Iva: si configura il cosiddetto “uso domestico” per le forniture energetiche ad abitazioni di privati, anche se costituiti come “condomini di gestione”

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 460 del 7 luglio 2021, ha fornito chiarimenti in ordine al trattamento applicabile alle prestazioni di fornitura di energia termica per uso domestico.
Nel caso specifico, l’Azienda istante è un Ente pubblico economico dotato di personalità giuridica che gestisce il patrimonio di edilizia residenziale di proprietà e, previa sottoscrizione di apposita delega, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni.
Il patrimonio aziendale risulta costituito da alloggi sociali che confluiscono nel Sistema regionale dei servizi abitativi, alloggi ad altro uso residenziale, box e altre unità immobiliari per uso non abitativo, in gran parte costruiti per essere locati e, quindi, classificati come beni patrimonio.
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che il regime Iva del “Servizio di fornitura di energia termica” è disciplinato dal n. 122), della Tabella A, Parte III, allegata al Dpr. n. 633/1972, il quale prevede l’applicazione dell’aliquota nella misura agevolata del 10% alle “prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti di pubbliche di teleriscaldamento o nell’ambito del contratto servizio energia, (…) ; sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti , sotto qualsiasi forma, si applica l’aliquota ordinaria”.
Al riguardo, la Circolare n. 82/1999 (e successivamente ribadito con le Risoluzioni n. 150/E del 2004 e n. 28/E del 2010) ha precisato che “l’uso domestico si realizza nelle somministrazioni rese nei confronti di soggetti che, quali consumatori finali, impiegano il gas o l’energia elettrica, il calore-energia nella propria abitazione, a carattere familiare o collettivo, e non utilizzano i citati prodotti nell’esercizio di imprese o per effettuare prestazioni di servizi, rilevanti ai fini dell’Iva, anche se in regime di esenzione. Sulla base di quanto precede anche negli impieghi diretti a soddisfare i fabbisogni di ambienti quali caserme, scuole, asili, case di riposo, conventi, orfanotrofi, brefotrofi che ospitano collettività, si ravvisa l’uso domestico dei prodotti in esame da parte degli enti gestori, sempreché questi ultimi nell’ambito di tali strutture non svolgano attività verso corrispettivi rilevanti ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 4 del citato Dpr. n. 633/1972”.
Pertanto, il riferimento all’espressione “uso domestico” limita l’agevolazione alle sole ipotesi di impiego di energia elettrica o termica nelle abitazioni familiari o in analoghe strutture a carattere collettivo caratterizzate dal requisito della residenzialità e dalla circostanza che nelle medesime gli enti gestori non svolgano un’attività, effettuata verso corrispettivi, rilevante agli effetti dell’Iva, anche se in regime di esenzione di cui all’art. 10 del medesimo Dpr. n. 633/1972 (vedasi Circolare n. 82/E del 1999 e Risoluzioni n. 28/E del 2010 e n. 8/E del 2017). In altri termini, la prassi ministeriale ha chiarito che presupposto indispensabile per l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 10% è che l’energia fornita (in questo caso termica) venga erogata per “uso domestico”, che si realizza nelle somministrazioni rese nei confronti di soggetti che, in qualità di consumatori finali, impiegano l’energia elettrica o termica nella propria abitazione, a carattere familiare o in analoghe strutture a carattere collettivo, sempre che gli stessi non utilizzino l’energia nell’esercizio di imprese o per effettuare prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’Iva, anche se in regime di esenzione (vedasi Circolare n. 82/E del 1999 e Risoluzioni n. 150/E del 2004, n. 28/E del 2010, n. 8/E del 2017).
Tale ultima circostanza ricorre anche nella fattispecie in esame, in cui l’Azienda istante, agendo nella sua veste di Ente pubblico economico – in quanto gestore di un patrimonio di edilizia residenziale di proprietà e, previa sottoscrizione di apposita delega, di un patrimonio di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni – assume una propria soggettività passiva ai fini dell’Iva. L’istante infatti, locando gli immobili abitativi destinati ad alloggi sociali, svolge, agli effetti dell’Iva, un’attività commerciale riconducibile nell’art. 10 del Dpr. n. 633/1972.
