Nota di aggiornamento al Def 2018: chiari e scuri del primo Documento economico finanziario del nuovo Governo 

Il ‘ciclo’ economico finanziario dello Stato: dal ‘Def’ alla ‘Legge di bilancio

Attualmente sono 4, nella Repubblica italiana, i fondamentali documenti di finanza pubblica che costituiscono, per legge, il Sistema della previsione pluriennale di natura economico-finanziaria e di bilancio dello Stato. E, che ne scandiscono il ciclo annuale:

  • il “Documento di economia e finanza” (“Def”) in aprile;
  • la “Nota di aggiornamento al Def” (“Nadef”) in settembre;
  • il “Documento programmatico di bilancio” (“Dpb”) in ottobre;
  • la “Legge di bilancio” in dicembre.

In sostanza, la “Nadef” aggiorna le previsioni economiche e gli obiettivi di finanza pubblica, rispetto al precedente “Def”. Ciò in considerazione delle maggiori e più definite informazioni disponibili sugli andamenti macroeconomici nonché sulla base della volontà politica e delle principali riforme annunciate dal Governo in carica.

Così, il 27 settembre scorso, il Consiglio dei Ministri del Governo Conte ha deliberato la “Nota di aggiornamento al Def 2018’”. La “Nadef 2018” è stata pubblicata il 4 ottobre e, ai sensi della Legge n. 243/2012, benché un poco in ritardo, è stata inviata alle Camere, dopo aver informato la Commissione europea su talune differenze prospettate nel cammino di finanza pubblica rispetto a quanto stabilito sei mesi prima nel “Def”. A quest’ultimo fine, nel rispetto delle norme e dei trattati in vigore, il Governo ha chiesto alla Commissione della UE l’autorizzazione a discostarsi leggermente (sotto un profilo quantitativo), ma nei fatti in modo significativo e al margine, ancorché solo in via transitoria, dall’obiettivo programmatico su cui l’Italia si era già impegnata da un tempo piuttosto lungo. Una vera svolta nel programma in corso dal 2011. In pratica, assistiamo ad un ritorno indietro. Ad una retromarcia. Il rapporto “Debito/Pil” torna a peggiorare. Con tutte le conseguenze che il Governo si augura positive. Con altri effetti reali per ora sfavorevoli. Seguiremo gli sviluppi e scopriremo chi ha più ragioni da vendere[1].

Quest’anno il Documento ha grande rilievo poiché segna anche la notevole discontinuità politica rispetto al “Def 2018” nella sua veste iniziale e ormai agli atti. In parte ripreso, ma adesso quasi messo in un cassetto. Si ricorderà che esso era stato varato dal Consiglio di Ministri il 26 aprile 2018. Ma si trattava del Governo Gentiloni. E non del nuovo Governo Conte. Scaturito dai risultati elettorali dei vari Partiti come voluti dal Popolo sovrano. Un cambio di paradigma governativo ben visibile e udibile. Su cui non serve tornare.

Ma, rientrando sui 4 Documenti astrattamente intesi, anche sulla base di quanto scrive il Ministero dell’Economia e delle Finanze, si rammentano alcuni aspetti strutturali dei principali Documenti nazionali. Allora, i Documenti di finanza pubblica contengono le politiche economiche e finanziarie decise dal Governo in carica. Nel corso degli ultimi decenni tali Documenti programmatici hanno assunto sempre di più un ruolo strategico e portante nella definizione ed enunciazione delle linee-guida di politica economica del Paese. Difatti, in una economia caratterizzata da continui e rapidi cambiamenti, essi svolgono una delicata e rilevante funzione informativa ad ogni livello: dal nazionale al comunitario, ma oltre, sino all’internazionale. I Documenti dovrebbero essere in grado di rendere conosciute e riconoscibili, almeno a sufficienza e in modo attendibile, e meglio ancora se credibile e sostenibile, le principali scelte di policy pubblica di un Governo.

Però, per chi scrive il condizionale tecnico è d’obbligo, rispetto a quanto sostiene formalmente e in modo probabilmente un po’ scolastico dal Mef. Ciò in quanto il processo economico-finanziario in corso nel 2018, così come negli ultimi anni, inevitabilmente si rapporta, non solo alle variabili esogene, già numerose, ma pure alla odierna “tecnica politica” dei continui annunci, dei tentativi per approssimazione, del rapido mutare degli orientamenti indotti dai sondaggi, del prevalente tempo presente che supera la “noiosa” programmazione, del mantenere il miope sguardo corto e del continuo maturare dei rapporti politici in seno alla coalizione che in Parlamento sostiene un Governo. E, last but not least, dagli attuali esasperati processi di ricerca del consenso popolare in una stagione segnata da molti appuntamenti elettorali e crescenti tensioni politico-sociali. Per cui, come avviene nel ns. mondo locale su scala assai più ridotta con il “Dup” (in un qualsiasi Comune), ciò che viene illustrato con la “Nadef” va preso con prudenza e parziale dubbio. Se non con sano scetticismo.

Va da sé che, in una stagione politica e sociale molto tesa e tormentata, tutto può far rimescolare le carte. Se non cambiarle del tutto. Tanti gli stakeholders: dal Parlamento alle Piazze, dall’Europa ai grandi operatori finanziari, dalle Agenzie di rating ai piccoli risparmiatori[2]. Tutto gioca per meno stabilità e più incertezza. Con reazioni di politica economica che possono compiere serpentine. Se non avvitarsi su sé stesse. Il caso della riforma/abolizione delle Province ne è stato segno tangibile. Non solo annunci, ma leggi rimaste a metà. Creando indeterminatezza se non grande caos.

Proseguendo, nell’Elenco il “Def” è il primo della lista e il principale strumento della programmazione economico-finanziaria in quanto indica in modo abbastanza coerente, e di solito non gridato per ragioni di propaganda politica, la manifesta strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Viene proposto dal Governo e, quasi sempre, approvato dal Parlamento. Ma, si ripete, quest’anno si tratta di un “Def 2018” assai depotenziato per il netto cambio della compagine governativa. Che ha un suo legittimo programma scaturito da un Patto di governo che ha miscelato i programmi elettorali e, notoriamente, va sotto il nome di “Contratto di Governo[3].

Poi abbiamo la “Nadef”, il secondo Documento, di cui qui scriveremo abbondantemente sul caso concreto, che deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del “Def”. Il Documento contiene appunto l’adeguamento degli obiettivi programmatici, le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del “Def” in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea relative al “Programma di stabilità” e al “Programma nazionale di riforma”. In realtà, quest’anno, è proprio la “Nadef” che offre la portata più accreditata ed autentica delle politiche pubbliche volute e avviate dal rinnovato Governo nazionale.

Successivamente, abbiamo il “Documento programmatico di bilancio” (“Dpb”) che è stato istituito dal Regolamento UE n. 473/2013. Entro il 15 ottobre di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione Europea ed all’Eurogruppo un Progetto di “Dpb” per l’anno successivo, nel quale illustrano all’Europa il proprio Progetto di bilancio per l’anno seguente. In specie, il Documento contiene l’importantissimo obiettivo del “saldo di bilancio” e poi le proiezioni future delle entrate e delle spese. Al “Dpb” viene allegato inoltre un documento contenente la metodologia, i modelli economici con le relative ipotesi, e ogni altro parametro attinente su cui si fondano le previsioni di bilancio. Infine, abbiamo l’impatto stimato delle misure aggregate di bilancio sulla, anche da questo nuovo Governo, desideratissima crescita economica. Crescita del Pil per non andare troppo oltre nel rapporto “Debito/Pil”.

In chiusura del ciclo, viene presentata la “Legge di bilancio”, di cui presumibilmente si parla e scrive di più anche sulla stampa non specialistica e su tutti i media. Quella che un tempo, essenzialmente, era la risalente “Legge Finanziaria” e poi dal 2010 “Legge di stabilità”. Essa rappresenta il principale strumento di attuazione degli obiettivi programmatici definiti dal Governo e costituisce la Manovra conclusiva di finanza pubblica per l’anno successivo. La Legge si occupa del bilancio di previsione dello Stato ed è un atto fondamentale che, per significarne l’importanza, ha forma e forza di legge. Il bilancio viene predisposto su base annuale e pluriennale, sia in termini di competenza che di cassa. Con tale Legge il Parlamento autorizza il Governo a prelevare ed utilizzare le risorse pubbliche necessarie per l’esecuzione delle politiche pubbliche e delle attività amministrative dello Stato. In concreto, si tratta del principale Documento contabile per l’allocazione, la gestione e il controllo delle risorse finanziarie dello Stato. L’iter che porta all’approvazione della “Legge di bilancio” annuale e pluriennale inizia con la predisposizione del Disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, che deve essere necessariamente presentato al Parlamento entro il 15 ottobre di ogni anno per consentirne il miglior esame, discussione, etc. Il Documento[4] costituisce la Manovra di finanza pubblica (si veda in nota l’art. 81 della Costituzione)[5] e va approvato dalle 2 Camere entro il 31 dicembre.

Pertanto, questi appena elencati sono i 4 indispensabili Documenti che tecnicamente affrontano i temi di economia e di finanza e sostanziano la programmazione nazionale italiana. Però, e precisamente, solo la “Legge di bilancio” ha i crismi di legge. Gli altri Documenti, per quanto passino al vaglio del Parlamento e di altri Organismi preposti all’esame, sono propedeutici alla “Legge di bilancio”. Ne costituiscono le premesse economico finanziarie e la incanalano.

 

La Relazione al Parlamento sulla Nota di Aggiornamento al DEF 2018

Prima dell’esame della “Nadef 2018”, non facile da sintetizzare perché colma di cifre e di tabelle, cioè sempre molto ricca e interessante dato che ci si trova una summa anche del trascorso e del tendenziale economico-finanziario italiano e oltre, nonché per semplificare e condensare la nostra esposizione, è stimolante e più agevole scorrere diffusamente la “Relazione al Parlamento 2018”. La quale, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della Legge n. 243/2012, viene presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria. Per il taglio piuttosto divulgativo, considerata anche la platea della maggioranza dei Parlamentari scaturiti dalle ultime Elezioni politiche e a cui la Relazione è rivolta, pare qui interessante passarla al setaccio. La “Relazione” riesce bene a riassumere i punti salienti del Programma di Governo che si basa sul “Contratto del Governo” cosiddetto “gialloverde”. Quest’ultimo è nato quale compromesso tra 2 forze politiche che si erano presentate agli elettori in fortissima competizione. Ma, sappiamo com’è andata a finire. Per quanto diverse, dopo i risultati elettorali, tali forze politiche si sono coalizzate per concedere un Governo al nostro Paese. Per ragioni di governabilità. Perché i numeri in Parlamento non pare rendessero possibile altra soluzione. Soluzione discutibile, ma ormai chiara a tutti. Probabilmente la somma, certo non a saldo zero, dei 2 Programmi elettorali è una delle ragioni dello sfondamento dei conti nella “Nadef ”.

La “Relazione al Parlamento 2018” si compone di 5 pagine, di cui la prima per contenere il titolo e i nomi con la qualifica dei presentatori. Lo scorso anno era di 6 pagine. Ovviamente, non è dato sapere chi siano i veri estensori. Sarebbe intrigante conoscerli. I paragrafi sono 4: premessa, i presupposti dell’intervento, le finalità del provvedimento e il piano di rientro. Esattamente gli stessi del 2017. Solo i titoli dei paragrafi sono gli stessi, non certo il contenuto. Comunque, già il quarto e ultimo paragrafo è di suo un programma. Nel 2018 sta un po’ a significare che in futuro, rispetto al piano di rientro, non si rientra, anzi “si andrà di fuori” dal Programma sottoscritto. Solo dopo si rientrerà. Chissà, magari qualcun altro dovrà rientrare. Purtroppo, non sarebbe la prima volta in Italia che c’è chi fa debito e dopo lo lascia ai successori. Come in passato, anche questo nuovo Governo sui basilari potrebbe dimostrarsi già vecchio come altri. Il tempo ce lo dirà. Lo scorso anno non era stato così. Il rientro era una curva in discesa per consentire il rientro effettivo. In corso da anni. Ora è una curva che rimbalza in modo accentuato per risalire. Il rientro viene spostato più in là nel tempo. Questo il Programma economico finanziario.

La “Relazione” ha un taglio, come detto, molto elementare, e si legge con estrema facilità. Insomma, digeribile anche per i non addetti. Purché, da qualsiasi parte politica provengano, posseggano un normale grado intellettivo e non siano offuscati troppo da preconcetti e fanatismo politico. Ognuno può comprenderla piuttosto bene e farsi una propria idea del positivo e del negativo che contiene. Perché ci sono entrambi i segni, con gradazioni che, essendo programmatici, si sveleranno andando avanti.

