativi e dei canali individuati per veicolarli; quantificazione di aree e giornate ad essa dedicate;

d)     Codici di comportamento: adozione delle integrazioni al “Codice di comportamento per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni”; indicazione dei meccanismi di denuncia delle relative violazioni e dell’Ufficio competente a emanare pareri relativi alla sua applicazione;

e)      Altre iniziative: tra le molte iniziative, si segnalano, l’indicazione dei criteri di rotazione del personale, l’elaborazione di direttive per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali (si fa qui riferimento alla verifica dell’insussistenza di cause di incompatibilità), l’adozione di misure volte a tutelare i whistleblower, cioè coloro che denunciano o riferiscono di attività illecite che si sono verificate all’interno dell’Ente, e la realizzazione di un sistema di monitoraggio dei rapporti tra l’Amministrazione e i soggetti che con essa stipulano contratti.

Per concludere, in positivo si può dire che, per quanto riguarda il monitoraggio sull’attuazione del “Piano nazionale Anticorruzione” e quello dei “Piani triennali di prevenzione della corruzione”, che era da adottare da parte delle Amministrazioni pubbliche entro il 31 gennaio 2014, l’Anac sta avviando un piano di vigilanza, non tanto sulle caratteristiche formali dei documenti di programmazione, quanto sull’adeguatezza e sostenibilità degli obiettivi perseguiti e sulla verifica delle misure poste in essere per il loro effettivo conseguimento. Ma, va da sé, sarà l’applicazione concreta delle norme e delle nuove regole in materia di pubblicità e trasparenza, di organizzazione degli Uffici, di rotazione del personale nelle aree a maggior rischio di corruzione, di incompatibilità, e via dicendo, che dimostrerà o meno se questo sistema nel suo complesso sarà efficace e quali pecche saranno ulteriormente da correggere.

In ballo ci sono direttamente i 60 miliardi di Euro e indirettamente forse il doppio. Ma in gioco c’è un pezzo consistente del ns. Futuro.

 di Luca Eller Vainicher

[1] Se ne ricordano i titoli. 1. Personale P.A.: approvato il primo “Piano nazionale anticorruzione”, il cui testo è disponibile sul sito della Funzione pubblica; 2. “Piano nazionale anticorruzione” e Dlgs. n. 231/01: i modelli organizzativi da opportunità a obbligo per le Società a controllo pubblico; 3. Personale P.A.: l’attuazione della Legge n. 190/12 a seguito dell’approvazione del “Piano nazionale anticorruzione”; 4. Il perimetro applicativo delle norme su “Anticorruzione” e su “Trasparenza” e relativi adempimenti.

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