Fattura elettronica: istruzioni per l’uso

Il cambiamento disposto dalla Legge n. 244/07 presto diventerà realtà: dal 31 marzo 2015 (art. 25, comma 1, del Dl. n. 66/14, c.d. “Decreto Irpef”), anche nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni diverse da quelle centrali, per le quali l’obbligo di fatturazione elettronica era scattato il 6 di giugno del 2014, i fornitori dovranno emettere solo fatture in formato elettronico (art. 1, comma 209, della Legge n. 244/07). Le Pubbliche Amministrazioni non potranno procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, fino all’invio in forma elettronica della fattura (art. 1 comma 210, della Legge n. 244/07).

L’obbligo della fattura elettronica rientra tra le misure che mirano alla diffusione della digitalizzazione nel nostro Paese, pilastro delle strategie dell’Agenda digitale europea volte a migliorare la competitività del Sistema Paese. Studi autorevoli dimostrano grandi risparmi e nuova efficienza per gli Enti che sapranno ottimizzare la gestione interna del nuovo documento digitale, ed a tal fine sarà opportuno rivedere il processo di liquidazione e pagamento, che dovrà essere preceduto da una nuova attività: quella di validazione della fatture e predisporre adeguati sistemi applicativi in grado di ottimizzare il colloquio con il Sistema di interscambio e di gestione interna del documento “fattura elettronica” che dovrà avvenire in modalità completamente telematica.

Per capire come l’Ente deve organizzarsi è opportuno sottolineare le potenzialità del formato “.xml” nel quale verrà prodotta la fattura, la modalità di trasmissione – che dovrà essere fatta esclusivamente mediante il Sistema di interscambio – e i controlli di validazione dei documenti, da eseguire immediatamente dopo il ricevimento della fattura mediante esito committente.

Il primo aspetto, quello del formato strutturato “.xml” con il quale verranno prodotte tutte le fatture elettroniche verso la P.A., non deve essere disatteso da parte dell’Ente. La fattura elettronica prodotta conformemente all’Allegato “A” del Dm. n. 55/13, infatti, è un documento che può essere letto da un applicativo. In termini operativi, si traduce nella possibilità di caricamento automatico sui gestionali che dovranno gestire le fatture. L’automazione permetterà il recupero dei dati contenuti nella fattura, previo aggiornamento dell’applicativo, richiedendo il contributo dell’operatore solo per la classificazione dell’importo fatturato per finalità istituzionali o commerciali e, in quest’ultimo caso, l’imputazione al relativo centro di costo.

La trasmissione della fattura in formato “.xml” mediante il “Sistema di interscambio” (“Sdi”) presenta delle peculiarità. La puntuale trasmissione di ogni singola fattura sarà possibile da parte dello “Sdi” mediante l’individuazione del destinatario con il Codice ufficio indicato in Ipa (Indice delle Pubbliche Amministrazioni). L’individuazione e il caricamento in Ipa dei Codici ufficio diversi da quello “centrale” già attribuito automaticamente dovrà essere fatto a cura dell’Ente come indicato dall’art. 3, comma 1, del Dm. n. 55/13 e rappresenta un momento organizzativo importante. Infatti, mediante l’indicazione del Codice ufficio la fattura potrà essere assegnata direttamente all’Ufficio destinatario per la lavorazione. La determinazione delle modalità con cui si potrà procedere alla loro individuazione dovrà tenere conto delle dimensioni organizzative e delle peculiari competenze degli Uffici destinatari che dovranno attivare la procedura di validazione formale delle fatture. La gestione della trasmissione mediante “Sdi” deve tenere conto anche della modalità di comunicazione tra Ente e fornitore, messa a disposizione dal Sistema mediante “l’esito committente”. Tale modalità infatti permette di accettare o rifiutare la fattura e notificare tale esito al fornitore senza bisogno di ulteriori comunicazioni. Per beneficiare di questo utilissimo meccanismo occorre che l’Ente adotti un gestionale o aderisca ad un servizio messo a disposizione da un intermediario, in grado di visualizzare la fattura mediante un “foglio di stile” per renderne il contenuto più agevolmente interpretabile rispetto alla struttura “.xml” e di produrre l’eventuale esito committente nel tracciato “xml” previsto dalle regole tecniche.

L’emissione dell’esito committente non è un’attività obbligatoria, ma è una facoltà che resta a disposizione dell’Ente per 15 giorni dalla data di emissione fattura (ricevuta di consegna) indicata dall’art. 2, comma 4, del Dm. n. 55/13. Trascorso tale periodo, lo “Sdi” emette una notifica di “decorrenza termini” con la quale viene segnalato la chiusura del canale di comunicazione messo a disposizione dal Sistema. Da un punto di vista operativo, la chiusura del canale di comunicazione con il fornitore mediante esito committente si traduce alla consueta richiesta di una nota di credito qualora la fattura contenga delle irregolarità che di fatto ne impediscono il pagamento. Si ricorda infatti che la fattura elettronica emessa nei confronti di una Pubblica Amministrazione deve contenere dei dati aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori previsti dall’art. 21 del Dpr. n. 633/72 e il Codice ufficio previsto dal Dm. n. 55/13. Dati che se, non preventivamente controllati, compromettono l’esigibilità del debito. Tra questi rientrano:

  1. il Cig e Cup, che secondo l’art. 25, comma 2, del Dl. n. 66/14 dovranno essere riportati in fattura qualora previsti al fine di garantire l’immediata tracciabilità dei pagamenti;
  2. il controllo dell’Imposta di bollo che, ove dovuta, dovrà essere assolta ai sensi dell’art. 6 del Dm. 17 giugno 2014;
  3. la corretta annotazione, per i soggetti interessati (non necessariamente tutti tra quelli ricompresi nel perimetro delle P.A. verso cui è obbligatorio emettere fatture in formato elettronico), della dicitura “scissione dei pagamenti”, come indicato dall’art. 1 del Dm. 23 gennaio 2015, o della dicitura “inversione contabile” nei casi previsti dall’art. 17 del Dpr. n. 633/72.

