“Covid-19”: il Garante Privacy boccia l’ipotesi di “pass vaccinali” per l’accesso a specifici luoghi o servizi

Vaccino come conditio sine qua non per accedere a voli, stazioni e palestre? No, a meno che non ci sia una specifica norma nazionale che, al fine di perseguire un interesse pubblico, sdogani il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini. Questa la posizione espressa da Garante per la protezione dei dati personali, attraverso una Nota pubblicata il 1° marzo 2021 sul proprio sito istituzionale.

Laddove si intenda implementare soluzioni, anche digitali (es. app), per rispondere all’esigenza di rendere l’informazione sull’essersi o meno vaccinati come condizione per l’accesso a determinati locali o per la fruizione di specifici servizi, il Garante ha pertanto esortato il Legislatore e gli operatori privati italiani a non dimenticare che “i dati relativi allo stato vaccinale, infatti, sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali”.

Perché questo possa avvenire è, dunque, necessario che ci sia una norma nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), che realizzi un “equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza”.

In assenza di tale eventuale base giuridica normativa sulla cui compatibilità con i principi stabiliti dal Regolamento Ue il Garante si riserva di pronunciarsi – l’utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati  – conclude l’Autorità – è da considerarsi illegittimo”.