La “Premessa” occupa una classica cartella. Come nel 2017. Dopo le citazioni di legge, spiega che intende aggiornare il “Piano di rientro verso l’Obiettivo di medio periodo (‘Mto’), già autorizzato con la ‘Relazione al Parlamento 2017’, allegata alla ‘Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) 2017’, presentato alle Camere nel mese di settembre, ed approvata a maggioranza assoluta con apposite risoluzioni delle Camere il 4 ottobre 2017”. Pertanto, si parte pacificamente e senza acrimonia dall’attività svolta dal passato Governo Gentiloni e dal precedente Parlamento. Senza alcun biasimo verso i predecessori o altro di simile. Anzi, forse implicitamente ringraziandoli per aver lasciato i conti abbastanza in ordine. Ciò “permette” l’attuale azzardo del Governo. Insomma, pare di scorgere una certa e inevitabile continuità col passato. Ciò è positivo per la tutela e il rispetto delle Istituzioni repubblicane che sono di tutti, come stabilisce la suprema Carta costituzionale italiana, e non degli inquilini che in democrazia sono sempre transitori. Che sono solo pro tempore. Sono solo passeggeri[6].

Dopo, tuttavia, ecco la prima rilevante novità. Si spiega che la politica di bilancio del Governo, “pur condividendo l’obiettivo della riduzione del Debito pubblico in rapporto al Pil, prevede un diverso percorso di aggiustamento del saldo strutturale rispetto a quanto previsto nel Documento programmatico dello scorso settembre[7]. Una conferma della parziale continuità riguardo alle precedenti politiche governative, perché si utilizza “aggiustamento”. Nel 2017, a pag. 2, era scritto così: “Il nuovo Piano conferma l’impegno del Governo a proseguire nel sentiero di riduzione del disavanzo e dello stock di debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil lungo l’arco di previsione. L’obiettivo di medio periodo rimane il pareggio di bilancio in termini strutturali”. Toni tranquillizzanti. Impegni precisi. Ma già nel 2017 la “Relazione” prorogava qualcosa: “…aggiorna – modificando il Piano di rientro – gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, la durata e la misura dello scostamento, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello scostamento e il relativo nuovo Piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, da attuare a partire dall’esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento”.

Ora si scrive soltanto aggiustamento[8] e non stravolgimento (o cambiamento o rivoluzione o stereotipi del genere) come, di sovente, la retorica da tv, social media o bar usa a piene mani per esaltare le folle e la massa più condizionabile. Però, un aggiustamento nel 2018 del nuovo Governo, su un aggiornamento del vecchio Governo nel 2017, forse può risultare ancor più pericolosa per la tenuta dei conti pubblici. Per noi questa evidenza “moltiplicativa” merita una attenta ponderazione. Non vorremmo che nel 2018 piovesse sul bagnato del 2017. Per cui, viene da pensare che chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Comunque, nel 2018 si parla pacatamente di obiettivi di sostenibilità fiscale (non eccessivo carico), di sostegno alla crescita economica (non di decrescita più o meno infelice) e di salvaguardia della coesione sociale (non di lotta dura tra fazioni se non di rivolta e guerra civile). Poi, nella Premessa, si ricordano fatti molto noti: il Pil reale non ha ancora recuperato i livelli precrisi e “nella prima metà dell’anno l’economia è cresciuta meno delle attese”. Dopo, si sottolineano i rischi importanti per il futuro connessi alle evoluzioni dello scenario internazionale. Per cui, proseguono Conte e Tria, il Governo “intende mettere in campo importanti misure di supporto al sistema economico e al reddito dei cittadini, ferma restando la necessità di ricorrere a strumenti eccezionali per intraprendere un programma di manutenzione straordinaria del sistema infrastrutturale del Paese, ormai non più rinviabile”.

Allora, un po’ il Governo si cautela rispetto a quanto sinora sostenuto dicendo che possibili scostamenti passeggeri del saldo strutturale rispetto all’obiettivo programmatico saranno consentiti solo in caso di eventi eccezionali (e previa autorizzazione approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta). Constatazioni e tesi accettabilissime. Già usate in precedenza. Diremmo quasi ovvie. Lapalissiane. Però, si intendono scostamenti in negativo rispetto al già peggiorato obiettivo programmatico del 2018. Che anche nel 2017 era stato peggiorato. Qui sta la delicatezza di quanto sostenuto dal Governo. Di peggioramento in peggioramento non si rischia troppo ? Con l’effetto additivo, se non moltiplicativo, che cosa si potrebbe nascondere dietro l’angolo ? Speriamo non ci sia un burrone, ma ancora un tratto di strada percorribile. Ma la prudenza ci sembra obbligatoria.

Poi, si precisa che, sentita la Commissione europea, il Governo sottopone all’autorizzazione parlamentare la “Relazione” da far approvare[9] sempre a maggioranza assoluta con la quale “aggiorna – modificando il Piano di rientro – gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, la durata e la misura dello scostamento, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello scostamento e il relativo nuovo Piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, da attuare a partire dall’esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento, tenendo conto del ciclo economico”. Quindi, in definitiva, il Governo pare che ufficialmente non metta affatto in discussione l’obiettivo che viene confermato come negli anni passati, ma chiederebbe solo di modificarlo un po’ in riduzione e rimodularlo lievemente su scala temporale. Questo in atti, senza andare alle dichiarazioni sempre bellicose di esponenti vari (sopra le righe, un po’ da stadio). Allora, in realtà, richieste che richiamano il passato anche di altri Governi. Tutto sommato, al dunque, pare di restare entro il solco della logica e degli impegni europei. E forse, ma dipenderà dalla dimensione reale degli scostamenti, entro il dettato della Carta costituzionale.

La questione vera riguarda la misura e i tempi, sui quali si capirà meglio più avanti. Potrebbero bastare settimane e/o mesi. Ma per darne un giudizio vanno compresi i probabili effetti indotti dallo scostamento del Governo. Non solo gli effetti politici, legittimamente auspicati dalla maggioranza, ma più che altro quelli non cercati, altresì in dinamico divenire. Specialmente l’aumento della spesa per il servizio del debito pubblico. Variabile esogena (salvo misure da economia di guerra). Se crescono gli interessi passivi, come anche il Governo in parte prevede nella Tav. III1a e seguenti, da pag. 35 in poi, passando almeno da Euro 64,5 miliardi del 2018 ad Euro 72,9 miliardi nel 2021, con un balzo di Euro 8,4 miliardi, allora il debito crescerà ancora. Rischieremmo di avvitarci finanziariamente su noi stessi. Andare in deficit montanti, con interessi passivi in lievitazione, vuol dire cancellare le risorse liberate dalla Manovra per i concreti provvedimenti di politica economica. Lo si vedrà dalla definitiva “Legge di bilancio”. La stima degli interessi passivi in crescita potrebbe “mangiarsi” tutto il reddito di cittadinanza o di inclusione che dir di voglia. O altre annunciate riforme politiche. Insomma, si invita alla saggezza e alla cautela. Perché spingersi oltre, con troppi azzardi, potrebbe far imboccare una strada di non ritorno. Che pagherebbero gli italiani.

Ad ogni modo, la prima impressione tecnica, a leggere questa Premessa nera su bianco di Conte e di Tria, è che tutto sembra abbastanza consueto e ordinario. Quasi ripetitivo. Nonostante un Governo che si autodefinisce diverso, ecco un allungamento con leggera deviazione del percorso di rientro dal deficit. Sembra una cosa modesta. Ma sarà proprio tutto così ? Vedete, se hai l’acqua alla cintura, 5 centimetri in più o in meno, contano poco. Se l’acqua è alla gola, o lambisce la bocca, 5 centimetri in più o in meno fanno la vita o la morte. E il livello dell’acqua non dipende solo dalla tua volontà. Perché la fiducia te la devono riconoscere gli altri. Non basta quella che ti dai o che ti riconoscono i tuoi fans[10].

Proseguendo, abbiamo il primo paragrafo sui “Presupposti dell’intervento[11]. Sono quasi 2 cartelle. Si tratta di un riepilogo della parte più quantitativa della “Nadef”. Dapprima si constata che il Prodotto in termini reali dell’economia non ha ancora recuperato il livello precrisi. Insieme si evidenzia che i divari territoriali fra Nord, Centro e Sud si sono allargati. La quota di Pil generata nel Nord è aumentata del 1,2%, mentre quella del Sud e delle Isole è diminuita del 0,9%[12]. “È anche aumentato il numero di persone che si trovano in condizioni di povertà, deprivate materialmente o appartenenti a famiglie a bassa intensità di lavoro, passato dai 15 milioni circa del 2008 agli oltre 17,4 milioni del 2017. Tale risultato ci allontana di quasi 4,5 milioni dall’obiettivo di Europa 2020, che dovremmo raggiungere nei prossimi 2 anni[13].

Il Governo, con il Presidente del Consiglio dei Ministri, Signor Professor Giuseppe Conte, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Signor Professor Giovanni Tria, con i 2 Vicepresidenti del CdM, Signor diplomato liceale classico Matteo Salvini, e il Signor diplomato liceale classico Luigi Di Maio, che ha deliberato la “Relazione”, nonché Camera e Senato che l’hanno votata a larga maggioranza, ci fanno notare che ciò ci allontana di quasi 4,5 milioni dall’obiettivo di Europa 2020, che dovremmo raggiungere entro 2 anni[14]. Si sostiene come negli ultimi anni si sono riscontrati alcuni segnali positivi per la crescita dell’economia italiana, che tuttavia non sono ancora pienamente consolidati[15]. Si fa notare che la ripresa è continuata nella prima metà del 2018, ma a un ritmo inferiore alle attese. Il tasso di crescita annualizzato del Pil, che nel 2017 era stato in media pari all’1,6%, purtroppo è sceso allo 0,9%. La previsione di crescita del Pil per il 2018 scende dall’1,5% all’1,2%[16]. Si ritiene che tale contrazione sia dovuta ad un andamento leggermente inferiore rispetto alle attese dei consumi delle famiglie[17] e assai peggiore per le esportazioni[18]. Sebbene si metta in risalto, a pag. 20, quanto segue: “Le esportazioni di beni e servizi nel 2017 hanno fornito un forte impulso all’attività economica dell’Italia, crescendo del 5,7% in termini reali secondo i conti annuali, in forte accelerazione in confronto al 2,1% del 2016”.

In questa analisi, il Governo rimarca che ha pure pesato la perdita di slancio di alcuni Paesi di destinazione del nostro export e il forte deprezzamento del tasso di cambio di altri Paesi. Stimolante, per una breve considerazione, l’importante sottolineatura che il calo dell’export è stato particolarmente accentuato in mercati e per prodotti che sono stati oggetto di politiche commerciali e industriali di stampo protezionistico. Quindi, in questo passaggio si accusa chiaramente il protezionismo di fare danni. Il Governo così non sembra voglia allinearsi con chi prova ad avanzare in Europa e in Italia utilizzando parole d’ordine in parte collegate al secolo buio delle 2 guerre mondiali. Cioè al nazionalismo, al sovranismo, all’autarchia, ecc. ecc. che, oltre ad aver fatto scoppiare guerre massacranti e terribile pulizia etnica, stanno segnando una deriva politica condotta in Europa e in Italia da alcuni personaggi estremisti piuttosto individuabili. Il Governo non pare che si voglia affidare a tali politiche antieuropeiste e di ritorno ad un passato che tutti dovremmo ricordare. Per evitarne qualsiasi riedizione. Sotto qualsiasi veste.

Il nostro ulteriore commento a questo giusto rilievo del Governo è che, in un periodo di dazi e protezioni lanciati e attuati in primis dal Presidente Usa Trump[19] (di cui conosciamo l’endorsement al Governo Conte ed alcuni suoi esponenti), l’analisi sproni il Governo a contrastare e fermare, con la povertà, la guerra dei dazi e delle barriere doganali[20]. La mobilità, certo controllata, di beni, di capitali e di persone è alla base del progresso di cui stiamo tutti godendo. Chi è più giovane talora non ha sufficiente memoria storica. Ma un tempo non lontano, anche nell’Occidente culla di Civiltà, c’erano guerre, sommosse, carestie, mortalità, epidemie, infanzia negata. Oggi, pur con tutte le palesi contraddizioni, si vive molto meglio. Mai dimenticarlo. Sarebbe un errore madornale che potrebbe trascinare ad una regressione storica. Con chissà quali esiti nefasti[21].

Così, prosegue la “Relazione” di Conte e Tria e approvata dal CdM, per i prossimi 3 anni si prevede che le variabili esogene svolgano un effetto meno benigno sulla crescita del Pil rispetto a quanto prospettato nel “Def 2018”. E qui un elenco di criticità non controllabili: le proiezioni del prezzo del petrolio sono cresciute, l’andamento del commercio mondiale pare meno positivo, il tasso di cambio ponderato dell’Euro si è rafforzato e i tassi di interesse e i rendimenti sui titoli pubblici sono più elevati. Per cui, sostiene il CdM, la crescita del Pil prevista per il:

  • 2019 scende dall’1,4% del “Def” allo 0,9%;
  • 2020 cala dall’1,3% all’1,1%;
  • 2021 si riduce dall’1,2% all’1,1%.

