Iva: come il committente deve correggere la mancata applicazione della ritenuta su errate fatture emesse da Professionisti non forfettari

Iva: come il committente deve correggere la mancata applicazione della ritenuta su errate fatture emesse da Professionisti non forfettari

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 245 dell’8 marzo 2023, ha fornito chiarimenti in ordine agli adempimenti del sostituto d’imposta conseguenti alla verifica oggi della mancata sussistenza dei requisiti per l’applicazione del regime forfetario di cui all’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, con riferimento a fatture ricevute e compensi erogati negli anni 2021 e 2022.

Nel caso di specie il committente/sostituto d’imposta istante si è avvalso delle prestazioni di Professionista che ha dichiarato, sia nel 2021 che nel 2022, di avvalersi del regime forfetario istituito con la Legge n. 190/2014. Conseguentemente, le prestazioni da questo rese dal 2021 fino ad ottobre 2022 sono state fatturate dal medesimo senza esposizione dell’Iva e l’istante le ha liquidate senza applicazione della ritenuta d’acconto.

A novembre 2022 il Professionista ha comunicato che, per motivi reddituali, non poteva fruire del regime forfetario a partire dall’anno d’imposta 2021, ed ha conseguentemente emesso:

1)   per i compensi fatturati nel 2021 e corrisposti nel medesimo anno, una nota di variazione in aumento per l’Iva nel 2022 ex art. 26, comma 1, Dpr. n. 633/1972;

2)   per i compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfetario e corrisposti nel 2022, note di credito a storno delle suddette fatture in regime forfetario, e riemesso fatture in regime ordinario con esposizione di Iva e ritenuta d’acconto.

In merito a tale comportamento, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato in primo luogo il citato art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014 (“Legge di stabilità 2015”) e poi ha specificato che, con le Risposte n. 499 e 500 del 2019, è stato chiarito che è possibile rimediare all’indebita fruizione del regime forfetario adottando una delle seguenti modalità:

– emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in aumento ex art. 26, comma 1, Dpr. n. 633/1972, al fine di integrare le fatture originarie con l’Iva di rivalsa (da versare all’Erario) e indicare la ritenuta d’acconto;

– emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in diminuzione, ex art. 26, commi 2 e 3, del Dpr. n. 633/1972, a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, al fine di addebitare l’Iva di rivalsa (da versare all’Erario) ed indicare la ritenuta d’acconto.

Tutto ciò premesso, nel presupposto che i compensi fatturati e percepiti dal Professionista nel periodo d’imposta 2021, rispetto ai quali il medesimo dovrebbe aver emesso, nel 2022, una nota di variazione in aumento dell’Iva, siano stati correttamente dichiarati dallo stesso Professionista (anche mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa ai fini delle Imposte sul reddito ed Iva) e siano state corrisposte le relative imposte, interessi e sanzioni (tramite “ravvedimento operoso”), l’Agenzia ha ritenuto che il committente/sostituto d’imposta non debba eseguire il versamento delle ritenute d’acconto non operate, né presentare le “Cu” 2022 ed il Modello “770/2022” integrativo (laddove i compensi, seppur errati, di cui si discute siano stati già riportati nei predetti Modelli trasmessi all’Agenzia delle entrate).

Con riguardo ai compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfetario e corrisposti nel 2022, per i quali il professionista dovrebbe aver già emesso note di credito a storno delle predette fatture, e riemesso fatture in regime ordinario (con esposizione di Iva e ritenuta d’acconto), l’Agenzia ha ritenuto che il committente/sostituto d’imposta debba operare, seppur tardivamente, le ritenute d’acconto, e versarle con la maggiorazione a titolo di interesse, nonché rilasciare la “Cu” 2023 e presentare il Modello “770/2023” indicando i dati corretti.

Con specifico riferimento alle sanzioni – ferme restando quelle applicabili al professionista per l’errata fatturazione e tardiva liquidazione e versamento dell’Iva dovuta, l’Agenzia ha ritenuto che il medesimo sia, altresì, responsabile delle sanzioni per le ritenute non operate e non versate o versate tardivamente, conseguenti all’errata richiesta di disapplicazione delle medesime.

Infatti, la responsabilità del Professionista non può essere esclusa (vedasi Cassazione, Sentenza 16 giugno 2006, n. 14033; Id., 2 aprile 2003, n. 5020; Id., 11 agosto 2000, n. 10613), essendo responsabile, per effetto dell’errata dichiarazione rilasciata, della violazione in cui è incorso il committente/sostituto d’imposta, rispetto al quale invece sembra potersi non applicare alcuna sanzione non essendo l’errore stato determinato da una sua colpa (art. 6 del Dlgs. n. 242/1997, vedasi anche Circolare n. 180/E del 1998).

Il fattore discriminante è quindi costituito dalla causa dell’errore medesimo. Se esso dipende da imprudenza, negligenza o imperizia, non rileva ai fini dell’esclusione della responsabilità, ma se il trasgressore ha osservato la normale diligenza nella ricostruzione della realtà, l’errore in cui è incorso esclude la colpa.

Per contro, l’Agenzia ha ribadito che l’errore evitabile con l’uso dell’ordinaria diligenza, quella cioè che si può ragionevolmente pretendere dal soggetto agente, non influisce sulla punibilità. Nel caso specifico, dunque, laddove effettivamente il committente/sostituto d’imposta sia in grado di dimostrare che, osservando la normale diligenza, non sarebbe stato in grado di verificare che il collaboratore/sostituito era privo dei requisiti – peraltro dal medesimo attestati con una specifica dichiarazione – per applicare il regime in parola, lo stesso può ritenersi non responsabile delle violazioni sopra descritte (omessa o tardiva esecuzione e versamento delle ritenute, trasmissione delle Certificazioni Uniche e del Modello “770 con dati errati) e, conseguentemente, delle sanzioni ad essere relative.


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