Nella Delibera n. 300 del 13 novembre 2014 della Corte dei conti Lombardia, la Sezione si esprime su una richiesta di parere riguardante chiarimenti in merito all’applicazione degli artt. 92 e 93 del Dlgs n. 163/06, come modificati dagli artt. 13 e 13-bis della Legge n. 144/14, di conversione del Dl. n. 90/14, che hanno abrogato i commi 5 e 6 del citato art. 92 e aggiunto i commi da 7-bis a 7-quinquies all’art. 93. Rilevato che il nuovo provvedimento legislativo non contiene alcuna precisa disposizione in merito, in particolare, è richiesto:
1) come si attuino, con riferimento a opere e lavori pubblici che alla data di entrata in vigore delle sopra citate disposizioni siano in corso di realizzazione e, in generale, alle attività tecniche già concluse o ancora in corso prima di tale data ma non ancora liquidate, le norme che prevedono la costituzione di un “Fondo per la progettazione e l’innovazione” a cui ogni Amministrazione deve fare confluire le risorse finanziarie da destinare, per l’80%, a remunerare l’attività di progettazione, e per il restante 20%, all’innovazione;
2) se sia possibile, stante il disposto del nuovo comma 7-ter, corrispondere ancora ai Dirigenti l’incentivo inerente ad attività di progettazione e direzione lavori, concluse o ancora in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni ed eventualmente in base a quali criteri;
3) se il limite degli incentivi che possono essere corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, pari al 50% del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo, operi anche con riferimento a prestazioni, sia concluse che in corso, rese anteriormente alla vigenza delle norme sopravvenute ma non liquidate.
La Sezione afferma che l’incentivo alla progettazione, in costanza del previgente art. 92, comma 5, del Dlgs. n. 163/06, costituiva eccezione al principio di onnicomprensività della retribuzione, finalizzato ad incentivare il ricorso alle professionalità interne dell’Ente. A fronte di un’abrogazione secca dei commi 5 e 6 dell’art. 92 del “Codice dei contratti pubblici”, in materia di incentivi per la progettazione, disposta dall’art. 13 del Dl. n. 90/14, l’art. 13-bis, introdotto in sede di conversione, ha previsto l’istituzione, a carico delle stazioni appaltanti e per le finalità descritte, di un “Fondo per la progettazione e l’innovazione”, destinato alle risorse umane e strumentali necessarie per tali finalità. Più nel dettaglio, in base alle conferenti disposizioni, le Amministrazioni pubbliche destineranno a un “Fondo per la progettazione e l’innovazione” risorse finanziarie in misura non superiore al 2% degli importi posti a base di gara di un’opera o di un lavoro, secondo modalità determinate da un Regolamento adottato dall’Amministrazione. Sempre tale Regolamento dovrà definire i criteri di riparto di tali somme, ferme restando le ripartizioni direttamente disposte dall’atto normativo. Di conseguenza, a decorrere dall’entrata in vigore della Legge n. 114/14, di conversione del Dl. n. 90/14, i Comuni, come tutte le altre P.A., dovranno fare riferimento, per la disciplina degli incentivi al personale interno incaricato di attività tecniche nell’ambito del procedimento di aggiudicazione ed esecuzione di un’opera pubblica, alla nuova disciplina legislativa, con conseguente necessaria adozione di un nuovo Regolamento che stabilisca la percentuale massima destinata a tali compensi (comma 7-bis) e un accordo integrativo decentrato, da recepire nel predetto Regolamento, che stabilisca i criteri di ripartizione (comma 7-ter). Entrambi dovranno adeguarsi alle novità normative, fra le quali spicca l’esclusione, fra i soggetti beneficiari dell’incentivo, del personale con qualifica dirigenziale (comma 7-ter). Inoltre, la Sezione affronta la questione della cesura applicativa tra la vecchia e la nuova normativa; vale a dire, in sintesi, se essa trovi applicazione con riferimento alle sole attività successive o anche a quelle precedenti, ma non remunerate all’atto dell’entrata in vigore del decreto. La Sezione osserva che, in ambito dottrinario e giurisprudenziale, 2 orientamenti si dividono il campo. La teoria dei diritti quesiti, secondo cui, al fine di connotare come non retroattiva una disposizione, elemento essenziale è il dato che non intacchi situazioni giuridiche già maturate; e quella del fatto compiuto, secondo cui, fatta salva l’eventuale illegittimità dell’atto normativo per lesione dell’affidamento, l’utilità può considerarsi intangibile solo dopo che sia stata acquisita dal soggetto interessato. Al di là di tale considerazione di carattere generale, tuttavia, è possibile ricavare una soluzione interpretativa al quesito posto dalla Deliberazione n. 7/09 della Sezione Autonomie che, affrontando altra precedente riformulazione dell’incentivo di cui all’art. 92, comma 5, del “Codice dei contratti pubblici” ha precisato che, “dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva. Né rileva, in contrario avviso, che alla rigorosa applicazione del criterio della spettanza dell’incentivo nella misura vigente all’atto del compimento della specifica attività, possa conseguire una differente consistenza del beneficio in ordine alla stessa opera per la quale è stanziata la somma da ripartire, a seconda se la stessa attività sia stata compiuta prima o dopo il 31.12. 2008. Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta”: con la conseguenza che “il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire”. La Sezione però arriva a diverse conclusioni con riferimento al terzo quesito, in considerazione del dato che la norma effettua un chiaro riferimento al momento della corresponsione e che non condiziona la possibilità di erogare l’incentivo, ma si limita a determinarne l’ammontare massimo. In conclusione, l’Ente, rimanendo per il resto libero nell’esercizio della propria attività discrezionale, nel periodo transitorio dovrà fare riferimento, quanto ai presupposti e ai beneficiari dell’incentivo, alla previgente disciplina mentre, per quel che concerne l’ammontare complessivo delle risorse destinabili al singolo beneficiario, al limite inderogabile fissato dalla norma con riferimento al trattamento economico spettante al momento dell’erogazione.