Altro tema fondamentale che viene toccato è l’occupazione. Abbiamo note positive. Se ne prevede la crescita nel prossimo triennio. Sebbene, il tasso di disoccupazione sia stimato al 10,6% nel 2018, al 10,0% nel 2019, al 9,9% nel 2020 e al 9,5% nel 2021. E qui si precisa che “il Governo ritiene che i tassi di crescita del Pil e dell’occupazione previsti nello scenario tendenziale siano inaccettabilmente bassi. È, inoltre, necessaria un’azione incisiva che, tramite un appropriato programma di investimenti, ponga le basi per la soluzione del problema dei divari territoriali”. Per cui, ragionevolmente criticando, si dice che gli obiettivi di indebitamento del precedente Governo non consentono di sollevare gli investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione, di cui il Paese ha bisogno. Ne conseguirebbe che, per concretizzare i punti qualificanti del proprio Programma, il nuovo Governo cercherà in ogni modo di conseguire tassi di aumento del Pil molto più elevati e ridurre decisamente il divario di crescita verso l’Europa. Comunque, puntando ad un obiettivo di indebitamento netto in diminuzione negli anni 2020 e 2021. Vedremo.

Sul tema centrale della programmazione, nel 2017, erano altri gli impegni del precedente Governo Gentiloni con Padoan, come da loro “Relazione alla ‘Nadef’”. A pag. 4: “… il nuovo obiettivo di indebitamento passa all’1,6% del Pil, che segna comunque un’accelerazione del processo di riduzione del deficit. Per il biennio successivo, si continuerà nella direzione del conseguimento sostanziale del ‘Pareggio di bilancio’ nel 2020, sia in termini nominali, sia strutturali”. Qui sta una differenza marcata tra vecchio e nuovo Governo. Che, come sembra da quando lo spread è ripreso a salire, risulta evidente e significativa a chi volesse comprare i titoli pubblici in scadenza e/o di nuova emissione per il rifinanziamento del debito. Qui sta la lievitazione dello spread che è il premio di rischio che i finanziatori chiedono per comprare i titoli pubblici.

Ora si giunge, dopo le motivazioni, al cuore della “Relazione” col paragrafo intitolato “Finalità del provvedimento”. Occupa una cartellina. I destini dell’Italia sono appesi a questa ventina di righe dattiloscritte. O, per meglio dire, digitate.

Si spiega che le misure che si intendono proporre con il “Disegno di legge di bilancio” per il triennio 2019-2021 prevedono interventi per sostenere la crescita economica, anzitutto con il rilancio e il potenziamento degli investimenti pubblici e privati[22]. Si garantiscono alcune disposizioni finalizzate a migliorare l’inclusione sociale e l’incentivazione del ricambio generazionale nei luoghi di lavoro, anche allo scopo di potenziare le competenze necessarie all’innovazione. Poi si precisa che l’obiettivo di indebitamento netto è fissato al 2,4% del Pil nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Ora altro aspetto strategico: le risorse derivanti dal peggioramento[23] dell’obiettivo di indebitamento netto sono finalizzate a evitare gli aumenti Iva previsti dalla legislazione vigente nel 2019 e a ridurli[24] per il biennio successivo, a finanziare le misure in tema di lavoro[25], protezione sociale, fisco, pensioni e investimenti, che saranno definite con la prossima legge di bilancio. Il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 68,5 miliardi nel 2019, 56,5 miliardi nel 2020 e 45,5 miliardi nel 2021. Il corrispondente saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 147 miliardi nel 2019, 110,5 miliardi nel 2020 e 96 miliardi nel 2021. Cifre che lasciano fin troppo a bocca aperta, considerato la massa del nostro debito. Riuscirà l’Italia a farsi finanziare ? Si scoprirà nel tempo.

Un flash back, con Gentiloni e Padoan nel 2017, nello stesso paragrafo, a pag. 6: “L’approccio di politica economica che il Governo continua a ritenere più appropriato è incentrato su un miglioramento graduale e nello stesso tempo strutturale della finanza pubblica, fondato sulla revisione della spesa, su una maggiore efficienza operativa nelle Amministrazioni Pubbliche e sul contrasto all’evasione e all’elusione fiscale. Le misure che si intende proporre con il ‘Disegno di legge di bilancio per il triennio 2018-2020’ operano in continuità con le politiche già adottate negli anni precedenti. In tal senso, saranno introdotte misure in favore della crescita attraverso l’incentivazione degli investimenti privati e il potenziamento di quelli pubblici, con il duplice obiettivo di supportare la competitività del Paese e stimolare la domanda aggregata, oltre a interventi per promuovere la crescita occupazionale in particolare dei giovani e sostenere i redditi delle famiglie più povere. L’obiettivo di indebitamento netto per il 2018 è rivisto dall’1,2 del Def all’1,6% del Pil, in coerenza con un obiettivo di saldo strutturale dell’1,0% del Pil…”. Un messaggio più tranquillizzante. Sebbene non esattamente rispettoso degli impegni presi in precedenza dal Governo Renzi. Lievemente peggiorativo. Però, questo il punto, entro una curva sempre discendente. Difatti, non è stato ritenuto così preoccupante. Alla luce delle reazioni dei mercati finanziari che hanno fatto calare lo spread dei Btp a 10 anni sul Bund tedesco, dal picco di oltre 200 punti base nel maggio 2017, ad un minimo di poco sopra 100 punti base nell’aprile 2018. Lo spread, in generale, nel periodo dopo il 2014 ha oscillato sui 150 p.b. Adesso è schizzato al doppio. Sappiamo che la durata media dei titoli pubblici è stata, positivamente, allungata ad oltre 6 anni (dai meno di 3 in anni di forte inflazione). Quindi, il processo di adattamento dei tassi sarà lento e pagato di più dai prossimi 3 anni in avanti. Ma, tanto per dare il senso di cosa significhino 150 p.b. destinati a pagare gli interessi sul debito del Paese, basta pensare che assumendolo in Euro 2.300 miliardi, abbiamo un extra costo di circa Euro 35 miliardi annui. E, tutto il gap attuale di 300 p.b. con la Germania, ci costa circa Euro 70 miliardi annui. Gli interessi passivi, a medio e lungo termine, si potrebbero mangiare tutte le redistribuzioni per poveri, pensionati, lavoratori, etc., fissate dal Governo. E il carico fiscale al margine servirebbe solo a pagare gli interessi passivi a vantaggio della rendita finanziaria nazionale e internazionale. Una prospettiva, a dir poco, sgradevole. Ne godrebbero i grandi capitali che si dice di voler contrastare. Ecco perché si deve stare ben attenti a come si maneggiano i conti in questa “Nadef”. Lo spread potrebbe diventare vera nitroglicerina per le finanze italiane (che fa male non solo se esplode, ma pure se la beviamo a piccoli sorsi…). Occhio ragazzi !

In conclusione, eccoci all’ultimo paragrafo dal titolo “Il Piano di rientro”. Non è molto lungo. Con 14 brevi righe, il Governo svolge il compitone o il compitino. A seconda di come si voglia giudicare. Perché, rispetto ad un futuro denso di incognite, a nostro modesto avviso, le cose trascurate ci sono e/o non sono state sbalzate e/o messe ben in rilievo. Talora pare che nell’esposizione siano completamente scansate, se non ignorate. Quasi che disturbino una prestabilita narrazione da diffondere alla maggior parte delle persone la quale, sicuramente, non ha la strumentazione tecnica o non è avvezza a possedere le materie economico finanziarie. Un atteggiamento che può darsi sia arrischiato, innanzi alla oggettività e alla tremenda forza della effettività, se le cose dovessero prendere un piano inclinato. Se dovessero andare male. Nessuno se lo augura. Ma, le attese che si suscitano, senza far presente al Popolo i rischi esistenti, può far diventare tutta questa storia miscela esplosiva.

Comunque, che cosa si sostiene in conclusione della “Relazione al Parlamento”. Il Governo intende riprendere la strada della convergenza verso il Pareggio “solo dopo che la crescita economica si sarà consolidata, in particolare quando il tasso di crescita del Pil reale ed il tasso di disoccupazione saranno tornati ai valori pre-crisi. Per chi qui analizza, questa frase è un poco sibillina e potrebbe nascondere un rimando alle calende greche. Una frase, questa, che se letta secondo una certa ottica, potrebbe essere preoccupante. Il Governo, però, motiva quanto sostiene. “L’esperienza degli anni passati, infatti, ha dimostrato che una politica di stimoli graduali e limitati ad un orizzonte annuale non è stata sufficiente a rilanciare appieno l’economia. L’approccio che il Governo intende seguire combina responsabilità fiscale e stimolo alla crescita…”. Ma sarà stato e sarà proprio così ? Per poi stabilire che, “… In termini strutturali, ciò corrisponderebbe ad un incremento dell’indebitamento netto pari allo 0,8% nel 2019 e alla costanza del medesimo in ciascuno degli anni 2020 e 2021. In questo scenario il sostanziale raggiungimento dell’Mto, ovvero il ‘pareggio di bilancio’ in termini strutturali, sarà raggiunto gradualmente negli anni a seguire”.

Insomma, con queste motivazioni si interrompe la virtuosa via del risanamento dei conti italiani che aveva portato a tangibili e importanti risultati concreti (crescita, occupazione, investimenti, export, ecc.). Tutto sommato, riconosciuti anche dal nuovo Governo. Però al nuovo esecutivo non basta. Il successo alle Elezioni si è costruito anche su una serie di promesse, può darsi un po’ avventate, pur di prendere i voti degli italiani. Ora gli elettori vanno all’incasso. Si aumenta l’indebitamento lasciando al 2022 e anni seguenti il compito di risolvere le questioni economico finanziarie del Paese. Questo modo di procedere non ci fa proprio ben sperare per il futuro. Se va bene, ottimo. Ma se va male, faremo in tempo a tornare indietro ? O ci stiamo avviando su un mare senza ritorno ? Saranno le mitiche e speranzose Caravelle o sarà il presuntuoso e drammatico Titanic ? Per ora, con le misure (reddito cittadinanza, pensioni, ecc.) che sono in deficit, ci viene in mente l’azione politico-economica di alcuni Governi del lontano passato. Governi aborriti, a parole, dalla leva di questi nuovi politici. Però, adesso, finanziariamente riprodotta. La stessa china. Un’azione che alla fine, a parte le questioni morali, ci ha lasciato la montagna del debito pubblico. Azione nefanda, che si può leggere in un qualsiasi manuale di storia economica del dopoguerra italiano. Ma tant’è. Aspettiamo con rispetto per le intenzioni del Governo, ma con grande apprensione per gli esiti in Italia.

 

Alcuni argomenti di fondo nella Premessa della “Nadef 2018”

Ora veniamo alla vera e propria “Nadef 2018”. Tutto compreso si compone di 138 pagine. Circa 30 pagine in meno rispetto alla “Nadef 2017”. Che ne contava 166. Resta pur sempre un Documento complesso. Sarebbe molto interessante, sotto un profilo strettamente tecnico, effettuare una comparazione delle rispettive strutture, delle tabelle più o meno contenute e dei vari dati. Oltre il 20% in meno di pagine potrebbe stare a significare qualcosa. Si potrebbero provare diversità interessanti. Ma qui non sarebbe il caso. Non rientra nei limiti di questa nota di analisi e di commento.

Così, prosegue “Nadef” sullo standard usuale. Ovvero, dopo l’Indice (ma senza indicazione delle pagine) i Capitoli sono: quadro complessivo e obiettivi di politica di bilancio; quadro macroeconomico; indebitamento netto e debito pubblico; la strategia di riforma del governo. Quindi, appendice; allegati; indice delle Tavole (n. 22); indice delle Figure (n. 7); indice dei Box (n. 15). Un materiale completo.

Comunque, per la vastità del Documento, e la limitatezza di questa nota da rivista tecnica, se ne possono tratteggiare solo alcuni passaggi. I presentatori al CdM sono sempre Conte e Tria. In “Premessa” si scrive che “il ‘Contratto’ firmato dai leader della coalizione di Governo formula ambiziosi obiettivi in campo economico e sociale, dall’inclusione al welfare, dalla tassazione all’immigrazione. Vi è inoltre una pressante esigenza di conseguire una crescita più sostenuta dell’economia e dell’occupazione e di chiudere il divario di crescita che l’Italia ha registrato nei confronti del resto d’Europa nell’ultimo decennio. Se i primi 3 obiettivi sono usuali, l’ultimo sulla immigrazione, in un Documento economico desta una certa sorpresa. O, dati i tempi, forse no. Poi si sostiene: “Ciò richiede un cambiamento profondo delle strategie di politica economica e di bilancio che negli anni passati non hanno consentito di aumentare significativamente il tasso di crescita, ridurre il tasso di disoccupazione e porre il rapporto debito/PIL su uno stabile sentiero di riduzione. Qui i cenni critici sul passato sono più accentuati. Esplicitamente si vuole “produrre quel consenso e stabilità sociale che sono la base per la creazione di un ambiente favorevole alle attività economiche. Non si parla di consenso elettorale, ma pare implicito al disegno politico. Le Elezioni europee si approssimano. L’ambizione è massima, quasi eccessiva poiché “la strategia di politica economica del Governo è quindi quella di affrontare efficacemente questi problemi ponendosi l’obiettivo di ridurre sensibilmente entro i primi 2 anni della Legislatura il divario di crescita rispetto all’Eurozona e in tal modo assicurare la diminuzione costante del rapporto ‘Debito/Pil’ in direzione dell’obiettivo stabilito dai Trattati europei[26]. Quindi, subito più debito, che è certo. Dopo crescita del Pil, che è meno certa. Certo per incerto. Si tratta di una strada che insegue sicuramente il consenso popolare di chi sarà beneficiario attraverso l’incremento del debito. Ulteriore debito che, se non cresce a sufficienza il Pil, sarà inevitabilmente pagato dalle future generazioni. Sembra un poco una replica dei vecchissimi Governi. Tra l’altro, molto rischiosa in base ai consolidati canoni e alla dottrina macroeconomica degli ultimi decenni. Sembra quasi una scommessa. Un azzardo ? Probabilmente lo sapremo abbastanza presto.

