by Redazione | 27/11/2019 15:53
Corte dei conti – Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello – Sentenza n. 25 del 6 febbraio 2019
Oggetto:
Condanna Consigliere regionale per illecito uso di fondi senza alcuna specifica indicazione sulla natura delle spese effettuate: conferma Sentenza territoriale per la Sardegna n. 229/2014.
Fatto:
Nel maggio 2011 il Pm. penale del Tribunale comunica alla Procura contabile che un Consigliere regionale era stato rinviato a giudizio per i reati di peculato e falso; risulta infatti che il Consigliere, quale Capogruppo, avendo la disponibilità di un conto correte bancario (in cui affluivano fondi spesa regionali), aveva effettuato, nel periodo 2004/2009, prelievi di denaro contante, posto all’incasso assegni emessi a proprio favore, ed utilizzato la carta di credito intestata al Gruppo, per un importo di oltre Euro 25.000.
Esponeva la Procura “che le spese effettuate in contanti e con assegni erano prive di qualunque documentazione idonea a comprovare le finalità pubbliche cui i contributi erano destinati, nel mentre l’unica partita contabile per la quale era stato possibile procedere a riscontri, anche se solo parzialmente e a posteriori, era quella relativa all’utilizzo della carta di credito, dai cui estratti conto (forniti dalla società finanziaria) era emersa la destinazione illecita ed arbitraria dei fondi riservati all’istituzione consigliare. Si evidenziava che, in sede di presentazione della dovuta rendicontazione annuale all’Ufficio di Presidenza, l’interessato non aveva fornito alcuna specifica indicazione sulla natura delle spese effettuate, sia direttamente, attraverso l’uso del contante, sia tramite le operazioni eseguite con la carta di credito, limitandosi ad attestare, con riguardo alla voce ‘rimborso spese’, che gli importi ivi riportati nei prospetti contabili erano riferiti ‘ai rimborsi ai Consiglieri regionali del Gruppo’ …per gli spostamenti effettuati dalla sede di residenza verso altre località per svolgere attività a favore del Gruppo”, comprensivi dei rimborsi per costi sostenuti direttamente e imputabili al Gruppo perché connessi e svolti per suo conto. A carico del Consigliere regionale è stata quindi ravvisata una responsabilità contabile quale “Amministratore” del Gruppo stesso.
La Sezione territoriale della Corte dei conti (Sentenza n. 229/2014) lo ha condannato a titolo di “dolo erariale” al risarcimento integrale del danno.
L’interessato propone appello.
Nel frattempo, il Tribunale penale, con Sentenza passato in giudicato (dopo l’appello e la Cassazione), ha condannato il Consigliere per i reati di peculato e falso.
La difesa sostiene “l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali” quale Consigliere di una Regione autonoma; non ci sarebbe perciò alcun dolo, ma al massimo colpa lieve.
Si richiede la prescrizione, contestando la sussistenza “di un occultamento doloso del danno”.
La Procura chiede che l’appello sia respinto. I Giudici d’appello respingono il ricorso, confermando la Sentenza di 1° grado.
Sintesi della Sentenza:
Per quanto riguarda l’insindacabilità delle spese, premesso che “l’appellante censura l’impugnata Sentenza per aver sindacato nel merito le spese sostenute per l’attività svolta dal gruppo ‘commentando e contestandone l’ammontare’ (v. atto di appello), senza tener conto dei Principi affermati a tal fine dalla Sentenza delle Sezioni Riunite della Corte in speciale composizione n. 29/2014.
Il motivo è infondato. L’impugnata Sentenza infatti non ha operato alcuna valutazione in termini di “opportunità” delle spese sostenute e rimborsate, limitandosi viceversa ad un mero riscontro di legittimità delle stesse rispetto alle prescrizioni normative e regolamentari disciplinanti la materia.
Il sindacato svolto dal primo Giudice si è attenuto invero ai Principi affermati dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 235/2015, secondo cui è legittimamente esperibile – purché non si traduca in un sindacato nel “merito” (cioè sulla opportunità discrezionale) delle spese – il controllo inquirente e giurisdizionale sulla “inerenza” delle spese al mandato istituzionale, trattandosi di un controllo che “… si risolve nella verifica della violazione della normativa sulla contribuzione pubblica ai Gruppi consiliari”. E la violazione della normativa di riferimento, a sua volta “… integra una species di condotta contra ius, la quale, laddove causativa di danno erariale, costituisce l’oggetto dell’accertamento nel giudizio di responsabilità” (v. Corte Costituzionale, Sentenza n. 235/2015).
