“Decreto P.A.”: le novità introdotte dal Dl. n. 90/14 per le Società pubbliche locali

di Ivan Bonitatibus
Dal Dl. 24 giugno 2014, n. 90 (“Decreto P.A.”), vengono in rilievo le seguenti novità in materia di Società a partecipazione pubblica locale.
Art. 3, comma 5, del “Decreto P.A.”
In materia di vincoli assunzionali e contenimento delle politiche retributive, le Società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, ai sensi e per gli effetti del comma 2-bis, dell’art. 18 del citato Dl. n. 112/08, così come modificato dal “Decreto Irpef”, nonché (per via riflessa) dell’art. 3-bis, comma 6, del menzionato Dl. n. 138/11, devono recepire con proprio provvedimento interno l’atto di indirizzo che l’Ente controllante emana nei loro confronti per assoggettarli al principio di riduzione dei costi del personale. L’atto in parola, che indica i criteri e le modalità per raggiungere la finalità prevista dalla norma, deve tener conto – nel contesto in cui il soggetto partecipato opera – anche delle disposizioni che stabiliscono, a carico del socio di riferimento, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.
Orbene, fermo restando questo quadro di norme, l’art. 3, comma 5, del “Decreto P.A.”, interviene proprio su quest’ultimo aspetto, attraverso un ridimensionamento delle “barriere” alle assunzioni di personale negli Enti Locali soggetti al Patto di stabilità interno, per quei casi in cui le Amministrazioni abbiano comunque realizzato (nell’esercizio precedente) la riduzione della spesa storica di cui al comma 557, dell’art. 1 della “Finanziaria 2007”. Infatti, ove tal ultimo precetto non dovesse essere rispettato, sugli Enti si abbatterebbe in ogni modo il divieto di procedere al reclutamento di nuove unità lavorative a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione.
Tornando alle novità del “Decreto P.A.”, il Legislatore ha ampliato le percentuali del turn over applicabile agli Enti Locali “pattizzati”, i quali – negli anni 2014 e 2015 – possono procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 60% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente. Tale percentuale viene aumentata, con riferimento agli anni 2016 e 2017, all’80%, per poi salire al 100% nell’anno 2018. Dal 2014, le quote di turnover non impiegate in un determinato anno possono essere recuperate al massimo entro il biennio successivo. Resta fermo il divieto previsto per le Province di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, di cui all’art. 16, comma 9, del Dl. n. 95/12, convertito con Legge n. 135/12.
Il mutato quadro normativo sul personale riverbera conseguenze anche sui contenuti dell’atto di indirizzo che l’Ente controllante “pattizzato” emana alle Società di cui sopra, per il rispetto del principio di riduzione dei costi del personale. Ciò, visto che nella redazione di tale atto il socio di riferimento deve tener conto anche delle disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale; ovviamente con gli opportuni adattamenti data la rilevanza attribuita dalla norma al contesto in cui la gestione parallela opera.
Con il comma 5 dell’art. 3 menzionato, viene abrogato il comma 7, dell’art. 76 del Dl. n. 112/08, convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/08, in virtù del quale, “(a)i fini del computo della percentuale … [del 49 – che si calcolava in termini di rapporto “spese personale/spese correnti” – oltre la quale gli Enti Locali (“pattizzati” e meno) non potevano più procedere ad assunzioni di personale], … si [comprendevano] le spese sostenute anche dalle Aziende speciali, dalle Istituzioni e Società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo (…) titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero (…) [esercenti] funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero (…) [svolgenti] attività nei confronti della Pubblica Amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica (…) ” (“La disposizione (…) non si [applicava] alle Società quotate su mercati regolamentari”).
L’abrogazione normativa sopra esposta avviene non senza sorpresa, visto che si era in attesa – giusta applicazione dall’art. 1, comma 558, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 – di una rideterminazione (e non eliminazione) del citato valore-soglia, che si sarebbe dovuta attuare – nel temine del 30 giugno 2014 -“(…) con Dpcm., su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, di concerto con i Ministri dell’Economia e delle Finanze e dell’Interno, d’intesa con la Conferenza unificata (…) al fine di tenere conto degli effetti del computo della spesa di personale in termini aggregati”.