Dopo aver trattato gli investimenti, che affronteremo con gli Enti Locali, una razionale conferma rispetto alle politiche dei Governi più precedenti: “In questo quadro assume particolare rilievo un rinnovato impegno del Governo a promuovere la liberalizzazione nei settori ancora caratterizzati da rendite monopolistiche e da ostacoli alla concorrenza, con risultati benefici sul fronte dei prezzi, dell’efficienza e degli incentivi all’innovazione. Settori strategici per la crescita su cui il Governo punterà anche per realizzare opportune sinergie pubblico-privato sono in particolare quelli della ricerca scientifica e tecnologica, della formazione di capitale umano, della innovazione e delle infrastrutture, in quanto portatori di effetti rilevanti e duraturi sulla produzione e la capacità del Paese di creare valore”.

Poi si va ai temi tanto cari al “Contratto di Governo”: “Lo strumento del reddito di cittadinanza che verrà posto in essere fin dal prossimo anno è un obiettivo primario del Governo ed è necessario per assicurare un più rapido ed efficace accompagnamento al lavoro dei cittadini. Esso ha il duplice scopo di garantire la necessaria mobilità del lavoro e un reddito per coloro che nelle complicate fasi di transizione, determinate dai processi di innovazione, si trovano in difficoltà. Tale misura eliminerà al tempo stesso sacche di povertà non accettabili nel settimo Paese più industrializzato del mondo”. Vedremo. Perché c’è chi, esperto di politiche del lavoro, lo definisce più che altro un semplice sussidio mascherato. Puro assistenzialismo. Che disincentiva la ricerca del lavoro, specie al Sud. E implementa il lavoro nero, facendo sommare il cd. “reddito di cittadinanza” a quello del lavoro in nero. Che evade tasse e contributi. Riducendo il gettito fiscale e quello dei contributi per le pensioni. Forse il cane che si morde la coda. Un salasso a debito senza effettivi ritorni di sviluppo economico. Alcuni dicono acchiappa voti. Per la gioia dei pigri nullafacenti. O che poco o nulla hanno fatto nella vita. Insomma, uno strumento tutto da scoprire. Pieno zeppo di incognite in un Paese dove le false invalidità, i falsi lavori stagionali, i falsi senza casa e tanti altri falsi (o truffe) inquinano la società e gravano sui conti pubblici.

Quindi, il Governo afferma che “… è necessaria una riforma del sistema pensionistico allo scopo di promuovere il rinnovo delle competenze professionali necessarie a supportare il processo di innovazione. L’attuale regime, infatti, pur garantendo nel lungo periodo la stabilità finanziaria del sistema previdenziale, nel breve e medio periodo impedisce alle imprese il fisiologico turnover delle risorse umane impiegate. Per consentire al mercato del lavoro di stare al passo con i progressi tecnologici è oggi necessario accelerare e non ritardare questo processo e dare spazio alle nuove generazioni interrompendo il paradosso per il quale giovani, anche con elevata istruzione, rimangono fuori dal mondo produttivo mentre le generazioni più anziane non possono uscirne”. Tesi molto interessante che i fatti dimostreranno se consistente oppure no. Per ogni pensionato un occupato ? Vedremo.

Inoltre, si ritiene: “… necessario semplificare il Sistema di tassazione diretta e indiretta, riducendo allo stesso tempo la pressione fiscale su imprese e famiglie, come più volte raccomandato anche dalle Istituzioni internazionali. Dal prossimo anno si inizierà ad agire in modo deciso sulla tassazione delle imprese. I vincoli finanziari entro cui si attuerà il programma sono stringenti: la pressione fiscale in Italia rimane assai elevata, e il quadro tendenziale di finanza pubblica, ereditato dal precedente Governo, prevede un ulteriore inasprimento dell’Imposizione indiretta, contro cui il nuovo Parlamento si è già pronunciato, impegnando il Governo ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all’aumento delle aliquote Iva e delle Accise su benzina e gasoli. In linea di principio, la riduzione della pressione fiscale va sostenuta. Ma altre misure in ponte del Governo, che taglierebbero alcuni benefici fiscali in essere, potrebbero comportare un saldo reale non positivo, ma negativo. Così per autorevoli fiscalisti. Anche in questo caso non ci resta che attendere. Prima di tutto la “Legge di bilancio” dopo gli emendamenti finali. Quando sarà pubblicata sulla G.U.

Da ultimo si torna alla questione di fondo: “Di importanza fondamentale è anche la riduzione del Debito pubblico in rapporto al Pil, che da ormai 30 anni vincola le politiche economiche e sociali dell’Italia e che – a prescindere dalle regole di bilancio europee – va affrontato al fine di liberare spazi di bilancio e ridurre la pressione fiscale… Il Governo intende seguire un approccio che combini responsabilità fiscale e stimolo alla crescita, assicurando una graduale riduzione del rapporto ‘Debito/Pil. Un impegno certo giusto e solenne. Non una promessa da marinaio. Vedremo se le misure, gli strumenti, i criteri e le tecniche condurranno all’obiettivo certo condivisibile in linea di principio. Considerando quanto da noi già scritto in precedenza, ci sia concesso il dubbio: Debito certo, Pil incerto. Comunque, chi vivrà vedrà.

Un corollario con critica alla UE: “È altresì necessario che le politiche europee e le regole fiscali comuni siano maggiormente orientate alla crescita e alla convergenza economica fra i paesi dell’Area Euro. Il Governo intende giocare un ruolo critico ma anche propositivo e propulsivo riguardo all’approfondimento dell’Unione Monetaria e alle politiche dell’Unione Europea, al fine di rafforzare la crescita economica e sociale e il ribilanciamento fra paesi membri in termini di livelli di reddito e di occupazione”. Sono affermazioni assolutamente pregevoli. Ma dovremo scoprire, agli effetti pratici, di quali contenuti saranno riempite con la “Legge di bilancio”, i Collegati e via dicendo. Ed entro quali prospettive politiche si collocano: tentare di affossare l’Europa o cercarne il rilancio ? Perché il prevalere di taluni approcci ideologici molto retrò o di certe visioni assai estremistiche, alla fin fine potrebbe demolire e non riformare. Come si dice che si vorrebbe. Comunque, con il rischio di indebolire e non rafforzare l’Europa. Senza la quale si tornerebbe molto indietro. In tempi di globalizzazione impossibile da fermare, compromettendo così il ruolo decisivo, pacificatore e civilizzante del nostro Occidente. Ci vuole abilità nell’usare freno e acceleratore e tenere il volante. Specie se l’asfalto è bagnato e minaccia forte pioggia. Non sappiamo se i nuovi governanti sono davvero piloti da Formula 1 o soltanto guidatori della domenica. Spinti dal destino su una Ferrari. Non ci resta che aspettare e vedere.

Nel paragrafo “Obiettivi di crescita e di finanza pubblica” si scrive: “Il programma fiscale ereditato dal precedente Governo non consentirebbe inoltre di attuare i punti qualificanti del ‘Contratto di Governo’ e di promuovere il rilancio degli investimenti poc’anzi prospettato. Si intende pertanto adottare una politica fiscale meno restrittiva…”. Quindi, si riconferma il 2,4% nel 2019, ecc.. Poi: “Si ritiene tale livello compatibile sia con le esigenze di stimolo all’economia sia con la volontà di mantenere una gestione delle finanze pubbliche stabile ma più graduale e meglio congegnata rispetto allo scenario tendenziale”. Si utilizza il verbo “ritenere”. Ma non si dimostra sulla base di quale dottrina economica prevalente si ritenga di violare le norme e i trattati. Si impiega un’affermazione che, a chi scrive, pare squisitamente politica. Senza sicure basi tecniche. Come detto dallo stesso Governo, una “ambizione”. Sembra che al momento presente nessuno riesca a dissuadere oppure a contrastare questa volontà nettamente politica e non economico-finanziaria. Speriamo bene. Osserveremo gli sviluppi. Tifando sempre per l’Italia.

Si ritiene positivo il seguito: “Il Governo ritiene inoltre opportuno intervenire sulle ‘clausole di salvaguardia’ ereditate dal passato attraverso la totale sterilizzazione degli aumenti previsti per il 2019 e la loro riduzione per il biennio successivo. Nel ‘Programma di stabilità 2019’ sarà presentato un Piano di intervento volto a sostituire le residue ‘clausole di salvaguardia con interventi di riduzione della spesa e di potenziamento dell’attività di riscossione delle Imposte”. Sebbene nella “Nadef” vera e propria si precisi che “gli aumenti di Iva e Accise previsti dalla legislazione vigente per gli anni 2020 e 2021 verranno parzialmente cancellati, rinviando al ‘Programma di stabilità 2019’ la definizione di interventi…”. Questa sterilizzazione aiuta nel 2019 gli Enti Locali che sono in gran parte “consumatori finali”. Resta da vedere come saranno innocuizzate le clausole nel 2020/2021.

Infine, il paragrafo “Punti essenziali del programma di politica economica e finanziaria”, che ribadisce una serie dei punti qualificanti di questa compagine governativa: (a) reddito di cittadinanza; (b) pensionamento anticipato per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani; (c) flat tax a favore di piccole imprese, professionisti e artigiani; (d) taglio imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi; (e) investimenti pubblici e nella ricerca scientifica e tecnologica; (f) promozione dei settori-chiave dell’economia, in primis il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni.

Meno male che si chiude ammettendo nuovamente che è un “programma ambizioso”. Altresì avvertendo chi legge la “Nadef”, con onesta moderazione e parecchia prudenza, che verrà attuato progressivamente. Non resta che sperarlo. Segue la firma del Ministro Tria.

[1] Non stiamo qui ad elencare le innumerevoli e quasi unanimi voci di disapprovazione che provengono dagli Organismi deputati a giudicare le scelte economico finanziarie del Governo. Sarebbe un Calvario. Quindi, in questa nostra analisi, non citeremo la Commissione europea, la Banca centrale europea, i Servizi parlamentari, la Corte dei conti, la Banca d’Italia, il Fondo monetario internazionale, le Agenzie di rating. Per ora lasciamo tutto alla cronaca in corso. Noi ci concentreremo unicamente sulla ‘Nadef’ in quanto tale. Analizzata dal ns. modesto punto di vista. Con riferimento conclusivo e specifico agli Enti Locali. Questo il compito che ci siamo assegnati.

[2] Chi scrive aggiunge concettualmente: “dalla saggezza alla stupidità”. Con Ludovico Ariosto, anche oggidì molti sono quasi impossessati dalla follia di Orlando furioso. E così la stupidità tende ancora a spadroneggiare nell’essere umano. Si tratta di irrazionalità (non del nobile animal spirit di keynesiana memoria) e del prevalere delle basse emozioni (la pancia). Stuzzicate da “pubblici sobillatori”. La mancanza di capacità mediatrice, il non saper praticare l’arte della negoziazione, i toni spesso furibondi, il voler sempre dire male dell’altro, la rabbia condita con l’odio, il dileggio miscelato con l’ignoranza, le falsità costruite a tavolino, ecc., che corrono sui social, e altrove, possono far inaspettatamente prevalere nell’uomo e nelle masse la parte peggiore. Pure la stupidità, per l’appunto. Purtroppo, la ricerca dei voti ad ogni costo, diffondendo nella società questa pianta velenosa che esalta come una droga, potrebbe condurre a sbocchi imprevedibili. Si spera sia posto un argine dalle persone responsabili, in primis dentro il Governo, la maggioranza e la minoranza rispetto ad una deriva che annebbia le coscienze e abbrutisce le menti. Il Futuro migliore si costruisce con la saggezza.

[3] Come noto, il termine “contratto” è preso in prestito da un essenziale istituto privatistico di natura romanistica. Si trovava nel diritto dell’Antica Roma. Una grande Civiltà. Un grande Impero. In tempi moderni, è stato comunque modellato prima della formazione, circa 2 secoli fa, del diritto pubblico sorto con la creazione dei primi Stati nazionali. Da ultimo in Italia il contratto, che nella sua organicità si trova sotto il Libro IV “Delle obbligazioni”, fu regolato da grandi giuristi, padri del Codice civile, nel 1942. Anche se il richiamo al “contratto” si sostiene, ovviamente, che sia evocativo del recente accordo di governo in Germania.

[4] Nello specifico, il bilancio di previsione è costituito da uno stato di previsione dell’entrata e da tanti stati di previsione della spesa quanti sono i ministeri con portafoglio, con le allegate appendici dei bilanci delle amministrazioni autonome, e dal quadro generale riassuntivo con riferimento al triennio.

