Corte di Cassazione, Ordinanza n. 11364 del 29 aprile 2024
Nel caso di specie, la Suprema Corte esamina la questione dell’esenzione dall’Ici per le Società completamente partecipate da un Comune. L’art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 175/2016 stabilisce che le Società interamente partecipate da enti pubblici sono soggette alle norme previste per i soggetti privati, salvo specifiche disposizioni legislative che introducano esenzioni fiscali. Tali esenzioni, in assenza di una previsione esplicita, devono essere interpretate in modo restrittivo per evitare di eludere l’ordinario regime tributario. Inoltre, per essere considerata una prosecuzione operativa (longa manus) dell’Amministrazione Pubblica, seguendo il modello di “in house providing”, la Società deve soddisfare criteri ben definiti. Questi includono il controllo analogo a quello esercitato dalle amministrazioni sulle proprie strutture e il fatto che oltre l’80% delle attività sia dedicato ai compiti conferiti dall’amministrazione controllante. Tuttavia, anche se una Società si qualifica come “in house”, optare per operare come entità privata implica il rispetto del regime privatistico. Questo approccio è necessario per preservare la concorrenza, applicando solo le deroghe indispensabili per l’espletamento dei compiti pubblici. L’art. 6 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea afferma che gli Stati membri non devono introdurre o mantenere misure contrarie alle norme dei trattati per le imprese pubbliche o per quelle a cui sono concessi diritti speciali o esclusivi. Di conseguenza, le Società in house non godono automaticamente delle esenzioni fiscali attribuite alle Amministrazioni Pubbliche, garantendo così un equilibrio tra la necessità di svolgere funzioni pubbliche e il rispetto delle regole di mercato.