L’eliminazione dell’indicatore “spese personale/spese correnti” (con la connessa “summa” obbligatoria di voci contabili tra Autonomie territoriali e proprie gestioni parallele), quale parametro per stabilire la possibilità di reclutare unità lavorative da parte degli Enti Locali (“pattizzati” o meno), è stata accompagnata dalla previsione della seguente incombenza, che però risulta a carico delle sole Amministrazioni locali soggette alle regole del Patto di stabilità interno: obbligo di coordinamento delle politiche assunzionali (oltre che delle Aziende speciali e delle Istituzioni) delle Società che da tali Amministrazioni subiscono il “controllo analogo” (congiunto o meno), oppure che da queste ultime sono controllate ai sensi delle norme codicistiche, al fine di garantire che pure tali Organismi partecipati operino una graduale riduzione della percentuale tra spese di personale e spese correnti.
Ma perché attribuire l’onere di cui sopra solo agli Enti “pattizzati” ? Probabilmente perché – nell’ottica di una visione unitaria del “Gruppo pubblico locale” – anche per la gestione del personale si vuole adottare un’unica linea di condotta tra Società partecipata ed Amministrazione “padre”. Sotto questo aspetto, occorre rimarcare che solo gli Enti Locali soggetti alle regole del Patto di stabilità interno sono tenuti ad assicurare, ai sensi del comma 557 dell’art. 1 appena menzionato, la diminuzione delle spese di personale anno per anno, anche attraverso la riduzione della “(…) incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti (…)”. Per tali Amministrazioni infatti la riduzione del costo del lavoro deve avvenire, “garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
a) riducendo l’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, anche reintegrando parzialmente i lavoratori cessati e contenendo il lavoro flessibile;
b) razionalizzando e snellendo le strutture burocratiche-amministrative;
c) contenendo le dinamiche di crescita della contrattazione integrativa”.
L’obbligo testé descritto non viene richiesto agli Enti “non pattizzati” che devono semplicemente garantire, ai sensi dell’art. 1, commi 562, della Legge n. 296/06, il non superamento della spesa di personale rispetto al corrispondente ammontare dell’anno 2008.
Quanto sopra affermato ha tuttavia una valenza teorica, visto che sovente i Comuni “non pattizzati” partecipano al capitale di Società “in house” insieme ad altre Civiche Amministrazioni che sono soggette alle regole del Patto di stabilità interno. Per queste tipologie di Imprese collettive pluri-partecipate, non è chiaro infatti a quale disciplina di personale occorra riferirsi per elaborare l’atto di indirizzo che concretizza il principio di contenimento dei costi del personale sancito dall’art. 4, comma 12-bis, del “Decreto Irpef”, che va certamente integrato con le previsione contenute nel comma 5 dell’art. 3 del “Decreto P.A.”. È tuttavia consigliabile che le Amministrazioni socie, nell’ambito dell’esercizio del “controllo analogo congiunto” (vedi commento art. 4, comma 12-bis, del “Decreto Irpef”), modulino (sempre e comunque) l’atto di indirizzo in parola facendo riferimento alle disciplina delle spese di personale applicabile agli Enti “pattizzati”, che ha natura più stringente rispetto a quella prevista per i soggetti esonerati dall’applicazione delle regole del Patto di stabilità interno.
Vale la pena rammentare che il rapporto “spese di personale/spese correnti” rimane comunque uno degli indici che le Società controllate da Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01 utilizzano per rilevare le eventuali eccedenze di personale, nell’ambito della realizzazione dei processi di mobilità di personale disciplinati dai commi da 563 a 568, nonché dal comma 568-ter, della Legge n. 147/13 (“Legge di stabilità 2014”).
Art. 5, comma 2, del “Decreto P.A.”
L’art. 1, commi da 563 a 568, comma 568-ter, della Legge n. 147/13 (“Legge di stabilità 2014”), così come modificata dal Dl. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 2 maggio 2014, n. 68, disciplina l’istituto della “mobilità” fra Società controllate da Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01, quale soluzione per il ricollocamento del personale in sovrannumero.
Il Legislatore ha disegnato un percorso prestabilito che porta alla realizzazione di processi di mobilità di personale (solo) fra Imprese collettive controllate da Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01, purché le Società medesime non siano quotate nei mercati regolamentati, ovvero controllate da queste ultime.
Ai fini dell’applicazione delle norme introdotte con la “Legge di stabilità 2014”, le predette Società sono tenute ad effettuare una rilevazione per verificare la presenza di personale in eccedenza allorché sussistono esigenze funzionali, di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati, di razionalizzazione delle spese, di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali, nonché nei casi in cui il parametro “spese di personale/spese correnti” sia pari o superiore al 50%.