[5] Anche per chiederci via via, a parte i Trattati europei, se i documenti in corso sono costituzionali o meno, si riporta testualmente: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali… Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale”.

[6] Purché si intenda restare in un regime democratico. Esempi a noi vicini, per storia e geografia, dimostrano che la democrazia si deve riconquistare ogni santo giorno. Non è acquisita per sempre. C’è chi, avendo preso legittimamente il potere, poi fa un pensierino a forme di dispotismo. Anche in questi anni, basta guardare a Polonia e Ungheria. Si deve sempre vigilare. Prima che sia troppo tardi.

[7] Ci si riferisce alla “Nadef 2017”. A pag. 6 della “Relazione” di allora era scritto: “Il Governo, sentita la Commissione Europea, si impegna quindi a continuare il percorso di convergenza verso l’Mto nel biennio 2019-2020, prevedendo, come detto, una riduzione del deficit nominale a 0,9% del Pil nel 2019 e allo 0,2% nel 2020”. Va ricordato che la regola del “Pareggio di bilancio” è norma costituzionale. Il Disegno di legge costituzionale è stato definitivamente approvato il 18 aprile 2012. Il testo scaturisce dall’unificazione di 6 Proposte di iniziativa parlamentare e un Disegno di legge governativo, il cui esame è iniziato presso la Camera dei Deputati (A.C. 4205 e abbinate). Raggiunto il quorum dei due terzi dei componenti nella seconda votazione, nei 2 rami del Parlamento, la modifica costituzionale non è stata sottoposta a referendum popolare.

[8] Dal Vocabolario Treccani: “… aggiustamento del tiro è usato anche in senso fig. (nel linguaggio politico, sindacale, aziendale, etc.), per indicare una variazione di programma, di comportamento, di atteggiamento, o anche di giudizio, imposto o suggerito dagli sviluppi della situazione o da ragioni di opportunità ...”.

[9] Ricevuto il voto favorevole di Camera e Senato l’11 ottobre 2018.

[10] Chi scrive, da convinto europeista e conoscitore delle raffinate ed efficaci politiche monetarie della Bce guidata dal Prof. Mario Draghi, che fanno parte della miglior dottrina e pratica economico-finanziaria, rifugge anche solo dall’idea di commentare le sciocchezze che si sentono dire contro l’Euro. E recede dalla tentazione di criticare il cd. “Piano B”, o altre amenità del genere, sproloquiate da alcuni personaggi che occupano l’etere. Solo questo per il lettore: l’uscita dall’Euro con il ritorno alla Lira, ecc. taglieggerebbe il risparmio mobiliare e immobiliare degli italiani. E, con l’inflazione generata, farebbe perdere in modo disastroso il potere d’acquisto a quasi tutti. Una immane illusione finanziaria avere più Lire in tasca. L’impoverimento dei percettori di reddito fisso (stipendiati, salariati, pensionati, piccole rendite, lavoro autonomo, ecc.) porterebbe miseria. Viceversa, chi ha grandi capitali si sarebbe già potuto cautelare. Uscire dall’Euro, confondendo le cause della situazione attuale con lo scudo costituito dalla moneta unica, è assurdo. Come dire che i vaccini creano le epidemie. In Italia una scelta no-euro sarebbe una gigantesca redistribuzione a favore dei più ricchi per colpire il ceto medio e i più poveri. Una atroce follia. Che un Ariosto dei nostri tempi saprebbe dove rispedire. Ben oltre la Luna. E, forse, anche oltre Marte. Anzi, sparata sul Sole per farla incenerire.

[11] Nella Tabella I.1 della “Nadef” – “Quadro macroeconomico tendenziale”, con Pil, deflatori, disoccupazione, bilancia pagamenti, ecc., si precisa che “il quadro economico tendenziale qui presentato è stato validato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio in data 19 settembre 2018”.

[12] Il differenziale, come sembra, è del 2,1%. Molto ampio considerando che il Sud è già molto indietro. Per cui è dimostrato che anche in questo periodo si accentuerebbe il divario Nord/Sud.

[13] Nel Report Istat 26 giugno 2018, dal titolo “La povertà in Italia”, per l’anno 2017 si calcolano in 5,058 milioni i poveri assoluti e in 9,368 milioni i poveri relativi. Il totale fa 14,426 milioni. Un dato terribile. Però, diverso da quello scritto nella Relazione al Parlamento. Che è superiore di 3 milioni di persone. Circa il 20%. In cuor nostro ci auguriamo che i poveri assoluti e relativi siano di meno e non di più. Per evidenti ragioni.

[14] A riprova che l’Europa è guardata con rispetto, senza delegittimazione rispetto alle piazzate di alcuni.

[15] Implicitamente si riconosce il lavoro positivo dei precedenti Governi. Correttezza e altro segnale distensivo.

[16] Così, senza attacchi al Governo precedente, si esprime il nuovo Governo a pag. 16: “Il rallentamento della crescita nella prima metà dell’anno è ascrivibile principalmente al venir meno del contributo positivo del Settore estero, che aveva invece supportato la ripresa nel 2017”. Il Governo Conte addebita a Trump la causa di questa riduzione del Pil italiano. A pag. 17: “Hanno probabilmente inciso l’incertezza generata dalla politica commerciale intrapresa dal governo statunitense volta all’inasprimento delle tariffe gravanti sugli scambi sia con i partner asiatici, in primis la Cina, sia con i Paesi europei”.

[17] Si apprezza ancora l’ex Governo. A pag. 17: “La dinamica dei consumi delle famiglie nel primo semestre è risultata anche migliore di quella registrata nella seconda metà del 2017, grazie alla tenuta del mercato del lavoro e all’inflazione ancora bassa. Il contesto favorevole per le decisioni di consumo è emerso anche dalle indagini sul clima di fiducia delle famiglie, il cui indice… si è mantenuto dall’inizio dell’anno ai massimi storici”.

[18] Il Governo critica le politiche Usa perché colpiscono famiglie e imprese riducendo consumi e investimenti e, di converso, aumentando la disoccupazione. A pag. 15: “La politica protezionistica americana e la conseguente ‘guerra dei dazi’ che ne è scaturita potrebbero avere già influenzato l’andamento del commercio internazionale nella prima metà dell’anno… L’impatto di un aumento generalizzato delle tariffe si trasmetterebbe attraverso vari canali: i prezzi all’import più elevati amplierebbero i costi di produzione e i prezzi al consumo, riducendo il potere di acquisto delle famiglie soprattutto nel caso di un basso grado di sostituibilità tra beni nazionali ed esteri… effetto traslato su consumi, investimenti e occupazione… incertezza, peggiorando il clima di fiducia di famiglie e imprese e determinando un rinvio delle decisioni di consumo durevole e investimento”.

[19] Il CdM a pag. 13: “Per i prossimi anni, i rischi associati a un deterioramento ulteriore del quadro internazionale restano elevati. Le misure in tema di commercio estero annunciate e attuate dagli Stati Uniti a partire dai primi mesi dell’anno e le contromisure adottate dai partner commerciali coinvolti hanno aumentato le probabilità di una escalation protezionistica. Quest’ultima potrebbe spiazzare la ripresa mondiale e deprimere le prospettive di crescita di medio lungo termine sia attraverso l’impatto diretto sull’allocazione delle risorse e la produttività sia indirettamente, deteriorando il clima di fiducia delle imprese e frenando gli investimenti.”.

[20] Focus: “Nella prima metà del 2018, la deriva protezionistica si è accentuata a causa delle nuove barriere tariffarie all’import introdotte dagli Stati Uniti che hanno innescato, come consentito dalla regolamentazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), l’introduzione di dazi compensativi da parte dei partner commerciali coinvolti… nuove misure e contromisure, implementate o annunciate dall’Amministrazione Trump e dagli altri Paesi coinvolti nella cosiddetta ‘guerra dei dazi’ è in continua revisione”.

[21] Si ricorda che anche in Italia, prima dell’Unità nel 1860, la creazione di mercati aperti e comuni, con scambio delle merci, ha favorito la crescita e lo sviluppo. Avvicinando tra loro i Popoli. Ciò è stato anche per l’Europa dopo la terribile II guerra mondiale. Il Mercato comune europeo ha contribuito alla Pace. Nel merito, si rimanda ai testi di Economia internazionale e di Storia moderna che spiegano come andarono le cose.

[22] A pag. 17 si constata: “Gli investimenti hanno mostrato una sensibile ripresa nei mesi primaverili, dopo il calo inatteso del 1T del 2018. In particolare, nel secondo trimestre quelli in impianti e in macchinari sono tornati in prossimità dei recenti massimi, recuperando la contrazione d’inizio anno. Gli investimenti in mezzi di trasporto continuano a crescere a tassi elevati. Rimane ancora debole la crescita degli investimenti in costruzioni…”.

[23] Il termine usato da Conte e Tria è revisione, senza specificare se al rialzo o al ribasso. Chi scrive ritiene più chiaro quello utilizzato. Più corretto e più comunicativo. Ovvero, peggioramento. Perché è così.

[24] Solo riduzione, quindi il problema si ripresenterà nonostante il già previsto aggravamento del deficit.

[25] Il Governo dà atto, a pag. 18: “Si confermano in miglioramento le condizioni sul mercato del lavoro. Le unità di lavoro standard aumentano nel 2T del 2018 dello 0,4% t/t, dopo il rallentamento del 1T del 2018, e si concentrano principalmente nell’industria in senso stretto e tra i dipendenti. Anche l’offerta di lavoro misurata dall’indagine delle forze di lavoro ha mostrato un rafforzamento nel 2T dell’anno sia su base congiunturale che tendenziale… Il tasso di disoccupazione giovanile, nonostante il progressivo calo, resta su livelli elevati (30,8%). Importanti segnali di miglioramento sono offerti dalla diminuzione dei disoccupati, il cui numero torna sui livelli del 2012; inoltre, si conferma in calo il tasso di inattività che risulta vicino al minimo storico”.

[26] Dalla Tabella I.3 della “Nadef”, il rapporto “Debito/Pil” decresce tanto in termini programmatici come tendenziali. Il rallentamento del rapporto che ne consegue nel 2021, tra programmatico e tendenziale, sarebbe di 2,1. Tra programmatico e “Def 2018” si misurerebbe in 4,7. Bisognerà vedere se il Pil reale, dell’1,1% nel 2020 e nel 2021, sarà tale e se il servizio del debito pubblico non crescerà troppo. Assumendo l’arco temporale 2016/2021, ecco la striscia dei rapporti. Tendenziale: 131,4; 131,2; 130,9; 129,2; 126,7; 124,6. “Def 2018” (aprile): 132,0; 131,8; 130,8; 128,0; 124,7; 122,0. Programmatico (Governo): 131,4; 131,2; 130,9; 130,0; 128,1; 126,7.

 

 

Ulteriori spunti tecnici per la valutazione della “Nadef 2018

Per ribaditi motivi di spazio, d’ora in avanti si richiameranno solo alcuni argomenti generali. In particolare, senza ripetere ciò che sta nella Relazione al Parlamento o dove già visto. Però, sempre con alcune spigolature, anche per colorire e ravvivare l’esposizione. Poiché alto è il rischio che questa sia terribilmente noiosa e grigia, come è normale che sia quando si esaminano questi lunghi documenti così impersonali. Quasi asettici.

Iniziando dal “I.Quadro complessivo e obiettivi di politica di bilancio” di pag. 1, composto da 8 pagine, abbiamo la prima pesante constatazione: “Nel 2019 la ‘Regola del debito’ non sarebbe pienamente soddisfatta in chiave prospettica (forward looking), giacché la differenza fra il dato proiettato e il livello di riferimento secondo la ‘Regola’ (122,2% nel 2021) sarebbe pari a 2,4 punti percentuali, mentre nel ‘Def’ risultava essere pari a 0,8 punti. Questo peggioramento riflette la minor crescita del Pil e i più elevati pagamenti per interessi della previsione aggiornata. Oltre al tema Pil, pare che il Governo contraddica quanto ha appena scritto (vedi sopra) sui rendimenti. Perché la presunta dissoluzione della “incertezza” nei conti, poi quantificati in cifre, non pare possa verificarsi dopo il voto dell’alto consesso parlamentare entro il 31 dicembre 2018.

In questo passaggio si parla di “più elevati pagamenti per interessi” anche nel 2021. Ultimo anno della “Nadef”. Differenti valutazioni? Quale sarà la verità? Chi scrive è un po’ esperto e sicuramente anziano. Forse la mano che ha vergato le prime pagine (III-VIII) non è proprio la stessa della “Nadef”, che è un Documento multiforme e, probabilmente, meno enfatico. Più veritiero, numeri alla mano. Non solo parole e poco più. E, tra l’altro, poco letto da un più largo pubblico. La premessa, vista prima, pare più rassicurante e sembra parlare anche ad un pubblico di amici. O più affezionati. Non si pretende di avere la verità, ma si prova ad arguire sulla base anche delle stonature.

