Iva: chiarimenti su distinzione tra prestazione di servizio e cessione di beni in ambito alimentare, pluralità di operazioni, e accessorietà

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di Interpello n. 35 del 20 gennaio 2022, si è occupata della corretta aliquota Iva applicabile alla cessione, da parte della Società istante, di scatole contenenti ingredienti per la preparazione di pasti, fornendo interessanti precisazioni in primis sulla distinzione tra “prestazione di servizio” e “cessione di beni” in ambito alimentare, ma anche sul concetto di “pluralità di operazioni” e di “accessorietà” ai fini fiscali.

L’Agenzia, al fine di rispondere al quesito in esame, ha ritenuto necessario inquadrare in primo luogo la fattispecie oggetto dell’Interpello alla stregua di “somministrazione di alimenti e bevande” o come mera “fornitura di alimenti e bevande”. Tale distinzione si è resa necessaria in quanto la “somministrazione di alimenti e bevande” rientra tra le prestazioni di servizi di cui all’art. 3, comma 2, n. 4), del Dpr. n. 633/1972, ed è soggetta ad Iva 10%, come disposto dal n. 121) della Tabella “A”, Parte III allegata al Dpr. n. 633/1972, mentre le cessioni di alimenti e bevande sono considerate cessioni di beni ai sensi dell’art. 2 del Dpr. n. 633/1972 e scontano l’aliquota Iva applicabile in funzione della tipologia di bene venduto. In mancanza di una definizione espressa di “somministrazione di alimenti e bevande”, occorre fare riferimento all’art. 6, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della Direttiva 2006/112/CE, che al paragrafo 1 prevede che “i Servizi di ristorazione e di catering consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono. Nel caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore”. Il successivo paragrafo specifica altresì che “la fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerato un servizio di ristorazione o di catering ai sensi del paragrafo 1. Secondo il Legislatore unionale, la fornitura di cibi o di bevande o di entrambi rappresenta solo una componente dei servizi di ristorazione e catering, i quali si connotano per la prevalenza dei servizi di supporto atti a permetterne il consumo immediato. In altre parole, in assenza di servizi di supporto la fornitura di alimenti e bevande manca delle necessarie caratteristiche per rientrare nella definizione di servizio di ristorazione e catering e va più propriamente ricondotta ad una cessione di beni. In tal senso si è più volte espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea; nella Sentenza relativa alla Causa C-231/94, i Giudici sovranazionali hanno statuito che se il consumo di alimenti e bevande avviene nel quadro di un servizio complessivo di ristorazione (composto da cottura, consegna materiale del cibo, predisposizione di infrastrutture per agevolare il consumo) prevale la prestazione di servizi sulla cessione di alimenti. A tal proposito, in particolare, la Corte ha affermato che ‘la fornitura di bevande e di pasti preparati pronti al consumo immediato è il risultato di una serie di servizi che va dalla cottura dei cibi alla loro consegna materiale su un sostegno, e che si accompagna alla predisposizione in favore del cliente di un’infrastruttura comprendente tanto una sala di ristoro con annessi (guardaroba ecc.) quanto gli arredi e le stoviglie. Vi possono essere persone fisiche, la cui attività professionale consiste nell’effettuare tali operazioni di ristorazione, che provvedono ad apparecchiare i tavoli, a consigliare il cliente e a fornirgli spiegazioni sulle vivande o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e, infine, a sparecchiare dopo il consumo. Emerge pertanto che l’operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi. Essa dev’essere pertanto considerata come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Sesta Direttiva. Diverso è il caso di un’operazione avente ad oggetto alimenti ‘da asportare’, non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato”. 

Alla luce dell’interpretazione della nozione comunitaria dei “servizi di ristorazione o di catering” tenuto conto degli elementi forniti dall’istante ai fini della descrizione della fornitura delle confezioni contenenti i kit di ingredienti, a parere dell’Agenzia le operazioni effettuate non sono qualificabili come somministrazione di alimenti e bevande, costituendo, quindi, cessioni di beni. 