Laddove gli esuberi vengono riscontrati, le Imprese “de quibus”, dopo aver individuato il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale in eccedenza, inviano una informativa preventiva contenente le appena cennate notizie ai seguenti soggetti:
Rappresentanze sindacali operanti presso le Società medesime;
Organizzazioni sindacali firmatarie del Contratto collettivo applicato dalle Imprese di cui trattasi; Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Dipartimento della Funzione pubblica.
Anche se non espressamente richiesto, si ritiene che la informativa di cui sopra vada inviata all’Ente Locale controllante. Occorre tener presente che le unità lavorative eccedentarie non possono essere ripristinate nella dotazione del personale delle Imprese in parola neanche attraverso nuovi reclutamenti (comma 565, art. 1).
Entro 10 giorni dal ricevimento della predetta informativa, la norma prevede che prenda avvio la procedura, a cura del Comune o della Provincia controllante, per provvedere alla riallocazione totale o parziale delle unità lavorative in eccedenza con le seguenti modalità:
facendo leva sull’utilizzo, nell’ambito della stessa Società interessata agli esuberi, di forme flessibili di gestione del tempo di lavoro;
ricorrendo all’istituto della mobilità fra Società controllate dal medesimo Ente o dai suoi Enti strumentali (comma 566, art. 1).
L’iter di ricollocamento, nel rispetto delle modalità appena viste, deve essere portato a termine entro un arco temporale di 60 giorni. La previsione di siffatta scadenza è una delle novità introdotte dal comma 2, dell’art. 5 del “Decreto P.A.”, il quale ha anche previsto – nel caso l’esito della procedura sia stato infausto – che i dipendenti possono presentare (entro 15 giorni dalla conclusione del predetto iter) apposita istanza al datore di lavoro, o all’Amministrazione controllante, per avere un impiego in una qualifica inferiore presso la stessa Società di provenienza o altra Impresa collettiva del medesimo “Gruppo pubblico locale” (comma 567-bis, art. 1).
La disciplina di cui trattasi permette altresì la sistemazione delle eccedenze presso altre Società (sempre controllate da P.A.) dello stesso tipo di quella con personale in esubero, anche se operanti al di fuori del territorio regionale ove hanno sede le Società interessate da eccedenze di dipendenti. All’uopo, gli Enti controllanti e le Società partecipate devono aver concluso accordi collettivi con le Organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (comma 567, art. 1). Anche per tale procedura di ricollocamento, il comma 2 del ridetto art. 5 ha previsto un termine di conclusione, che viene a coincidere con il 90° giorno successivo alla data di avvio del procedimento medesimo (comma 567-bis, art. 1). Pure in questo caso al personale eccedentario che non ha trovato sistemazione viene concessa la possibilità (nei medesimi modi e tempi sopra esposti) di richiedere il ricollocamento con una qualifica inferiore in una Società appartenente ad altro “Gruppo pubblico locale” rispetto a quello di provenienza.
Allorquando l’utilizzo dell’istituto della mobilità rappresenta la soluzione per il ricollocamento del personale in sovrannumero (anche per quello in servizio alla data del 1° gennaio 2014, giorno di entrata in vigore della “Legge di stabilità 2014”), per azionare la relativa procedura la norma richiede:
che ci sia accordo tra le Società interessate, anche senza il consenso del lavoratore (è plausibile ritenere che, laddove la ricollocazione del personale avvenga tra Società controllate da Enti diversi, questi ultimi siano firmatari dell’accordo);
che, sia le Rappresentanze sindacali operanti presso la Società con personale in eccedenza, sia le Organizzazioni sindacali firmatarie del Contratto collettivo applicato dalla stessa impresa collettiva, siano previamente informate della vicenda;
che l’intera operazione sia coerente con il rispettivo ordinamento professionale, non generi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e rispetti la disciplina del mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda relativamente ai commi 1 e 3 dell’art. 2112 del Cc. (comma 563, art. 1).
Nei casi in cui sussistano esigenze funzionali, di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati, di razionalizzazione delle spese, di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali, (anche) i Comuni e le Province che controllano Società sono tenute ad adottare atti di indirizzo per fare in modo che le stesse Imprese collettive, prima di avviare nuove procedure di reclutamento di risorse umane, acquisiscano personale mediante le procedure di mobilità come sopra viste (comma 564, art. 3).