L’esito negativo di tali controlli determina la necessità di rifiutare la fattura al fornitore, che dovrà correggere, firmare digitalmente la fattura e rinviarla mediante “Sdi” all’Ente. Tale modalità potrà essere effettuata in 2 modi: o mediante richiesta di nota di credito con l’aggravio operativo di dover registrare nel registro fatture la fattura errata, la nota di credito e la successiva fattura corretta, oppure mediante “esito committente di rifiuto” senza quindi richiedere nota di credito, con il vantaggio da parte del fornitore di correggere la fatture e rispedirla con lo stesso numero e da parte dell’Ente di non procedere alla registrazione contabile e garantendo contemporaneamente l’aggiornamento dello stato della fattura in “Piattaforma certificazione dei crediti” nello stato di “respinta”. Si ricorda, in merito a quest’ultimo aspetto, che lo “Sdi” è interoperabile con la “Pcc”, garantendo il caricamento automatico della fattura e la valorizzazione dello stato di “ricevuta” (data emissione contenuta nella ricevuta di consegna) e dello stato di “respinta” qualora venga emesso “l’esito committente di rifiuto”. Ultima considerazione, da non sottovalutare, è il valore giuridico dell’esito committente di “accettazione”. Secondo le regole tecniche contenute nell’Allegato “C” del Dm. n. 55/13, “l’accettazione” è da ricondursi nella fattispecie dell’art. 1988 del Cc., ovvero nel riconoscimento del debito che potrà essere fatta, qualora l’Ente lo ritenga opportuno, solo a seguito del controllo della prestazione mediante procedura di liquidazione da parte dell’ufficio competente. Infatti, secondo l’art 1988 Cc., “la promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale . L’esistenza di questo si presume fino a prova contraria”.

La gestione della fattura all’interno dell’Ente deve essere attentamente ottimizzata anche sotto il profilo della gestione elettronica del documento e della corretta conservazione digitale. Da un punto di vista documentale, infatti, la fattura elettronica – in quanto documento informatico – deve essere oggetto di protocollo come indicato dall’art. 53 del Dpr. n. 445/00. Pertanto, tutte le fatture ricevute, a prescindere che siano rifiutate o meno, dovranno essere preventivamente registrate in entrata nel protocollo generale. L’assegnazione all’Ufficio competente per il controllo formale potrà essere eseguito automaticamente dalla procedura di protocollo che, oltre a recuperare nel documento fattura i riferimenti identificativi previsti dalla procedura di protocollo (mittente/fornitore, data e numero fattura), potrà recuperare anche il Codice ufficio dedicato caricato in Ipa dall’Ente. Nel caso in cui il controllo dei dati della fattura sia eseguito da un Ufficio diverso dalla Ragioneria (auspicabile), quest’ultima dovrà prendere conoscenza della ricezione della fattura dopo il controllo formale e non oltre i 10 giorni dalla data di emissione per l’inserimento nel Registro unico delle fatture (art. 42 del Dl. n. 66/14). Tale attività si presuppone non opportuna per le fatture rifiutate con “esito committente”. Al fine di garantire un immediato controllo delle fatture rifiutate, è importante che da un punto di vista documentale la fattura e il relativo “esito committente” siano visibili contestualmente. A tal fine, la procedura documentale più corretta resta quella del “riscontro” ovvero la possibilità da parte della procedura di protocollo di legare con diverso numero di protocollo un documento in entrata con il corrispondente documento in uscita. Da ultimo, è opportuno rivalutare la terza finalità del protocollo che, oltre a quella giuridica (certificare quando un documento entra ed esce da una Pubblica Amministrazione) e quella gestionale (assegnare il documento al relativo Ufficio responsabile del procedimento), ha anche quella archivistica, ovvero strumento per la corretta sedimentazione del documento nel fascicolo competente. Attività questa che in ambiente digitale è estremamente importante, considerata l’intangibilità del documento elettronico rispetto alla carta.

In merito alla conservazione, si rammenta che l’art. 21 del Dpr. n. 633/72 prevede che “il soggetto passivo assicura l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione”. Come noto, il Codice civile indica all’art. 2220 in 10 anni il periodo di conservazione per le scritture contabili e le fatture. La procedura di conservazione digitale che potrà essere gestita dall’Ente internamente o affidata ai conservatori accreditati (art. 44-bis del “Codice dell’Amministrazione digitale”) dovrà essere preceduta dalla creazione dell’archivio fiscale (art. 3 del Dm. 17 giugno 2014). L’archivio fiscale così formato dovrà essere sottoscritto con firma digitale da parte del Responsabile della conservazione e marcato temporalmente.

di Cesare Ciabatti