L’INTERVISTA
Venanzio Gizzi: “Oltre a creare lavoro e a svolgere una importante funzione sociale a tutela della salute pubblica nel territorio, le farmacie pubbliche danno sempre utili alle Amministrazioni comunali”
Oggi, per la prima volta, in Sicilia si dà attuazione alla norma speciale di cui all’art.1-bis della Legge n. 475/1968, che consente ai Comuni di esercitare la prelazione sull’assegnazione di nuovi punti vendita di Farmacia in Stazioni, Aeroporti e Centri commerciali. E’ una buona notizia quella che arriva da Belpasso? Perché?
Si tratta di una buonissima notizia che va in controtendenza rispetto a quando avviene nel resto della Sicilia ed è invece in linea con quanto accade nel resto del Paese. Possiamo dire che questo è il primo risultato dell’importante iniziativa che fu condotta ad Enna: il Convegno delle Farmacie comunali siciliane, organizzato da Assofarm, Fonservizi, Ancrel e Centro Studi Area Sud, tenutosi un anno e mezzo fa ad Enna. E’ giusto sottolineare che si trattò di un evento di alto livello, sia per i temi che furono trattati che per la qualità degli interventi e dei relatori. In quella sede, tra le altre cose, fu lanciata l’idea di costituire una rete d’impresa tra le farmacie comunali. Si discusse del futuro delle farmacie comunali e soprattutto del ruolo strategico della farmacia pubblica quale primo presidio pubblico che tutela il diritto alla salute dei cittadini. Mi preme precisare che quando parliamo di farmacie pubbliche non dobbiamo pensare a dei punti vendita in cui vengono distribuiti dei “farmaci-prodotto”, bensì a veri e propri presidi sanitari che prendono in carico il paziente, lo seguono nel tempo e fanno rete con gli altri rami territoriali del sistema sanitario nazionale per fornirgli la migliore assistenza possibile.
Stando alla sua esperienza, che tipo di impatto hanno solitamente, sulla collettività e sul bilancio degli Enti, operazioni di questo tipo?
Le farmacie comunali in generale sono servizi pubblici essenziali che portano sempre economie ai Comuni. Oltre a creare lavoro e a svolgere, come detto, una importante funzione sociale a tutela della salute pubblica nel territorio, danno quindi utili alle Amministrazioni comunali che queste ultime possono, auspicabilmente, reinvestire nel sociale. Inserire questi presidi sanitari, al servizio delle Amministrazioni comunali, in contesti altamente frequentati come Stazioni, Aeroporti o centri commerciali rappresenta quindi una opportunità straordinaria per i Comuni.
Con riferimento allo stato di attuazione della norma in questione, qual è la situazione nelle altre Regioni?
In generale le farmacie pubbliche sono, in generale, molto presenti nel nord, moderatamente presenti nel centro e hanno invece poca storia nel sud Italia e, nello specifico, in Sicilia.
Quali sono le peculiarità delle farmacie comunali rispetto a quelle private e perché è importante non disperdere questo tipo di esperienze?
Le farmacie comunali sono nate i primi del ‘900. La prima, proprio nell’anno 1900, fu quella di Reggio Emilia. Il Comune di Reggio Emilia assunse la gestione e la proprietà del servizio farmaceutico perché la popolazione più bisognosa potesse beneficiare di visite mediche e della distribuzione gratuita dei medicinali. Reggio Emilia aveva allora 9000 persone iscritte nelle liste degli indigenti.
C’è dunque una sorta di funzione “sociale” storicamente insita nel Dna delle farmacie comunali, sebbene sia assolutamente indiscussa la straordinaria ed elevata professionalità di tutti i farmacisti in generale, indipendentemente dal fatto che prestino i propri servizi all’interno di farmacie pubbliche o private.
In generale, la presenza di questi presidi pubblici tende a far innalzare il livello del servizio farmaceutico nelle aree interessate perché innesca una sana concorrenza con le farmacie private che va a beneficio dei cittadini e del territorio.
Farmacie e “Covid-19”: quale impatto? Qual è lo “stato di salute” del comparto?
Mi preme ricordare l’essenziale ruolo svolto dalle farmacie nel contesto emergenziale della pandemia. Le farmacie sono sempre rimaste aperte ed hanno svolto un compito fondamentale, quello della dispensazione del farmaco, esponendosi a rischi altissimi così come medici e infermieri. Un rischio che si è tradotto in un tristissimo bilancio di vite umane perse: 18 farmacisti, tra cui comunali, hanno perso la vita e credo che questo loro sacrificio renda doveroso inserire anche la categoria dei farmacisti tra quelli a cui sarà somministrato in prima battuta il vaccino. Per questo ho scritto al Commissario all’Emergenza Arcuri e al Ministro Speranza e stiamo monitorando attentamente l’evoluzione di queste decisioni.
La categoria potrebbe fare ancor più la differenza se si consentisse anche in Italia ai farmacisti, come già accade in diversi altri paesi nord europei, di somministrare direttamente i vaccini e i test sierologici ai cittadini.