Mattarella vuole evitare un processo a Bankitalia

La manovra 2020 non è lontana e, viste le previsioni sulla crescitadebito, non potrà essere fatta solo di promesse. In vista di questo appuntamento e dell’approvazione del Def, il Quirinale ha cominciato esercitare la massima attenzione. Ma, al pari dei conti, c’è un altro elemento a preoccupare in queste ore il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: la Commissione d’inchiesta sulle banche, che, vista la narrazione pentastellata sul tema, potrebbe partire puntando il dito sulla vigilanza di Bankitalia. Proprio quello che al Colle si vuole evitare: Bankitalia deve essere al riparo da ogni Governo e la sua indipendenza deve essere tutelata, è la linea del Colle. Non a caso, ieri mattina sono saliti al Quirinale il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Sulla presidenza della Commissione c’è, tra l’altro, una sotterranea tensione tra M5S e Lega, con il primo che spinge per assegnare la presidenza al senatore Gianluca Paragone. Ma oltre al nome a preoccupare è anche la legge che istituisce l’organo: il Quirinale è del tutto contrario all’eventualità che l’attività della Commissione si trasformi in un processo a Bankitalia e per questo sta di fatto bloccando la legge in attesa di ricevere assicurazioni da parte dei due partiti di maggioranza.

Dopo le polemiche il nuovo Dg di Bankitalia sarà Panetta

Sarà Fabio Panetta il nuovo direttore generale di Bankitalia. Dopo mesi di trattative, si scioglie senza sorprese il rebus di palazzo Koch, con una riunione del Consiglio superiore presieduto da Ignazio Visco in cui il Governatore ha proposto il nome dell’attuale vicedirettore al posto di Salvatore Rossi, il cui incarico scade a maggio e che con una lettera ai dipendenti aveva annunciato la propria indisponibilità a un secondo mandato. Proprio l’addio dell’economista barese aveva sbloccato l’impasse delle nomine che si trascinava da gennaio, da quando cioè, in coincidenza con lo scadere dell’incarico del vicedirettore generale Luigi Signorini, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini avevano tuonato contro i vertici di via Nazionale chiedendo discontinuità rispetto al Direttorio in carica ai tempi delle crisi bancarie che hanno coinvolto i risparmiatori. Con l’uscita di Rossi, dopo 43 anni in Banca d’Italia, si realizza in buona parte il cambiamento tanto auspicato dai pentastellati. Il nome di Panetta è gradito a entrambe le forze di Governo, che non dovrebbero dunque opporre resistenze alla sua nomina.

Il Governo è lavoro sul Def con le incognite sul debito e privatizzazioni 

Doveva calare, poco alla volta, agendo sulla crescita, sulle dismissioni e su un maxi piano di privatizzazioni. Ma il debito pubblico potrebbe invece salire nel 2019 e poi ancora nel 2020, esponendo l’Italia all’esigente giudizio delle agenzie di rating e dei mercati, prima ancora che a quello della Commissione europea. Il taglio delle stime sul Pil, ormai scontato nel prossimo Def, porterà inevitabilmente una revisione anche di quelle sul debito: a dicembre, quando il Governo stimava una crescita dell’1%, le previsioni erano per quest’anno di una discesa sotto il 131%, per proseguire sulla stessa scia anche nel 2020, anno in cui il rapporto era previsto sotto il 130%. Ma ora che anche le indicazioni del sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia non si discostano molto dallo zero virgola e che anche Standard &Poor’s, dopo Fitch, ha tagliato ad appena lo 0,1% le previsioni di crescita per l’Italia, le stime di Confindustria parlano non a caso numeri molto diversi, superiori al 133%.

Del piano di dismissioni immobiliari da 950 milioni, promesso all’Europa prima del via libera alla legge di bilancio, al momento non si vedono nemmeno i contorni. E nulla trapela nemmeno sulle privatizzazioni, che dovrebbero raggiungere il valore di 17-18 miliardi. Sul tavolo del Mef rimane ancora il passaggio di quote delle partecipate pubbliche in mano al Tesoro a Cdp, ma l’operazione non potrà prendere forma finché non sarà risolta la questione della posizione di Cassa nell’Amministrazione pubblica. Il passaggio avrebbe infatti senso, ai fini della riduzione del debito, solo se Cdp venisse definitivamente considerata esterna al perimetro della P.A; sulla questione al momento sembra tutto fermo e che la soluzione del Governo derivi dalla politica estera basti pensare ai recenti accordi con la Cina e dai ripetuti viaggi di Di Maio in America senza contare i rapporti tra Salvini e Mosca.

