Uno dei temi più dibattuti in materia di appalti di servizi è certamente quello relativo alla “clausola sociale”. Si tratta di una clausola che l’Ente può apporre ai documenti di gara al fine di imporre all’aggiudicatario l’assunzione dei lavoratori già impegnati nell’appalto nella precedente gestione, anche se dipendenti di altro soggetto. Si tratta, evidentemente, di una misura a tutela dei livelli occupazionali, che poco ha a che vedere con le logiche concorrenziali sottese alle gare di appalto.
La questione costituisce spesso punto di scontro, anche politico: ma cosa ne pensa l’Autorità preposta al buon andamento delle gare di appalto, ovvero Anac?
La questione è stata sottoposta all’Autorità da un Comune, ai sensi dell’art. 69, comma 3, Dlgs. n. 163/06 (ai sensi del quale “la stazione appaltante che prevede tali condizioni particolari può comunicarle all’Autorità, che si pronuncia entro 30 giorni sulla compatibilità con il diritto comunitario. Decorso tale termine, il bando può essere pubblicato e gli inviti possono essere spediti”), e la pronuncia è intervenuta in data 27 maggio 2015 (Parere AG 42/15/AP).
L’Anac ha ritenuto la clausola, in via di principio, legittima, ove tuttavia non vi sia una mera imposizione di assunzione dei lavoratori dell’appaltatore uscente, ma ove sia invece prevista una “previa valutazione di compatibilità con l’organizzazione di impresa nel duplice senso che sia il numero di lavoratori, sia la loro qualifica devono essere armonizzabili con l’organizzazione d’impresa della ditta neo aggiudicataria e con le esigenze tecnico- organizzative previste”; diversamente, una clausola che imponesse un obbligo “automatico” non potrebbe che ritenersi lesiva della concorrenza, in quanto andrebbe ad incidere pesantemente nelle scelte organizzative dell’impresa concorrente e nella quantificazione del prezzo da offrire in gara (che, nelle gare di servizi, si basa in gran parte sulla manodopera utilizzata).
Ciò vale, tuttavia, laddove non vi siano obblighi di imposizione di tale clausola derivanti da legge o contrattazione collettiva: in tal caso, ritiene l’Anac che tale obbligo prevalga sulle esigenze di tutela della concorrenza.
Tale situazione si verifica in Settori particolarmente delicati per l’alto turn over dei lavoratori, come ad esempio quello delle pulizie; il concorrente non può pertanto in presenza di obblighi legali o contrattuali, omettere nella valutazione economica della propria offerta ogni considerazione in ordine al costo del lavoro derivante dalla doverosa riassunzione dei lavoratori dell’appalto precedente.
Tale conclusione è del resto in linea con la recente giurisprudenza in materia, come ad esempio Consiglio di Stato, Sezione V, 26 maggio 2015, n. 2637: “è legittima la cd. ‘clausola sociale’ inserita nel capitolato speciale di una gara di appalto, recante l’impegno ad utilizzare prioritariamente i lavoratori che già vi erano adibiti, compatibilmente con l’organizzazione dell’impresa subentrante e con le esigenze tecnico-organizzativo o di manodopera previste, atteso che non impone all’aggiudicataria di assumere tutti i precedenti lavoratori, né di attribuire loro identiche mansioni, ma prevede solo un assorbimento unicamente prioritario e nei limiti di compatibilità con l’organizzazione aziendale del nuovo concessionario”.
L’automatica applicazione della clausola sociale, quindi, può essere prevista solo in forza di disposizioni di legge o di Ccnl.; ove ciò non vi sia, sarà cura dell’Ente che redige il disciplinare di gara eliminare ogni automatismo di applicazione della clausola stessa, al fine di evitare declaratorie di illegittimità dell’intera procedura di gara.
di Mauro Mammana