Poi si scrive: “Il profilo dei conti pubblici testé illustrato modifica sensibilmente il sentiero dell’indebitamento netto rispetto a quanto indicato nel ‘Def’dello scorso aprile… Il Governo prevede di riprendere il processo di riduzione dell’indebitamento strutturale dal 2022 in avanti. Laddove il Pil reale e l’occupazione oltrepassassero i livelli precrisi prima del 2021, i tempi di questa riduzione verrebbero accelerati”. Però, pare ancora un po’ il ritornello ascoltato dai tanti Governi del passato. Noi aumentiamo l’indebitamento, dopo voi risolverete la questione. Ci scusiamo, siamo lievemente caustici, ma da veterani dei conti, di finanza pubblica, di macroeconomia, ecc., crediamo poco alle promesse se non si fondano su solide basi teoriche e consolidate pratiche. Questa prospettata dalla “Nadef” potrebbe diventare un’avventura con non si sa quale esito. Sinceramente, da tecnici, speriamo vivamente di no. Ci auguriamo che la sfida sia vinta. Maun certo pragmatismo è doveroso. Saper stare con i piedi per terra è un insegnamento atavico.

A pag. 4 un elenco di cose che riassumono molti aspetti qualificanti, già visti prima[1].

Poi, a pag. 8, si aggiunge molto altro rispetto alla premessa:“A completamento della Manovra di bilancio 2019-2021, il Governo dichiara, quali Collegati alla decisione di bilancio: – Disegno di legge recante misure a favore delle start up innovative (c.d. ‘Fondo venture capital per start up innovative’);- Disegno di legge recante misure a favore dei soggetti coinvolti dalla crisi del sistema bancario (c.d. ‘Fondo ristoro a favore dei soggetti truffati’);- Disegno di legge recante l’introduzione del ‘Reddito di cittadinanza’ e la riforma dei Centri per l’impiego;- Disegno di legge recante introduzione di misure fiscali agevolate per le Società che riducono le emissioni inquinanti (c.d. ‘Ires verde’);-Disegno di legge recante misure per il dissesto e il riequilibrio finanziario degli Enti Locali;Disegno di legge recante interventi per la concretezza delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo;– Disegno di legge di delega al Governo per il riordino della materia dello spettacolo e per la modifica del ‘Codice dei Beni culturali’; – Disegno di legge delega di riordino del Settore dei giochi; – Disegno di legge recante disposizioni in materia di ordinamento sportivo e di professioni sportive; – Disegno di legge recante disposizioni in materia di Istruzione, Università, Alta formazione artistica, musicale e coreutica, Ricerca e attività sportiva scolastica e universitaria, nonché di riassetto, semplificazione e codificazione della normativa dei medesimi Settori; – Disegno di legge recante disposizioni per la modernizzazione e l’innovazione nei Settori dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare, del Turismo e dell’Ippica;- Disegno di legge delega recante disposizioni per la riforma del ‘Codice del lavoro’”.

Saltiamo il “II. Quadro macroeconomico”, composto da 24 pagine, che inizia da pag. 9, perché abbiamo già sviscerato a sufficienza i temi internazionali, l’andamento dell’economia italiana, il commercio estero, ecc. Considerato il compito assegnato con questo articolo, non andiamo oltre. Così, perveniamo dritto per dritto a “III. Indebitamento netto e debito pubblico”, sviluppato su 32 pagine. Saltando il tendenziale, passiamo direttamente a pag. 41 e seguenti. Con il Paragrafo“III.2Percorso programmatico di finanza pubblica”.

Si scopre che le risorse previste per “Reddito di cittadinanza”, Centri per l’impiego e pensionamenti anticipati assommano in media a circa lo 0,9% del Pil annuo nel periodo 2019-2021. Non poco se pensiamo al Pil italiano, pur approssimato, di oltre Euro 1.600 miliardi. Ne scaturirebbe la cifra di quasi Euro 15 miliardi.

Andiamo avanti. Sul solco del vecchio Governo, si specifica che la “’Legge di bilancio 2019’proseguirà inoltre le politiche di promozione degli investimenti, dell’innovazione e del miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni. Il Quadro programmatico prevede anche sostegni per le piccole e medie imprese e risorse per code contrattuali e perequazioni relative alle retribuzioni pubbliche. Saranno rifinanziate selettivamente le cosiddette politiche vigenti, comprese le spese per le missioni di pace. Per quanto riguarda le coperture delle nuove politiche, si opereranno tagli alle spese dei Ministeri e altre revisioni di spesa per circa lo 0,2% del Pil. I fondi attualmente destinati al ‘Reddito di inclusione’ verranno utilizzati per coprire parte del costo del ‘Reddito di cittadinanza’ … aumenti di gettito proverranno da modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto d’imposta. Sarà introdotta la trasmissione elettronica dei corrispettivi e si interverrà sulle imposte ambientali. Risorse potranno anche provenire da misure di risoluzione del contenzioso fiscale…. In confronto allo scenario tendenziale, la Manovra 2019-2021 fornirà uno stimolo all’attività economica ben superiore”.

Sul sistema pensionistico, a pagg. 63/4, nonostante tutta la bagarre politica che prosegue da anni, molto in positivo il Governo riconosce il valore della famosa “Legge Fornero: “ad eccezione delle misure adottate con ‘Legge di bilancio 2017’, gli interventi di riforma che si sono succeduti a partire dal 2004 hanno prodotto importanti effetti di contenimento della spesa. Cumulativamente, la minore incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil ammonta ad oltre 60 punti percentuali di Pil fino al 2060, di cui circa 1/3 è da ascrivere alla riforma introdotta con la Legge n. 214/11, considerando anche gli effetti delle successive misure introdotte con la citata ‘Legge di bilancio 2017’. L’età media al pensionamento (pensionamento di vecchiaia ed anticipato) aumenta da 60-61 del periodo 2006-2010 a circa 64 anni del 2020, 67 del 2040 e circa 68 nel 2050. L’effetto di contenimento del rapporto spesa/Pil, cumulato al 2060, derivante dalla riforma del 2011 (Legge n. 214/11), pari a circa 28 punti di Pil, è stato parzialmente ridotto dall’effetto cumulato negativo di oltre 5 punti di Pil derivante dagli interventi della ‘Legge di bilancio 2017’”.

Una incontrovertibile evidenza con numeri che parlano chiaro. Evidenza che fa a pugni con tutta la volgare delegittimazione condotta da alcuni per anni e anni. Comunque, in termini sociali, il coro unanime era intervenire con correttivi. Qualcosa era stato fatto. Insufficiente? Ma, può darsiche il nuovo Governo vada un po’ oltre. Ci appelliamo al senso della misura e non alle smisurate promesse elettorali. Queste ultime possono carpire il voto di tanti creduloni, ma all’atto pratico non stanno in piedi. Ci vuole realismo. E non gravare le nuove generazioni di ulteriori pesi.

Da pag. 65 a pag. 118 si può leggere il cuore dei proponimenti del Governo, con “IV. La strategia di riforma del Governo”. Se ne vedrà qualche stralcio. Una premessa politica di “IV.1 Il ‘Programma di Governo si rinviene in questi passaggi: “…l’obiettivo resta quello di ottemperare agli impegni presi nei confronti dell’elettorato e del Paese nell’orizzonte dell’intera Legislatura contemperando … con l’esigenza di ridurre gradualmente il debito pubblico che rappresenta un importante costo per il Paese. Condizione essenziale è il ristabilimento della fiducia persa a seguito dei modi in cui la crisi finanziaria globale è stata affrontata, ridando certezza e dinamicità agli interventi di politica economica e rilanciando la politica fiscale”. Appunto, ci si rifà alle promesse elettorali. Allora, siamo proprio sicuri che per il cercare di mantenerle a tutti costi, si generi quell’auspicato “ristabilimento della fiducia persa”. O, all’opposto, non si ottenga l’effetto contrario? I primi segnali sono poco positivi. Più nervosismo che fiducia.

In seguito, il Governo si posiziona tra la critica e la riconferma della politica seguita con la UE dato che correttamente stigmatizza“l’invasività delle Direttive e dei Regolamenti europei deve essere mitigata a favore di un maggiore grado di sussidiarietà … La politica economica del Governo mira a chiudere il differenziale di crescita con l’Europa e a porre le condizioni per una performance superiore alla media”. Però non si manca di riaffermare: “La scelta europea resta uno dei fondamenti dell’azione del Governo, ma ciò non significa una rinuncia a ricercare un’Unione diversa, più forte e più equa”.Assodato che affermare l’intenzione di “chiudere il differenziale di crescita con l’Europa e a porre le condizioni per una performance superiore alla media” sia buonissimo e giustissimo, si rifletta. Forse è meglio considerare la situazione soggettiva dell’Italia. In caso contrario, è come pretendere che un infortunato in via di guarigione possa già correre più di un atleta sano o almeno ristabilito. La cura incerta sul Pil, con spesa corrente, sembra molto pretenziosa. Allora, siamo proprio sicuri che la pretesa non conduca ad una ricaduta nell’infortunio? Sebbene in tempi di ritorno alle alchimie antiscientifiche, in una specie di moderno medioevo, tutto possa apparire possibile. Non è tutto troppo miracolistico? Siamo certi che giocare sul denominatore del Pil non serva ad altro che a edulcorare il rapporto Debito/Pil sotto osservazione in Europa e nel mondo? Domande che lasciamo sul piatto.

In “IV.2 Le raccomandazioni del Consiglio al Paese” si può leggere quanto segue: “La legislazione italiana prevede che nella ‘Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza’ il Governo riveda il Programma nazionale di riforma (Pnr) in relazione alle ‘Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea’. Il ‘Pnr’ presentato al Parlamento a fine aprile, redatto da un Governo dimissionario, presentava unicamente una fotografia delle riforme e delle politiche già legiferate e in fase di attuazione. Il presente Capitolo costituisce quindi la prima opportunità per il Governo in carica di anticipare le linee del proprio programma e degli orientamenti di riforma, in attesa di fornirne una trattazione più ampia ed approfondita nel ‘Documento di economia e finanza’ (‘Def’) 2019. Le ‘Raccomandazioni’ rivolte quest’anno all’Italia da parte del Consiglio Europeo ruotano, come nel 2017, intorno a 4 aree principali: la politica fiscale nella sua accezione più ampia, ovvero la politica di bilancio, la riduzione del rapporto Debito/Pil, la spesa pubblica e la tassazione; la governance del Settore pubblico e di quello privato (politica della concorrenza); il risanamento del Sistema bancario e il miglioramento delle procedure di ristrutturazione aziendale e di recupero dei crediti; il miglioramento dell’efficienza del mercato del lavoro attraverso le politiche attive, il miglioramento dell’istruzione e il superamento della discrasia fra la domanda e l’offerta di professionalità, unito ad una riallocazione della spesa sociale dalle pensioni ad altre politiche per l’inclusione”.Ebbene, il Governo Conte sostiene che il suo Programma di riforma copre le macro-aree delle “Raccomandazioni del Consiglio Europeo”, pur avendo maggiore ampiezza e differendo su alcuni punti nel merito o nelle priorità.

Di rilievo, sulla seconda area delle ‘Raccomandazioni’, che attiene il Settore pubblico, la promozione della concorrenza nel Settore privato e la tutela del consumatore, si precisa che: “il Governo ha già predisposto un Disegno di legge per il contrasto della corruzione e intende attuare un ambizioso piano di miglioramento dei servizi e dell’efficienza del Settore pubblico onde migliorare il benessere dei cittadini e il clima di investimento per le imprese”. Non si manca di specificare che le risorse destinate all’Istruzione, alla Ricerca, alla Digitalizzazione e alla diffusione delle competenze informatiche saranno incrementate.

Da pag. 69, in “IV.3 Le principali linee di intervento” troviamo argomenti che ci possono più interessare. Ad esempio, a pagg. 83 e seguenti si scrive di “Pubblica Amministrazione”.Dapprima si sostiene che si è assistito a riforme della P.A. che stentano a manifestare i propri risultati, sia in termini di qualità dei servizi, sia in termini di riduzione dei costi amministrativi e burocratici. Così, “il Governo intende agire in maniera mirata nel solco di una riforma, anche digitale, della Pubblica Amministrazione che modernizzi e migliori i rapporti tra cittadino o impresa e la P.A.”. In questo senso vanno lette le misure per l’efficienza della P.A. (Ddl. ‘Concretezza’). Infatti, il Governo ha approvato in via preliminare e presenterà al Parlamento un Ddl.che contiene misure volte a favorire l’efficienza delle Pubbliche Amministrazioni per prevenire il gravefenomeno dell’assenteismo nonché garantire assunzioni mirate in modo da favorire anche il ricambio generazionale in tempi rapidi.

Su“Istruzione e ricerca”, da pag. 95, si scrive: “Nel Settore scolastico si intende sviluppare percorsi di cittadinanza attiva fin dal primo ciclo di istruzione, anche in sinergia con le Associazioni e altre realtà territoriali. Con particolare riguardo agli strumenti per una educazione inclusiva e di qualità per tutti, sono allo studio diverse misure per garantire le prestazioni e i servizi necessari per raggiungere la piena inclusione scolastica e assicurare il diritto allo studio agli studenti diversamente abili o con bisogni educativi speciali”.