Manca ancora l’accordo sul decreto crescita

Lavori ancora in corso sul dl crescita: il provvedimento è stato annunciato dal Governo nei giorni scorsi, ma non è ancora arrivato nemmeno al preCdm. Nelle intenzioni dell’esecutivo, in particolare del ministro dell’Economia Giovanni Tria, c’è di cercare di accelerare in qualche modo la ripresa economica, evitando così una manovra correttiva. Ma l’accordo fra M5S e Lega non è stato ancora trovato, prova ne è che nell’ultima versione del documento si è passati da 61 a 35 articoli. Rientrano in quest’ultima versione del documento i capitoli relativi a misure fiscali per la crescita (tra cui la mini Ires, il superammortamento, il taglio dell’Imu), misure per il rilancio degli investimenti privati (come minibond, nuova Sabatini, allargamento del Fondo di garanzia per le pmi) e tutela del made in Italy.

Stralciati, rispetto a una precedente versioni, le norme sull’energiae altre misure per le imprese (come obblighi di trasparenza delle erogazioni pubbliche, controlli degli strumenti di misura in servizio e  vigilanza degli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale ed europea, misure di sostegno al reddito e per la chiusura della strada E45). Tra le ipotesi allo studio del Governo quella di scorporare il provvedimento e quindi le norme cancellate potrebbero essere inserite in un altro decreto.

Scontro Lega M5S su castrazione chimica e revengeporn

Prosegue lo scontro tra Lega e M5S. Il terreno questa volta si chiama Codice rosso, il provvedimento fortemente voluto dai ministri Giulia Bongiorno e Alfonso Bonafede. A costo praticamente zero, il disegno di legge prevede una corsia preferenziale per le denunce, indagini più rapide sui casi di violenza alle donne e l’obbligo per i pm di ascoltare le vittime entro tre giorni. In Commissione Giustizia a Montecitorio tutto fila liscio, l’esame permette anche l’ok a un nuovo pacchetto di norme antiviolenza su donne e minori proposto dal M5S che prevede tra l’altro l’aumento di pena per i reati di violenza sessuale (da 5-10 anni a 6-12 anni) e un nuovo reato che punisce con 14 anni di reclusione chi sfregia una donna. Tutti d’accordo insomma, con un patto di ferro, tra maggioranza e opposizione, che assicura l’ok in prima lettura in 24 ore.

Ma, come tradizione giallo verde vuole, alla fine arriva la rottura. In aula spunta un emendamento a firma Lega che inserisce la castrazione chimica per chi si è macchiato di violenza sessuale. Un antico cavallo di battaglia del Carroccio, presente nel programma elettorale della Lega, ma non nel contratto di governo. I grillini saltano sulla sedia, la norma viene accantonata e si chiede la riformulazione: il Ministro della Salute Giulia Grillo boccia senza ma e senza se la misura. Intanto in Senato i 5Stelle presentano in pompa magna un ddl sul reato in caso di diffusione per vendetta d’immagini private e in aula le opposizioni (Forza ItaliaLeu e Pd)chiedono di inserire il reato di revengeporn nel ddl Codice rosso, annullando di fatto il provvedimento che i pentastellati avevano appena presentato a palazzo Madama. Alla fine gli emendamenti sulla questione vengono bocciati provocando le fortissime polemiche delle opposizioni che costringono al rinvio dell’esame alla prossima settimana. Ora M5S e Lega avranno qualche giorno per trovare un accordo.

Al via le Europarlamentarie nel M5S

Partirà oggi, salvo imprevisti dell’ultim’ora, il primo step delle primarie online del Movimento 5 Stelle per le Europee. Il range delle votazioni potrebbe essere di una giornata e gli iscritti alla piattaforma Rousseau, per questa prima tappa, voteranno su base regionale. Poi toccherà ai due notai certificare le votazioni e quindi si passerà alla fase due delle Europarlamentarie, quella che a inizio aprile darà i nomi dei candidati del Movimento per Strasburgo; resta l’incognita dei capilista, sui quali il capo politico Luigi Di Maio ha un totale potere decisionale. A quanto pare la campagna delle Europee sarà contraddistinta da una nuova strategia più responsabile sui conti e più attenta ai diritti e alle pari opportunità.

Sarà insomma, una campagna all’insegna della distanza dal sovranismo con un duplice obiettivo: frenare il calo di consensi senza forzature politiche e verbali e riprendere, di fatto, quel filo che alle Politiche aveva portato il M5S oltre il 30%. Probabile che il tema dei diritti, connesso a quello della giustizia, emerga anche durante il Rousseau Lab previsto a Genova questo weekend. Presenti, oltre al ministro Alfonso Bonafede il Presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra e Davide Casaleggio.

 

Nomos

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