Le cessazioni dal servizio per processi di mobilità, stante il richiamo che il comma 565 dell’art. 1 in esame opera alle disposizioni di cui all’art. 14, comma 7, del Dl. n. 95/12, convertito con modificazioni dalla Legge n. 135/12, non possono essere utilizzate dalle Società controllate (in questo caso dagli Enti Locali) come risparmi di spesa del personale per effettuare nuove assunzioni in relazione al turn over pieno o limitato. Al fine di favorire le forme di mobilità, il comma 568 prevede che le Società che abbiano rilevato personale in eccedenza possono farsi carico, per un periodo massimo di 3 anni, di una quota-parte non superiore al 30% del trattamento economico del personale interessato dalla mobilità, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le somme a tal fine corrisposte dalla Società cedente alla Società cessionaria non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle Imposte sul reddito e dell’Irap (comma 568, art. 3).
Ciò detto, occorre aver riguardo che, se dopo tutti i tentativi di ricollocazione il personale in esubero risulti comunque privo di occupazione, la stessa forza lavoro inutilizzata acquisisce “… titolo di precedenza, a parità di requisiti, per l’impiego nell’ambito di missioni afferenti a contratti di somministrazione di lavoro stipulati, per esigenze temporanee o straordinarie, proprie o di loro Enti strumentali, dalle stesse Pubbliche Amministrazioni” (comma 568-ter).
In ultimo, va rilevato che, ai sensi e per gli effetti del comma 568-bis dell’art. 1, della Legge n. 147/13, per le Società controllate direttamente o indirettamente da Amministrazioni pubbliche locali indicate nell’elenco di cui all’art. 1, comma 3, Legge n. 196/09, nonché per le Società da queste ultime controllate direttamente o indirettamente, che hanno in corso una procedura di scioglimento alla data del 6 maggio 2014, oppure che deliberano lo scioglimento non oltre 12 mesi da tale giorno, i dipendenti che risultano in forza alla ridetta data del 6 maggio 2014 sono ammessi di diritto alle procedure (sopra specificate) di cui ai commi da 563 a 568 dell’art. 1 menzionato.
Art. 16 del “Decreto P.A.”
La disposizione in esame interviene modificando nella sostanza i commi 4 e 5, del Dl. n. 95/12, in materia di composizione dei Consigli di amministrazione delle Società partecipate.
In particolare, il comma 4 disciplina le Società strumentali controllate direttamente o indirettamente dalle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di Amministrazioni pubbliche superiore al 90% dell’intero fatturato, i cui Cda non potranno essere composti da più di 3 membri.
Il comma 5 disciplina invece la composizione dei Consigli di amministrazione nelle altre Società pubbliche, purché a partecipazione pubblica totale, i cui Cda potranno essere composti da 3 o 5 membri, fatte salve limitazioni specifiche previste da altre disposizioni di legge (vedi art. 1, comma 729, “Finanziaria 2007”; art. 6, comma 5, Dl. n. 78/10).
Nella scelta della composizione del Cda, non è più obbligatorio che 2 dei 3 membri (o 3 in caso di Cda composti da 5 membri) siano dipendenti dell’Amministrazione titolare della partecipazione o svolgente poteri di indirizzo o controllo, o comunque dipendenti della Società controllante, in caso di partecipazione pubblica indiretta.
È sufficiente che gli stessi siano nominati d’intesa tra l’Amministrazione titolare della partecipazione e quella titolare di poteri di indirizzo e vigilanza, per le Società a partecipazione diretta, ovvero, in caso di partecipazione indiretta, siano scelti d’intesa tra l’Amministrazione titolare della partecipazione della Società controllante, quella titolare di poteri di indirizzo e vigilanza e la stessa Società controllante.
Resta comunque fermo che, nel caso in cui detti soggetti siano anche dipendenti pubblici ovvero dipendenti della Società controllante, i compensi loro attribuiti dovranno essere riversati alle Amministrazioni di appartenenza, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al “Fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio”, in applicazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico.
Soprattutto per la nomina di un dipendente pubblico negli Organi di Amministrazione di una Società partecipata, dovranno essere valutate attentamente le cause di incompatibilità ed ineleggibilità di cui al Dlgs. n. 39/13.
È fatto salvo che il terzo membro, non nominato d’intesa, dovrà svolgere la carica di Amministratore delegato. Resta sempre la possibilità di optare (purché previsto statutariamente) per la forma monocratica con la nomina di un Amministratore unico.