Il Governo, ed è pregevole,si impegna a limitare l’abbandono scolastico, incentivando gli studenti a proseguire gli studi, fino all’ottenimento di un titolo di Scuola secondaria di secondo grado. Con riferimento all’inclusione degli alunni con disabilità, tenuto conto della centralità nel Sistema di istruzione nazionale dei principi di inclusione scolastica, è stato costituito un Gruppo di lavoro per l’accompagnamento delle misure attuative previste nella normativa in vigore. Si spiega che tale approccio è finalizzato a consentire la piena integrazione delle alunne e degli alunni con disabilità, sulla base dei propri bisogni individuali e nell’ottica dell’autonomia, della partecipazione sociale e del miglioramento delle performance.

Nella “Nadef” si aggiunge che sarà valorizzato il ruolo del personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) anche attraverso la formazione in servizio del personale di segreteria.

Si precisa che, per quanto concerne l’alternanza scuola-lavoro, oltre al differimento dello svolgimento da parte degli studenti del monte ore di alternanza quale requisito di ammissione agli esami di Stato, “si interverrà su tale istituto al fine di rendere i percorsi il più possibile orientativi e di qualità, rispondenti a standard di sicurezza elevati e coerenti con il percorso di apprendimento dello studente interessato, anche relativamente al territorio di riferimento. In tal senso il monte ore globale verrà ridefinito in base al percorso scolastico”. Pienamente in linea con la Ue, il Governo “intende tenere conto del ruolo strategico che l’apprendimento orientato al lavoro ha assunto nelle indicazioni europee in materia di istruzione e formazione, nell’ambito degli obiettivi di Europa 2020 anche al fine di un incremento dell’occupabilità dei giovani mediante più alti standard di formazione. Tale modifiche tengono conto del fatto che le opportunità di collocamento professionale, nonché la connessa capacità di assumere un ruolo attivo nel lavoro, nella vita sociale, e nel proprio contesto sociale dipende non solo da competenze strettamente tecniche ma anche, in ugual misura, dall’acquisizione di abilità e competenze trasversali”. Per cui si ritiene necessaria una ridefinizione dei documenti tecnici di accompagnamento all’attuazione delle attività di alternanza scuola-lavoro secondo l’orientamento della valorizzazione delle competenze trasversali.

Non manca un riferimento alla precocità d’ingresso nel Sistema di istruzione, riconosciuta come misura capace di accrescere il successo formativo nel corso della vita. In tal senso si vuole potenziare il segmento 0-6 anni. “Va quindi integrata l’attuale normativa prestando maggiore considerazione alle esigenze di educazione prescolare, in particolare nelle Regioni che ad oggi presentano un accesso ai servizi educativi per l’infanzia inferiore alla media nazionale”. Così viene confermato il valore delle ‘Sezioni primavera’, mentre si pensa di introdurre una misura di perequazione che incrementi il “Fondo nazionale relativo al Sistema integrato”. La lotta alla dispersione scolastica, obiettivo fondamentale del Paese nel Quadro europeo, passa anche per un incremento delle opportunità formative sul territorio. In questo senso sono state avviate, per il tramite dei Fondi europei, una serie di misure per il potenziamento delle competenze di base e per la lotta alla dispersione anche attraverso offerte formative in spazi e tempi ulteriori rispetto alle ordinarie attività didattiche. Per sostenere che “a tal fine potrà essere incentivato e promosso, ove ne ricorrano effettivamente le condizioni, il tempo pieno e prolungato nella Scuola del primo ciclo”.Si rimarca che gli Its sono una componente su cui il Governo intende puntare in maniera decisa, avendo dimostrato la loro efficacia nell’assicurare uno sbocco lavorativo ai propri diplomati. Pertanto, verranno incentivati nuovi percorsi di Istruzione tecnica superiore in sinergia con le Scuole superiori tecniche e professionali, il mondo del lavoro, le imprese, lemicro e piccole realtà locali, le Università, le filiere produttive. La creazione di nuovi Its sul territorio nazionale permetterà un raccordo mirato al mondo del lavoro e darà impulso alla ricerca.

Nella “Nadef”,da pag. 101, si parla di “Famiglia e disabilità”.A questo riguardo gli interventi saranno selettivamente orientati al sostegno alla genitorialità e al rilancio della natalità, agendo a tal fine sul versante fiscale, su quello dei servizi e delle prestazioni sociali. Il Governo vuole mettere in atto una serie di disposizioni per definire un Sistema fiscale a misura di famiglia, alleggerendo il peso dell’imposizione tenendo conto del numero dei figli e della funzione sociale multidimensionale svolta dal nucleo familiare. Perciò, ritiene anche necessario potenziare la rete dei servizi a sostegno della famiglia e le agevolazioni per assicurarne la più ampia fruizione, con particolare riferimento agli Asili nido e alle strutture, anche private, per l’assistenza all’infanzia, nonché promuovere la valorizzazione del ruolo di supporto svolto dai Consultori familiari e dai Centri per la famiglia. In questa direzione, prosegue il CdM, occorre un coinvolgimento dei diversi livelli territoriali di governo, delle Associazioni, e delle reti a sostegno delle famiglie nonché delle famiglie stesse. Non si manca di sottolineareche si devono potenziare i servizi territoriali per “dare impulso a forme di integrazione e partnership tra la sfera pubblica e mondo dell’associazionismo no profit delle imprese sociali; stimolare gli investimenti sociali; garantire la libera scelta dell’utente dei servizi pubblici, anche attraverso i voucher per i servizi alla persona; definire i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale; razionalizzare l’Isee”. Nell’ambito di un riordino del Sistema dei sussidi e delle prestazioni sociali, per la “Nadef” occorre definire politiche strutturali e mirate in grado di invertire la dinamica demografica avversa. Viene ampiamente toccato anche il tema della maternità.

In tema di disabilità, per il Governo emergono profili di natura equitativa connessi all’accesso e al livello delle diverse tipologie di sussidi, servizi e prestazioni erogati in favore delle persone con disabilità, cui si aggiungono ulteriori questioni di natura finanziaria, amministrativa e organizzativa che si riflettono sull’efficacia delle politiche pubbliche che in tale ambito si dipanano tra i diversi livelli di governo. Per cui si intende presentare un Disegno di legge per la riforma e il riordino della disciplina per la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Si tratterebbe di una riforma strutturale, volta ad una revisione legislativa complessiva inerente alle diverse tematiche delle prestazioni e dei servizi per l’inclusione sociale, educativa e occupazionale, dell’accessibilità, della non discriminazione, del diritto alla vita adulta e del contrasto alla segregazione, con il fine di superare la frammentazione normativa mediante la redazione di un apposito Codice della materia. Si richiama quanto disposto dalla Convenzione delle Nazioni Unitesui diritti delle persone con disabilità, nonché dall’art. 26 dellaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che riconosce il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità. Così il Governo garantisce che sarà potenziata e resa più fruibile l’assistenza sanitaria domiciliare e sarà favorita l’inclusione scolastica e universitaria delle persone disabili, anche con iniziative di formazione a distanza. Altre misure riguarderanno il rafforzamento degli strumenti volti all’inclusione lavorativa, a partire dagli incentivi alle assunzioni dei lavoratori con disabilità. Il Governo vuole potenziare la dotazione del “Fondo per l’assistenza delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare””” (cd. ‘Dopo di noi), nonché destinare apposite risorse per l’esercizio delle funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità.

In ordine alle politiche in materia di adozioni di minori italiani e stranieri, per il CdM è necessario accelerare le attività istruttorie ai fini del rilascio del Decreto di idoneità, assicurando una maggiore uniformità dei servizi resi sul territorio nazionale. Inoltre, dovranno essere intraprese azioni per definire un Sistema di sostegno post adozione strutturale e capillare, attraverso misure che accompagnino le famiglie con interventi che investano una pluralità di competenze, da quelle giuridiche a quelle psicologiche, sociali e pedagogiche. Si sostiene la necessitàdi un utile percorso di razionalizzazione degli Enti autorizzati per le adozioni, garantendo al contempo un’omogenea diffusione della loro operatività. Occorre infine rafforzare gli strumenti di sostegno economico per le coppie che concludono un percorso adottivo, nonché investire in Progetti di cooperazione nei Paesi di origine, per sviluppare le competenze atte a garantire procedure più veloci e trasparenti.

Molto interessante anche, da pag. 104, il tema “Ambiente e energia”. Lo dobbiamo sacrificare per esigenze di spazio.Però, si invita alla lettura perché non si manca di ricordare che “le maggiori sfide che il Paese deve affrontare in tema ambientale sono l’inquinamento e i cambiamenti climatici, la desertificazione, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e la perdita di biodiversità. Più in particolare, sono 6 le sfide principali alle quali il Governo intende dare riposta nei prossimi anni:

  1. proseguire e rendere più ambiziosa la lotta ai cambiamenti climatici riducendo progressivamente i fattori inquinanti, specialmente nel Settore della mobilità;
  2. incrementare la salvaguardia della biodiversità terrestre e marina e assicurare una migliore e più coordinata gestione delle aree protette e del capitale naturale;
  • limitare il consumo del suolo, prevenire il rischio idrogeologico e valorizzare l’acqua come bene comune;
  1. mettere in sicurezza il territorio attraverso la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali;
  2. promuovere l’uso efficiente e sostenibile delle risorse, governare la transizione verso l’economia circolare e i ‘rifiuti zero’;
  3. diminuire progressivamente le infrazioni comminate all’Italia dall’Unione Europea in materia ambientale”.Per il raggiungimento di questi obiettivi il Governo terrà conto degli impegni e degli accordi assunti in ambito europeo, regionale ed internazionale e, a livello nazionale, proseguirà nel percorso di attuazione della “Strategia nazionale di sviluppo sostenibile”. Una chiara continuità nelle politiche pubbliche italiane. Senza rotture e anatemi.

Ad esempio, incentivare l’efficientamento energetico degli edifici tra cui spiccal’edilizia residenziale pubblica. Il Governo si impegna alla riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri nuovi. Per la qualità dell’aria, l’obiettivo è, in cooperazione con le Regioni, il contenimento delle emissioni del particolato PM10 e del biossido di azoto NO2.Ai fini della salvaguardia della biodiversità si interverrà sulla ‘Legge-quadro sulle aree protette’, per rafforzare il concetto centrale della ‘conservazione della natura’ valorizzando le realtà territoriali nell’ambito dello sviluppo ecosostenibile. Sono tutti temi che dovranno trovare un’effettiva applicazione nel “Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima”, in fase di definizione e da presentare alla Commissione Ue entro la fine del 2019. Non mancano la prevenzione degli incendi, il contrasto al bracconaggio ed al commercio illegale di specie protette. Convintamente, a livello governativo, si vuole contribuire alla realizzazione degli obiettivi mondiali tracciati dall’Agenda 2030 per una crescita sostenibile. Per garantire l’accesso all’acqua quale bene comune e diritto umano universale, anche avvalendosi degli strumenti normativi europei, sarà rafforzata la tutela quali-quantitativa della risorsa e si incentiverà l’uso di sistemi per ridurre gli sprechi e le dispersioni con l’introduzione e la diffusione di nuove tecnologie e si incrementeranno gli investimenti di natura pubblica sul “Servizio idrico integrato”. Contrasto e prevenzione nel consumo del suolo e del dissesto idrogeologico, attraverso:

– un’adeguata politica di sostegno agli interventi di prevenzione e di manutenzione del territorio;

– l’aggiornamento della pianificazione di settore;

– azioni per la responsabilizzazione dei cittadini e delle Istituzioni sui rischi connessi;

– la rigenerazione urbana;

– la pianificazione e realizzazione di infrastrutture verdi;

– il rilancio del patrimonio edilizio esistente;

– l’introduzione del bilancio ecologico comunale;

– il rafforzamento della governance delle aree marino-costiere, anche in relazione alla conservazione del capitale naturale.

Per quanto attiene alla sicurezza del territorio e della prevenzione e contrasto dei danni ambientali, il Governo conferma l’intenzione di:

  1. consolidare le misure già previste nell’ordinamento per prevenire e reprimere i reati ambientali con un inasprimento delle sanzioni previste della Legge n. 68/2015;
  2. implementare l’attività di contrasto alle ecomafie in base al principio del ‘chi inquina paga’.

Con riferimento all’economia circolare, il Governo ha recentemente attribuito tale competenza al Ministero dell’Ambiente, fatte salve le competenze del Ministero dello Sviluppo economico, inserendolo nel più ampio contesto dell’uso efficiente delle risorse. Con l’adozione del cd. ‘Pacchetto rifiuti – economia circolare’ della Ue, il Governo modificherà la normativa nazionale di riferimento in tema di gestione dei rifiuti al fine di risolvere le problematiche che non ne hanno consentito una uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale. Ugualmente si sostiene che andranno incrementate, anche tramite l’adozione dei Decreti ‘End of Waste’, le iniziative necessarie a costituire un ciclo virtuoso di prevenzione, riutilizzo e riciclo dei rifiuti, promuovendo l’economia circolare e la progettazione dei prodotti sostenibile dal punto di vista ambientale, nonché l’adozione di specifiche norme per la realizzazione di centri di riparazione e riuso dei beni utilizzati.

