Corte di Cassazione, Ordinanza n. 17182 del 26 giugno 2025
Il caso riguarda la richiesta di pagamento di un canone per l’occupazione di suolo pubblico mediante impianti pubblicitari installati su area comunale, per la quale era intervenuta una lunga inerzia dell’amministrazione nel richiederne il pagamento. In primo grado era stata accolta la tesi secondo cui la mancata richiesta contestuale al rilascio dell’autorizzazione, unita al silenzio protratto negli anni, avesse generato un legittimo affidamento nel privato sulla non debenza del canone, quasi configurando una rinuncia implicita da parte dell’ente, e che tale condotta fosse contraria ai principi di buona fede e correttezza.
La Corte d’Appello ha invece chiarito che il diritto dell’Amministrazione al Canone non può formare oggetto di rinuncia implicita, essendo indisponibile, e che l’obbligo di pagamento nasce già dall’occupazione del suolo pubblico, anche se non formalmente autorizzata, trattandosi di un’entrata patrimoniale e non di una prestazione negoziabile, come previsto dall’art. 63 del Dlgs. n. 446/1997.
La Suprema Corte conferma questo principio, affermando che l’atto di concessione non è condizione necessaria per il sorgere dell’obbligazione, che si configura già con l’occupazione di fatto del bene pubblico, anche senza titolo, secondo la giurisprudenza consolidata (Corte di Cassazione, Sentenze nn. 16395/2021, 3710/2019, 1435/2018).
Il canone non è assimilabile a un rapporto privatistico e non è soggetto a prescrizione quinquennale ex art. 2948 del Cc., bensì a prescrizione decennale ex art. 2946 del Cc., perché ogni occupazione determina un’obbligazione autonoma e non periodica derivante da un unico rapporto.
Inoltre, l’assenza di una formale richiesta o di una quantificazione tempestiva non determina la perdita del diritto, né può ingenerare un affidamento giuridicamente tutelabile, poiché si tratta di obbligazioni conoscibili per legge da parte di operatori professionali, sulla base dei regolamenti comunali adottati ai sensi dell’art. 52 del Dlgs. n. 446/1997. L’irregolarità nella gestione amministrativa, pur censurabile sul piano della buona amministrazione, non è sufficiente a fondare responsabilità risarcitorie in assenza di una condotta illecita, e non può essere interpretata come rinuncia implicita, in quanto per la Pubblica Amministrazione tale rinuncia deve avvenire con atto scritto e formale.
Dunque, i Giudici di legittimità chiariscono che il Cosap è dovuto a prescindere dalla forma del provvedimento che autorizza l’occupazione, purché tale occupazione avvenga, e che non è possibile configurare una rinuncia tacita a un credito pubblico regolato dalla legge.