L’art. 16, al comma 2, sopprimendo l’ultimo periodo, tanto del comma 4 che del comma 5, ha stabilito che le modifiche di cui sopra troveranno applicazione a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del Decreto in commento (pertanto, dai rinnovi dei Cda successivi al 25 giugno 2014).
Art. 17, commi da 3 a 5, del “Decreto P.A.”
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 587, della Legge n. 296/06, le Amministrazioni pubbliche locali hanno dovuto comunicare al Dipartimento della Funzione pubblica, entro il 30 aprile di ogni anno (compreso il 2014), l’elenco delle Società a cui partecipano indicando la ragione sociale, la misura della partecipazione, la durata dell’impegno, l’onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul loro bilancio, il numero dei loro rappresentanti negli Organi di governo, il trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante.
L’incombenza di cui sopra non graverà più sulle predette Amministrazioni, dal momento che il “Decreto P.A.”, con il comma 5, dell’art. 17, ha abrogato – con decorrenza 1° gennaio 2015 – il comma 587, del citato art. 1. Però tutte le informazioni che il Dipartimento della Funzione pubblica ha finora acquisito (anche nell’anno 2014) per effetto dell’obbligo “de quo” confluiranno nella banca-dati del Dipartimento del Tesoro del Mef, di cui all’art. 2, comma 222, Legge n. 191/09. Le modalità di trasferimento dei dati saranno stabilite con apposito Dm. Mef, di concerto con il Ministro delegato per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto in commento.
Secondo le previsioni contenute nell’art. 17, comma 3, del “Decreto P.A.”, nell’anzidetta banca-data confluiranno, dal 1° gennaio 2015, sempre con le modalità da definire con l’atto attuativo di cui sopra, anche le informazioni sulla spesa di personale già richieste ai sensi del comma 3, dell’art. 60, del Dlgs. n. 165/01.
E’ opportuno precisare che detto comma 3, così come risulta dalla novella ivi apportata dall’art. 2, comma 11, del Dl. n. 101/13, convertito con modificazioni dalla Legge n. 125/13 – che si applica a partire dal 1° gennaio 2014 – prevede che “(…) le Società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 3, della Legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle Società dalle stesse controllate (…)”, vengono assoggettate alla disciplina della rilevazione del costo del lavoro originariamente prevista solo per gli Enti pubblici e le Aziende che producono servizi di pubblica utilità. Le predette Imprese collettive sono tenute a comunicare, sia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica, sia al Mef, “il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con il predetto Dipartimento della Funzione pubblica”. Peraltro, per le Società partecipate appena richiamate (e indicate appunto nel comma 11, dell’art. 2, del citato Dl. n. 101/13) la Circolare 30 aprile 2014, n. 15, del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha previsto che, per l’anno 2014, la rilevazione del costo del lavoro non avviene direttamente presso tali Società, né presso gli Enti pubblici partecipanti, ma le informazioni sono reperite da quelle già disponibili presso altre banche-dati. Fermo restando che agli Enti pubblici che partecipano al capitale sociale vengono resi accessibili tutte le informazioni raccolte in modo centralizzato.
A quanto finora esposto occorre aggiungere che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17, comma 4, del “Decreto P.A.”, il Mef deve acquisire, a partire dal 1° gennaio 2015, tramite banche-dati esistenti o mediante comunicazioni dirette, informazioni relative alle Società per azioni partecipate direttamente o indirettamente dalle P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01. Non si comprende il motivo recondito che ha spinto il Legislatore a limitare il raggio di azione di acquisizione dei dati sulle Imprese collettive pubbliche ad una sola categoria di Società di capitali.
In siffatto contesto, allo stesso Dm. Mef che specificherà le modalità di trasferimento delle informazioni già esistenti nella banca-dati del Dipartimento del Tesoro del Mef di cui all’art. 2, comma 222, Legge n. 191/09 (vedi sopra), è deputato il compito, sia di indicare i ragguagli che le Amministrazioni (Enti Locali compresi) sono tenute a comunicare, sia di definire le procedure che portano all’attuazione della disciplina di rilevazione delle notizie sulle Società partecipate. Le informazioni “de quibus” saranno rese disponibili alla banca-dati delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 13, della Legge n. 196/09. Inoltre, sul sito istituzionale del Dipartimento del Tesoro del Mef e su quello del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sarà pubblicato l’elenco delle Amministrazioni adempienti e non agli obblighi di comunicazione.
di Ivan Bonitatibus
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