Con la Delibera n. 23/14, la Corte dei conti – Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, è chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un contratto sottoscritto tra una Università degli studi ed un soggetto. In particolare, viene in evidenza la condizione di pensionato del destinatario dell’incarico, condizione che risulta esplicitamente in atti ed è ammessa dall’Università stessa, in relazione al divieto, introdotto dall’art. 6 del Dl. n. 90/14, convertito dalla Legge n. 114/14, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici, collocati in quiescenza. La Sezione specifica che il contratto all’esame è infatti espressamente intestato “contratto di prestazione d’opera di natura occasionale” e riguarda la realizzazione, all’interno di uno specifico progetto, di lavori di falegnameria, attinenti alla precedente esperienza lavorativa del contraente. Poiché la norma limitatrice si esprime nel senso che il divieto è circoscritto agli incarichi di studio e agli incarichi di consulenza (oltre che agli incarichi dirigenziali), ritiene la Sezione che il contratto stipulato con il soggetto in questione non possa essere ricondotto ad alcuna delle predette tipologie. Così posta la questione, emerge che il divieto introdotto dall’art. 6 del Dl. n. 90/14, in quanto norma limitatrice, è da valutare sulla base del criterio di stretta interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi, che non consente operazioni ermeneutiche di indirizzo estensivo, fondate sull’analogia. Non potendo applicarsi tale divieto oltre i casi espressamente indicati nella norma limitatrice (“incarichi di studio”, “incarichi di consulenza” e “incarichi dirigenziali”), ritiene la Sezione che il caso specifico non rientri tra queste ipotesi, e quindi non incorra nel divieto introdotto dal predetto art. 5 del Dl . n. 90/14.