Il richiamo operato dall’appellante alla citata Pronuncia delle Sezioni Riunite n. 29/2014 non coglie nel segno, stante il diverso ambito di riferimento rispetto alla fattispecie in oggetto, come già affermato dalla Sezione in casi analoghi (vedasi Sentenze n. 334/2018 e n. 344/2018). Invero, in quel giudizio le Sezioni Riunite in speciale composizione hanno vagliato la legittimità dell’impugnata Delibera della locale Sezione regionale di controllo della Corte dei conti sulla regolarità sui rendiconti dei Gruppi consiliari ai sensi dell’art. 1 del Dl. n. 174/2012, sicché i Principi ivi espressi fanno riferimento al sindacato di regolarità “sull’atto-rendiconto” e non già al sindacato giurisdizionale sulla condotta potenzialmente foriera di danno erariale, oggetto del diverso giudizio di responsabilità amministrativa.
Per quanto riguarda gli effetti del giudicato penale, i Giudici affermano che “trattandosi dei medesimi fatti materiali posti a base dell’azione di responsabilità contabile, il giudicato penale di condanna produce effetti extrapenali ai sensi dell’art. 651 c.p.p. (‘la Sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale’). Ne consegue che le illecite condotte appropriative dei fondi del Gruppo consiliare devono ritenersi definitivamente accertate nella loro dimensione storica-fenomenica, unitamente all’avvenuta redazione e sottoscrizione da parte del soggetto di rendiconti falsamente attestanti che le somme ivi indicate erano ‘riferite ai rimborsi … per spostamenti effettuati dalla sede di residenza verso altre località per svolgere attività a favore del Gruppo’ e ai ‘rimborsi per costi sostenuti direttamente e imputabili’ al medesimo Organo, ‘perché connessi e svolti per suo conto’ (v. Sentenza penale Tribunale Cagliari innanzi citata). Rileva il Collegio che trattasi degli stessi importi contestati quali voci di danno erariale dal Requirente contabile con l’unica differenza relativa al minor numero degli assegni contestati in citazione (14 assegni per Euro 36.500,00) rispetto a quelli del relativo capo di imputazione penale, avendo la Procura erariale addebitato a tal fine gli importi dei soli assegni emessi dal soggetto in suo favore (‘a sé stesso’). Ebbene, nella Sentenza del Tribunale penale di Cagliari, si legge: ‘Non vi è alcuna prova documentale che queste somme abbiano avuto come destinazione il fine pubblicistico per il quale erano attribuite; al contrario, vi sono oltre che prove anche una serie di indizi, gravi, precisi e concordanti, che le stesse siano state utilizzate dal capogruppo come se fossero proprie. Le stesse giustificazioni offerte dal soggetto confermano, come meglio si vedrà nel proseguo, che le somme destinate al funzionamento del Gruppo consiliare sono state totalmente destinate al soddisfacimento di sue esigenze personali ovvero per finanziare direttamente o indirettamente il partito politico di appartenenza’. In particolare, con riferimento alle spese sostenute con la carta di credito (nella esclusiva disponibilità del soggetto), il Giudice penale ha accertato che ‘le stesse hanno avuto ad oggetto il pagamento di alberghi (per un importo di Euro 1.996,24), di ristoranti (per un importo di Euro 44.176,29), di carburante (per un importo pari a Euro 24.262,30), oltre a varie altre spese (per Euro 6.391,15) che nulla hanno a che vedere con il funzionamento del gruppo consiliare rappresentato dal soggetto”.
Commento:
È una delle tantissime Sentenze di condanna di Consiglieri regionali per l’illecito uso di fondi pubblici. Sicuramente gli Uffici regionali preposti al controllo della spesa non hanno prestato molta attenzione nell’esame dei rendiconti. Sembra quasi che fosse prassi costante la procedura di approvazione (o archiviazione) dei rendiconti annuali, senza alcun specifico esame. In questa Regione – si afferma – non veniva richiesta la documentazione della spesa, ma era sufficiente che la stessa fosse stata analiticamente individuata nella relazione illustrativa, con l’indicazione della causale.
I Giudici affermano che le relazioni annuali sono risultate “praticamente identiche per tutto il periodo interessato della gestione”.
di Antonio Tirelli
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