Pertanto, a parere dell’Agenzia, tale attività commerciale precluderebbe l’applicazione dell’aliquota agevolata anche nell’ipotesi in cui si considerasse l’Azienda quale soggetto proprietario e gestore di strutture a carattere collettivo. Ciò in quanto, in merito all’utilizzo dell’energia termica diretta a soddisfare i fabbisogni di ambienti a carattere collettivo, come innanzi considerato, affinché possa verificarsi il presupposto dell’uso domestico è necessario che l’Ente gestore di dette strutture non svolga un’attività di natura commerciale e rilevante quindi ai fini dell’Iva. Ne consegue l’applicazione dell’aliquota ordinaria del 22% alle forniture di energia termica effettuata direttamente nei confronti dell’Azienda, vale a dire in cui l’istante risulta intestatario dell’utenza per la fornitura dell’energia termica, sia in fabbricati interamente di sua proprietà (ipotesi sub a) e sia in fabbricati composti da unità immobiliari della stessa Azienda e di proprietà di terzi per i quali non si è proceduto alla formale costituzione del condominio – ipotesi sub c). In entrambe le ipotesi, la fornitura di energia termica viene effettuata direttamente nei confronti dell’Azienda che, come detto, rappresenta un soggetto giuridico distinto dai consumatori finali e che svolge oggettivamente un’attività di locazione rientrante nel campo di applicazione dell’Iva, seppur in regime di esenzione.
Diversamente, per i condomini formalmente costituiti e con proprio Codice fiscale, ai corrispettivi per la fornitura dell’energia termica potrebbe essere applicata l’aliquota Iva nella misura agevolata del 10%, a condizione che ricorrano i requisiti richiesti dalla disposizione di cui al n. 122) – vedasi Circolare n. 59/1977 e Risoluzione n. 150/2004.
Tale aliquota potrebbe essere applicata anche nel caso di autogestione, in base al quale gli assegnatari degli alloggi (inquilini) possono gestire in forma diretta alcuni servizi, scegliendo direttamente l’impresa, controllandone l’operato e determinandone il costo. Al riguardo, la giurisprudenza della Suprema Corte ha statuito, tra l’altro, che “gli assegnatari di alloggi degli Iacp, autorizzato dall’ente proprietario a provvedere all’amministrazione ordinaria degli immobili costituiscono un ‘condominio di gestione’, facoltizzato come tale a deliberare le spese per l’uso dei servizi comuni e a riscuotere le quote dei singoli assegnatari in analogia a quanto avviene nei condomini ordinari. (…). La particolarità di detto condominio di gestione deriva dal fatto che esso rappresenta una comunione di godimento basata su diritti personali inerenti all’assegnazione dell’alloggio e non sul diritto di proprietà dell’immobile” (vedasi Sentenza della Corte di Cassazione n. 8329/1997). Quindi il “condominio di gestione” consiste “in una collettività di inquilini autorizzati dall’Ente proprietario a svolgere per proprio conto l’amministrazione ordinaria dell’immobile, deliberando le spese necessarie per l’uso dei servizi comuni e riscuotendo direttamente le quote dei singoli assegnatari, in analogia a quanto avviene nei condomini ordinari. E’ evidente, peraltro, la sostanziale differenza tra il condominio di gestione e un condominio ordinario è costituita dalla circostanza che mentre un’assemblea di condomini può deliberare su qualsiasi argomento previsto dagli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, un’assemblea di semplici inquilini o assegnatari di alloggi deve limitarsi a provvedere sulla gestione ordinaria e non può disporre innovazioni o modifiche che incidono sull’integrità dell’immobile, del quale essi hanno solamente l’uso in conformità del contratto di locazione” (vedasi Sentenza della Corte di Cassazione n. 10310/1991).
Pertanto, costituendo la forma giuridica dell’autogestione, come sopra definita e regolamentata, un “condominio di gestione”, pur non potendosi configurare un “condominio ordinario”, per le differenze sopra evidenziate, la stessa avrebbe un rapporto diretto con la società fornitrice, in merito sia alla determinazione del costo del “Servizio di fornitura dell’energia termica” sia al relativo controllo sull’operato della stessa società fornitrice. In ragione di ciò, anche in tale caso la Società fornitrice dell’energia termica potrebbe applicare l’aliquota Iva del 10%, analogamente a quanto avviene nell’ipotesi di fornitura di energia termica a favore di un ordinario condominio, formalmente costituito con attribuzione di un apposito Codice fiscale.
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