Finanza locale: determinazione del compenso spettante ai Revisori degli Enti Locali

Finanza locale: determinazione del compenso spettante ai Revisori degli Enti Locali

Il Ministero dell’Interno-Direzione centrale per la Finanza locale, ha pubblicato sul proprio sito istituzionale, in data 16 dicembre 2022, un Parere in merito alla determinazione del compenso spettante ai Revisori degli Enti Locali, indicando che, in attesa di apposita modifica normativa, la misura del compenso è stabilita con Dm. solo per l’importo massimo e che il quantum effettivo deve essere fissato nella Delibera di nomina (legittimo anche in riduzione rispetto ai massimi indicati dal Dm.).

Un Revisore di Ente Locale, evidenziando criticità circa la determinazione del compenso, richiede di definire importi precisi in modo da sottrarre agli Enti Locali ogni discrezionalità e di annullare l’impossibilità di aumentare il compenso negli anni successivi alla nomina. 

Il Parere richiama l’art. 241 del Tuel e al Dm. 21 dicembre 2018 di fissazione dei limiti massimi del compenso base spettante ai Revisori in relazione alla classe demografica dell’Ente Locale, e ricorda che, dopo anni di blocchi normativi all’aumento dei compensi, è stato possibile adeguare le Tabelle in considerazione del fatto che le funzioni del Revisore contabile nell’ultimo decennio sono esponenzialmente aumentate alla luce della legislazione di finanza pubblica sopravvenuta e per rispettare i Principi sul cosiddetto ”equo compenso” (art. 13-bis, Legge n. 247/2012) introdotto per garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori richiesti ai professionista in relazione al dettato del dell’art. 19-quaterdecies, comma 3, del Dl. n. 148/2017.

Il Viminale precisa che l’art. 241 del Tuel delega a una norma di rango secondario la determinazione dei soli limiti massimi del compenso base spettante ai Revisori dei conti, prendendo quali parametri oggettivi di riferimento la classe demografica e le spese di funzionamento e di investimento dell’Ente Locale. La disciplina in vigore non fissa espressamente un limite minimo, esponendo quindi il Revisore a offerte di remunerazione in misura oggettivamente incongrua rispetto alla delicatezza della funzione cui è chiamato, oltre che inadeguata a garantire gli elevati standard di diligenza e professionalità richiesti dalla complessità dell’incarico, con il rischio di comprometterne l’efficienza a detrimento dell’interesse pubblico tutelato e al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione. 

Per colmare tale vuoto normativo, l’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli Enti Locali del Ministero dell’Interno, con Atto di orientamento 13 luglio 2017, ha precisato che i limiti minimi al compenso vadano considerarsi coincidenti, nel silenzio del Legislatore, con il limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore e, per i Revisori dei Comuni con meno di 500 abitanti e delle Province e Città metropolitane sino a 400.000 abitanti, con l’80% del compenso base annuo lordo stabilito per la fascia di appartenenza. L’Orientamento non ha valore normativo, ma rappresenta una linea d’azione per l’esercizio di compiti e funzioni suscettibili di condivisione per la motivazione dei provvedimenti e potenzialmente utile a realizzare un sistema di disciplina coerente con i principi ed omogeneo negli effetti.

La Finanza locale fa presente di essere consapevole che spesso gli Enti Locali, lungi dallo spirito normativo ispiratore del Dm. 21 dicembre 2018, propongono compensi irrisori a fronte della delicata e importante funzione di cui il Revisore è incaricato.

Invece, la Sezione Autonomie della Corte dei conti, con Delibera n. 16/2017, ha precisato che i limiti minimi del compenso dei Revisori non possono essere determinati per altra via che non sia quella normativa, in quanto l’interprete non può sostituirsi al Legislatore al fine di colmare lacune dell’ordinamento, ma deve privilegiare interpretazioni aderenti al tenore letterale e alla ratio delle norme individuando la natura dei rapporti che soggiacciono ad esse ed evitando soluzioni ermeneutiche derogatorie o additive.  Infine, in relazione all’impossibilità della variazione del compenso in corso di mandato, viene ricordato che non si tratta d’interpretazione ma di rispetto del dettato normativo di cui all’art. 241, comma 7, del Tuel. 


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