Nel caso di specie, la suddetta cessione ha ad oggetto preparazioni alimentari, consistenti in un misto di ingredienti alimentari già porzionati ma non pronti per il consumo, dovendo a tal fine essere cotti o ultimati dal consumatore. Nella stessa confezione, secondo quanto rappresentato, sono presenti ingredienti assoggettabili ad aliquote Iva differenti (generalmente aliquote ridotte del 4%, 5% o 10%); tuttavia, alla cessione delle singole confezioni viene applicato un unico corrispettivo (indistinto per aliquote Iva). Il corrispettivo, determinato in modo forfettario, è pagato dal cliente al momento della sottoscrizione dell’abbonamento, sul sito web della Società istante. L’abbonamento, che può essere modificato, sospeso, cancellato, o riattivato in qualsiasi momento, consente ai clienti di prenotare i loro pasti preferiti, tra un numero stabilito di ricette che variano ogni settimana, e di riceverli nei giorni e agli orari selezionati. 

Riguardo a tale aspetto, in merito all’individuazione dell’aliquota applicabile all’operazione in esame, l’Agenzia ha ricordato che nella Risoluzione n. 142/1999, riguardante la realizzazione “di una pluralità di operazioni a fronte delle quali, tra l’altro, è prevista la corresponsione di un corrispettivo unico forfettario con la conseguenza che per le stesse non è dato applicare il corrispondente trattamento Iva differenziato”, l’Amministrazione finanziaria è giunta alla conclusione che “alle prestazioni di che trattasi si rende applicabile l’Iva con l’aliquota massima prevista per le opere ricomprese nella fattispecie negoziale in discorso, ossia quella del 10%”. 

In sostanza, tale Documento di prassi, ancorché riferito ad un Settore diverso da quello oggetto di istanza (nel caso della risoluzione si trattava di opere edili) ha chiarito che in presenza di più operazioni, per le quali sia pattuito un corrispettivo unico, deve aversi riguardo all’aliquota Iva più alta tra quelle previste per i beni/servizi ceduti/resi, a prescindere dall’eventuale prevalenza dei beni/servizi ad aliquota inferiore. Tale posizione è stata confermata, tra l’altro, anche nella Risoluzione n. 111/E del 5 agosto 2004, secondo cui “per un consolidato principio di carattere generale, implicito nell’ordinamento che disciplina l’Imposta sul valore aggiunto, se a fronte di prestazioni per le quali sono previste diverse aliquote viene richiesto e fatturato un corrispettivo indistinto prevale in ogni caso l’aliquota maggiore”. 

Alla luce delle suesposte considerazioni, nella fattispecie in esame, l’Agenzia ha ritenuto che l’operazione di cui trattasi debba essere assoggettata ad Iva con applicazione dell’aliquota del 10%, vale a dire con l’aliquota più elevata tra quelle astrattamente applicabili agli ingredienti che compongono la confezione). Tale soluzione presuppone, in ogni caso, che gli ingredienti contenuti nella confezione siano riconducibili ai prodotti tassativamente elencati nella Parte II, nella Parte II-bis e nella Parte III, della Tabella “A”, allegata al Dpr. n. 633/1972.

In merito all’indicata possibilità che siano presenti ingredienti per i quali è prevista l’aliquota del 22%, l’Istante afferma che gli stessi sarebbero gestiti separatamente, senza però esplicitarne le modalità. A tal proposito, l’Agenzia ha fatto presente che l’applicazione a tali ingredienti dell’aliquota Iva nella misura del 22% implica la loro corretta individuazione e una distinta fatturazione. Diversamente, la presenza di detti ingredienti nella confezione comporterebbe, in base alle considerazioni sin qui esposte, l’applicazione dell’Iva con aliquota nella misura ordinaria del 22%. 

In ordine al trattamento delle spese di trasporto l’Agenzia non ha ritenuto le stesse accessorie rispetto all’operazione principale, rilevando al riguardo che, in base all’art. 12, del Dpr. n. 633/1972, come interpretato con numerosi documenti di prassi dall’Agenzia delle Entrate (tra cui la Risoluzione n. 337/E del 2008), una cessione di beni o una prestazione di servizi risulta accessoria a un’operazione principale quando integra, completa e rende possibile quest’ultima. Non è dunque sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria all’operazione principale, occorrendo che la prestazione accessoria formi un tutt’uno con l’operazione principale. 

Tale orientamento è coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia Europea che, nella Sentenza 18 gennaio 2018, Causa C-463/16, ha chiarito che “una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”. Secondo la Corte di Giustizia, si è in presenza di un’unica prestazione quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al cliente sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Pertanto, il servizio di trasporto e la cessione della confezione contenente il kit di ingredienti costituiscono prestazioni distinte e vanno trattate fiscalmente in modo autonomo.