Il Pnrr è una sfida che va governata da punto vista politico ma che deve coinvolgere anche altre professionalità e esperienze presenti sul territorio. L’esempio di Reggio: “Noi abbiamo messo in piedi una cabina di regia che affianca l’organo politico a quelli che sono gli attori protagonisti di questa fase storica, quali gli ordini professionali, le università, i sindacati e le associazioni di categoria, in modo tale da condividere le proposte ed avere un protagonismo orizzontale e, allo stesso tempo, chiamare tutti a una responsabilità comune per il monitoraggio delle attività poste in essere. Così si potranno portare avanti progetti e servizi che possano cambiare il volto delle nostre città”. E’ quanto dichiarato dal Sindaco di Reggio Calabria e delegato Anci al Mezzogiorno e Politiche per la coesione territoriale, Giuseppe Falcomatà, in occasione al primo Tavolo tecnico del Progetto “Next Generation Eu – EuroPa Comune”, organizzato dal Centro Studi Enti Locali in collaborazione con il Dipartimento Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa.
“Recovery Fund” visto come potenziale mezzo per colmare quell’annoso gap infrastrutturale, economico e in termini di servizi e opportunità che fa sì che questo Paese vada a due velocità. “E’ del tutto evidente – ha detto il Primo cittadino – che il tetto massimo del 35% che, ad oggi, si prevede di destinare nel Mezzogiorno per quelle che sono le risorse inerenti Pnrr e Recovery fund, non ci soddisfi affatto. Soprattutto nella misura in cui all’interno di questo 35% sono previste anche le risorse ordinarie della Coesione come il Pon Metro 2021-27, che andrebbero comunque ai territori del Sud. Per consentire a queste risorse di mantenere carattere aggiuntivo e non sostitutivo il tetto massimo deve essere almeno del 60%”.
Tetto massimo del 35% che, ad oggi, si prevede di destinare nel Mezzogiorno per risorse Recovery, non ci soddisfa; necessario arrivare almeno al 60% se si includono fondi coesione
Falcomatà ha enfatizzato l’assoluta necessità di stabilire finalmente i cosiddetti Lep, vale a dire i livelli minimi essenziali delle prestazioni. “Finché il Governo non prenderà atto che si deve mettere da parte il criterio della spesa storica e definire, invece, i livelli minimi delle prestazioni noi, sempre e comunque, a prescindere dalle risorse che arriveranno, saremo in qualche modo di fronte a una discriminazione data dalla residenza, dal luogo di nascita. Finché lo Stato non definirà i livelli minimi delle prestazioni – ha concluso Falcomatà – un bambino che nasce a Reggio Calabria non avrà le stesse possibilità, le stesse opportunità e gli stessi servizi di un bambino che nasce in una qualsiasi altra città del centro nord”.