Nell’Ordinanza n. 10287 del 12 aprile 2019 della Corte di Cassazione, i Giudici di legittimità chiariscono che in tema d’Ici, sono assoggettate al pagamento dell’imposta in quanto non classificabili in categoria “E”, le aree cd. scoperte che risultino indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della sua attività, atteso che il presupposto dell’imposizione è che ogni area sia suscettibile di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito.
Peraltro, la Suprema Corte precisa che in tema di classamento, ai sensi dell’art. 2, comma 40, del Dl. n. 262/2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali “E/1”, “E/2”, “E/3”, “E/4”, “E/S”, “E/6”, ed “E/9” non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ed ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli artt. 5 del Rdl. n. 652/1939 e 40 del Dpr. n. 1142/1949, immobili per sé stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare.
Infine, i Giudici di legittimità osservano che l’art. 3, comma 2, del Dlgs. n. 504/1992, modificato dall’art. 18, comma 3, della Legge n. 388/2000, avrebbe l’effetto di assoggettare a imposta esattamente le aree “scoperte” e la funzione di estendere il pagamento dell’Ici a tutti i concessionari di aree demaniali coperte o scoperte, a prescindere dalla titolarità di diritti reali sulle stesse.
Ne consegue che le aree “scoperte” demaniali affidate in concessione, in quanto unità immobiliari autonome potenzialmente produttive di reddito che non possono essere inquadrate catastalmente nella categoria E, come i terminal portuali, sono soggette ad Ici. Infatti, questi immobili hanno un’autonomia funzionale e reddituale e sono indispensabili al concessionario dei beni demaniali per lo svolgimento della sua attività.



