Nell’Ordinanza n. 8280 del 29 aprile 2020 della Corte di Cassazione, i Giudici di legittimità chiariscono che il contribuente che si avvalga della Procedura “Docfa” ai fini della determinazione della rendita catastale, ai sensi del Dm. n. 701/1994, pone in essere un’attività collaborativa che comporta soltanto, in caso di variazione della rendita originaria, la non applicazione di sanzioni (salvo nel caso in cui lo scarto ecceda la misura del 30%), ma abilita il Comune ad emettere avviso di liquidazione, senza necessità di preventiva notifica della rendita. Peraltro, in tema di Ici, ai sensi dell’art. 74, comma 1, della Legge n. 342/2000, l’Agenzia del Territorio è tenuta a notificare l’atto di attribuzione o di modifica della rendita catastale al concessionario dell’area, ove risulti tra gli intestatari catastali del bene. La notificazione della rendita attribuita costituisce il presupposto (oltre che per l’impugnazione da parte del contribuente) per l’utilizzo della stessa da parte dell’Amministrazione comunale che agisca per il pagamento dell’Ici e con l’art. 74, secondo cui dal 1° gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione. Ed ancora, la Suprema Corte precisa che, per quanto attiene l’Ici, l’art. 74, comma 3, della Legge n. 342/2000, va interpretato nel senso che qualora la rendita catastale sia stata attribuita entro il 31 dicembre 1999 e l’atto impositivo che la recepisce venga notificato successivamente alla data di entrata in vigore della Legge n. 342/2000, soltanto con tale notificazione il contribuente acquisisce piena conoscenza di detta attribuzione (laddove, fino al 31 dicembre 1999, era sufficiente l’affissione all’albo pretorio), con la conseguenza che dalla data della notificazione medesima il contribuente è legittimato a proporre impugnazione non solo avverso la determinazione del tributo, ma anche nei confronti della determinazione della rendita.