Erroneo assoggettamento ad Iva di cessioni: l’acquirente può chiedere la restituzione al cedente

Corte di Cassazione, Sentenza n. 1955 del 4 febbraio 2015

 

Nella controversia in esame, una Ctr rigettava gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso la Sentenza di una Ctp che aveva annullato l’avviso di liquidazione di Imposta di registro e irrogazioni sanzioni, nei confronti di una Spa, per l’omessa registrazione del contratto di cessione d’azienda, risultante dal complesso di operazione posta in essere da una Società, quale avente causa dalla Spa.

Nello specifico la questione controversa, sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, consiste nell’accertare se il cessionario dell’Azienda possa portare in detrazione l’Iva, assolta erroneamente dal cedente, trattandosi di operazione esente.

I Giudici di legittimità invocano il principio della neutralità dell’Imposta che consiste nel fatto che il carico fiscale subito dal consumatore finale non deve essere influenzato dal numero dei passaggi del ciclo produttivo-distributivo ed inoltre lo stesso deve essere esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi consumati. Il Tributo, conseguentemente, non incide (di norma) sull’operatore economico, risultando una mera partita di giro, salvo divenire un effettivo elemento di costo quando il destinatario della prestazione, anche se operatore economico, agisce in veste di consumatore finale, ovvero in qualche caso può gravare anche sull’attività economica nelle ipotesi in cui sussistano limitazioni alla detrazione per il soggetto passivo del Tributo. Per altro verso, il principio di neutralità fiscale è stato definito a più riprese dalla Corte di Giustizia europea, quale principio fondamentale e quale specificazione del più generale principio di parità di trattamento, che assume rilievo costituzionale. I principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’Iva a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’Imposta sul valore aggiunto dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata. Il diritto alla restituzione dell’Imposta emerge dal carattere neutrale dell’Iva che impone, accanto al momento di “esigibilità”, l’affiancamento fisiologico dell’aspetto della deducibilità dell’Imposta. Si tratta di fasi che, normalmente, riguardano 2 soggetti diversi e che devono necessariamente verificarsi perché il carattere neutrale dell’Imposta sia preservato.

Tuttavia, nel caso di specie, la cessionaria dell’Azienda va parificata al consumatore finale che deve sopportare per intero il peso dell’Iva in quanto soltanto il prestatore di servizi o il cedente di beni va considerato di fronte alla Autorità tributarie debitore dell’Iva. Il cessionario ha invece, sia pure erroneamente, pagato al cedente l’Iva non dovuta, ma non sorge in capo allo stesso il diritto alla detrazione, potendo richiedere solo nei confronti del cedente il pagamento di un indebito di cui lo stesso cedente può a sua volta chiedere, nei limiti della decadenza e prescrizione, il rimborso al Fisco. Né la ricorrente può invocare al riguardo il principio di effettività, che trova applicazione nei confronti del soggetto che ha effettuato un indebito versamento Iva nei confronti del Fisco e che può sempre reclamare il rimborso dell’Imposta erroneamente versata nei confronti dell’Amministrazione finanziaria di uno stato membro che ha incassato, senza titolo, l’Imposta medesima. Tale principio non trova invece applicazione nei confronti del cessionario che ha indebitamente chiesto il rimborso dell’Iva e che può esperire l’azione di ripetizione di indebito nei confronti della cedente, non essendo consentito portare in detrazione l’Iva pagata alla cedente, essendo comunque legittimata alla richiesta di rimborso solo la cedente che ha effettivamente pagato indebitamente l’imposta. Né il recupero dell’Imposta indebitamente detratta può essere messo in discussione dalla difficoltà della Società cessionaria di recuperare l’Imposta versata in via di rivalsa alla cedente, trattandosi di mera questione di fatto, irrilevante ai fini della dedotta “compensazione” (neanche prospettabile tra debitori e creditori diversi), di cui peraltro non è stata fornita prova, sotto il profilo della autosufficienza, che sia stata prospettata nei precedenti gradi di giudizio e, dovendosi anche rilevare che trattasi comunque di Società appartenenti allo stesso Gruppo.

Nel caso di specie, erroneamente sono state ritenute soggette ad Iva le operazioni realizzate con la conseguenza che il cedente che l’ha versata ne può chiedere il rimborso (nei limiti della decadenza) e il cessionario che l’ha pagata al cedente potrà richiederla al cedente ma non portarla in detrazione. In quest’ultimo caso verrebbe meno proprio il principio di neutralità invocato in quanto, nel caso di rimborso dell’Iva alla cedente, il Fisco subirebbe una indebita detrazione di una Imposta da parte della cessionaria, comunque non dovuta.

di Carolina Vallini e Francesco Vegni