Si puntualizza che sarà creata una Cabina di regia unica presso il Ministero dell’Ambiente per: i) inasprire le sanzioni per i reati ambientali contravvenzionali già previsti dalla legge; ii) prevedere il sequestro e la confisca dei beni frutto di reati ambientali, come già previsto dall’ordinamento per i beni acquisiti dalla criminalità organizzata tramite attività illecite;iii) applicare un ordine di allontanamento, fino a 2 anni, nei confronti di chi si rende responsabile di trasporto abusivo, abbandono, sversamento e combustione illecita di rifiuti nei pressi di Istituti scolastici, luoghi di cultura, parchi pubblici, mercati, siti turistici, ferrovie, aeroporti e stabilimenti balneari o nelle campagne; iv) introdurre la possibilità di arresto in flagranza differita per gli illeciti ambientali più gravi; v) inasprire le previsioni relative al delitto di combustione illecita di rifiuti e roghi tossici; riorganizzare il sistema e le competenze di Polizia ambientale; vi) prevedere il sequestro dei beni per chi inquina e ritiene di non pagare.

Su “Politiche del Turismo” e “Beni culturali”, da pag. 107 si ricorda che il Turismo è un Settore economico primario che contribuisce per il 10,4% al Pil mondiale e sostiene 313 milioni di posti di lavoro (occupazione diretta e indiretta) con previsioni di crescita globale attorno al 3,4% annuo in media. Ciò vale anche per l’Italia, dove nell’ultimo anno il contributo totale del settore all’economia è stato pari al 13% del Pil, con prospettive di crescita sempre più solide e impatti occupazionali che raggiungono il 14%. Sul piano normativo, così si impegna il CdM, diverse questioni verranno affrontate in ambito di Conferenza Stato-Regioni, di concerto con i Dicasteri competenti e sentite le principali Categorie professionali ed industriali. Nella programmazione finanziaria si partirà dalle linee di attività impostate dal “Piano Strategico del Turismo 2017-2022”, introducendo una prospettiva di integrazione con le politiche agricole (in prima istanza), per la definizione di un concetto più ampio e approfondito di Made in Italy. In tale contesto, si intende porre particolare attenzione alle specificità del Sud Italia, definendo una serie di iniziative coordinate, di ampio respiro, imperniate sulla valorizzazione delle specificità territoriali, fondate sul binomio enogastronomia e turismo, sul mare, sulle coste ma anche e soprattutto sulle aree interne che, se sviluppate adeguatamente, devono diventare uno dei fattori di maggiore attrattività del ns. Paese.

Il Governo intende assicurare un impegno concreto e crescente sui temi della tutela e della valorizzazione dei beni culturali. Ciò anche al fine di promuovere l’avvio di organici processi cognitivi, educativi ed economici, orientati alla crescita, all’innovazione e alla integrazione sociale.

Gli obiettivi di tutela dei beni culturali di valorizzazione e fruizione dei beni culturali pubblici saranno perseguiti attraverso misure di varia natura:

(a) mappatura dei beni culturali abbandonati e non utilizzati;

(b) prevenzione del rischio per i siti archeologici; realizzazione di un Catalogo unico nazionale digitale del patrimonio culturale;

(c) monitoraggio della gestione dei siti Unesco italiani;

(d) sviluppo di reti museali;

(e) sperimentazione di card digitali per usufruire di beni ed attività culturali;

(f) valorizzazione del patrimonio culturale della moda e del design.

Sul piano normativo, il Governo procederà all’adozione dei Decreti attuativi della “Legge sullo Spettacolo”; alla predisposizione, nell’ambito dei lavori pubblici, delle Linee-guida in materia di archeologia preventiva; alla definizione delle Linee-guida per l’architettura; alla predisposizione di misure di rafforzamento delle funzioni di tutela; alla revisione del “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio”, anche per migliorare la capacità di prevenzione e il contrasto all’illegalità, nonché la capacità di valorizzare e mobilitare le vocazioni dei territori.

Da pag. 112 si affronta un tema molto caldo e che rimbalza di continuo sui media, la “Sicurezza pubblica”. Le azioni che il Governo intende perseguire riguardano:

  1. i) il contrasto dei flussi migratori irregolari, in una logica di condivisione delle responsabilità della difesa delle frontiere esterne dell’Unione Europea;
  2. ii) la lotta contro tutte le mafie e le organizzazioni criminali, anche attraverso nuovi strumenti, per colpirne le ricchezze illecitamente accumulate;
  • la revisione dell’ordinamento degli Enti Locali, per contrastare il condizionamento dei poteri criminali e la corruzione;
  1. il potenziamento dell’innovazione tecnologica e l’introduzione delle modifiche ordinamentali per la lotta alla criminalità diffusa.

Con l’occasione, si riportano i contenuti del ‘Decreto Sicurezza e Immigrazione’ varato a settembre 2018 dal CdM e che contiene norme per la Protezione internazionale e l’immigrazione, la Sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (“Anbsc”).

Sulla Protezione internazionale e l’Immigrazione, il Provvedimento mira ai seguenti obiettivi:

(a) contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale, garantendo l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione;

(b) disciplinare i casi speciali di permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari,

(c) definire nuove regole in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati;

(d) ridurre il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale per assicurare un’efficace e più rapida gestione delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale;

(e) razionalizzare il ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati;

(f) prevedere la revoca della cittadinanza acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo.

Al fine di conseguire questi obiettivi, il “Decreto” prevede un’apposita disposizione che consente anche alla Polizia municipale di utilizzare in via sperimentale armi comuni ad impulso elettricoemisure finalizzate al contrasto del fenomeno delle occupazioni arbitrarie di immobili.

Si informa che il Governo ha completato la progettazione della Piattaforma informatica e dell’infrastruttura tecnologica per la Carta d’identità elettronica (“Cie”) e la conseguente implementazione e realizzazione è in fase di ultimazione. Entro il 31 dicembre 2018 è infatti prevista l’istallazione delle postazioni di lavoro dedicate alla Cie presso tutti i Comuni. Al 31 agosto 2018 sono state installate postazioni di lavoro presso 7.395 Comuni.

Si dà atto che, a partire dal 2015, si è registrata una generale e progressiva diminuzione degli indici di delittuosità. Risultato ascrivibile anche all’introduzione dell’innovazione tecnologica. Per esempio, il ‘Sistema Mercurio’, Piattaforma tecnologica installata su circa 1.000 autovetture della Polizia di Stato per il controllo del territorio, è utilizzato per la video-sorveglianza in mobilità e per il servizio di lettura automatica delle targhe. Tale Sistema sarà gradualmente esteso, entro il 2020, a tutti i veicoli della Polizia di Stato destinati al controllo del territorio in ambito nazionale.

Si procederà alla reingegnerizzazione del “Sistema informativo elettorale” (“Siel”) per l’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche al nuovo Sistema di assegnazione dei seggi, anche in vista delle prossime Elezioni europee. Il Governo chiederà una delega al Parlamento per una revisione sistematica dell’ordinamento degli Enti Locali, che ridefinisca il complessivo assetto della materia, armonizzando le disposizioni originarie, sia con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 (Legge Costituzionale n. 3/01), sia con i numerosi interventi di Settore succedutisi negli anni, in particolare la Legge n. 56/2014 (cd. “Legge Delrio”) e gli interventi per la legalità territoriale.

Questo, riassumendo, ciò che più potrebbe risultare interessante per il lettore, sotto un profilo organico, in questo volo d’uccello su tutta la “Nadef”. Altrimenti, non ne resta che consigliarne la lettura completa. Sicuramente molto interessante.

Argomenti specifici che riguardano gli Enti Locali

In quest’ultimo Paragrafo si passano in rassegna molti temi e argomenti che interessano specificatamente gli Enti Locali. Però, alcuni passaggi del “Decreto Sicurezza” appena scorso potrebbero ben collocarsi in questo Paragrafo. Per cui si invita a considerarlo anch’esso di interesse per gli Enti Locali. Sebbene in passato molto si sia discusso sul fatto che prevalga ancora un’impostazione storica che colloca le Autonomie locali sotto il Ministero per l’Interno. Quasi che i Comuni fossero un problema di ordine pubblico. O da tenere schiacciati sotto il tallone centralistico. Secondo un’impostazione napoleonica. Se non, in tempi più recenti, fascista. Ma lasciamo ad altra occasione questo eventuale approfondimento. Per ora l’attuale struttura e architettura statuale tale fu, tale era, tale è e forse tale resterà per chissà quanto. Siamo molto perplessi, per non dire altro.

Imposizione tributaria

Il Governo non ritiene opportuno, in questa fase, rivedere nuovamente l’imposizione sugli immobili, già oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni.

Inoltre, il CdM reputa fondamentale la creazione di un ambito di contrattazione con i Comuni per una ridefinizione organica della regolamentazione applicativa della Tassa di soggiorno, come effettiva “Tassa di scopo” a sostegno del turismo locale e nazionale (allo stesso modo, particolare attenzione sarà dedicata all’approfondimento del Regolamento sugli affitti brevi).

Risanamento finanziario

Il Governo si è impegnato a presentare, quale completamento della Manovra di bilancio 2019-2021, alcuni collegati tra cui un Disegno di legge recante misure per il dissesto e il riequilibrio finanziario degli Enti Locali. Lo abbiamo già visto prima, citando pag. 8. “Disegno di legge recante misure per il dissesto e il riequilibrio finanziario degli Enti Locali”.

Investimenti, progettazione e “Codice Appalti

Nel primo Paragrafo della “Nadef” qualcosa di interessante e utile per gliEnti Locali: “In primo luogo, le azioni che il Governo ha già intrapreso per rimuovere gli ostacoli agli investimenti cominceranno a dispiegare i loro effetti sul Pil già nel 2019. A tal fine sono state recentemente approvate le prime misure per consentire l’utilizzo degli avanzi da parte delle amministrazioni territoriali. Ulteriori interventi per semplificare e consentire l’utilizzo degli avanzi di amministrazione per investimenti saranno definiti nella prossima legge di bilancio. Come già illustrato precedentemente, verrà inoltre varato un piano di investimenti pubblici sorretto da un adeguamento della capacità progettuale, di valutazione e selezione della Pubblica Amministrazione, da una penetrante semplificazione normativa e dalla riforma dei meccanismi di gestione dei servizi pubblici”.

Poi un tema delicato e che sta a cuore di tutti. A pag. 58 si precisa che “tra i principali interventi, rientrano quelli a beneficio delle popolazioni dei territori delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo interessati dai terremoti del 2016 e del 2017. Si tratta, nello specifico, di proroghe e sospensioni di adempimenti fiscali e contributivi, con la previsione, in alcuni casi, della possibilità di rateizzare la restituzione delle somme dovute, e della sospensione fino al 2020 del pagamento del canone Rai, con successiva restituzione in unica rata ovvero in un massimo 24 rate mensili a decorrere dal 1° gennaio 2021. Allo stesso tempo è stato previsto il differimento dei termini di pagamento delle rate dei mutui in scadenza nel 2018 e nel 2019 concesse ai Comuni colpiti dal sisma dalla Cassa Depositi e Prestiti”.

Altro preannunciato ma forse improbabile assist, indirettamente, sui futuri mutui degli Enti Locali: “in secondo luogo, i recenti livelli dei rendimenti sui titoli di Stato, su cui ci si è basati per formulare le previsioni programmatiche di crescita e di finanza pubblica, non riflettono i dati fondamentali del Paese (surplus di bilancio primario della P.A., surplus di partite correnti, basso debito privato, solido Sistema bancario). Contiamo che una volta che il Programma di politica economica del Governo sarà approvato dal Parlamento, si dissolva l’incertezza che ha gravato sul mercato dei titoli di Stato negli ultimi mesi. Con livelli dei rendimenti più allineati ai dati fondamentali, le proiezioni di crescita economica e di finanza pubblica miglioreranno significativamente”. In sostanza il Governo, dopo l’impennata dello spread degli ultimi mesi, ritiene verosimile che il voto del Parlamento “dissolva l’incertezza” e induca una consistente riduzione dei rendimenti, o interessi passivi. Ma se il voto definitivo dell’alto consesso parlamentare dai più fosse inteso come la conferma di una politica economica rischiosa e fallimentare? Comunque, se si rilevasse corretta la prospettiva governativa, allora porterebbe vantaggi anche per i tassi di interessi sui mutui degli Enti Locali. Forse c’è da chiedersi se l’ottimismo non sia eccessivo. Ma lo scopriremo seguendo gli avvenimenti.

Riguardo agli investimenti fissi lordi si scrive che sono attesi in discesa del 2,2% nel 2018. Viceversa, nel 2019/2020, il Governo prevede una ottimistica ripresa dell’attività d’investimento, con una fortissima crescita del 5,4% e del 7,5%. Nel 2021 la crescita frenerebbe al 4,0%. Pur sempre doppi del 2018. In termini di Pil, gli investimenti avrebbero un ruolo strategico perché si collocherebbero attorno all’1,9%, sia nel 2018 come nel 2019, ed al 2,0% nel biennio successivo. A pag. 35 della “Nadef”: “le stime tengono conto delle specifiche misure di supporto disposte dalle ultime 2‘Leggi di bilancio’ e dell’ipotesi di ripresa della capacità di spesa in conto capitale degli Enti Locali”. Quindi, un apprezzamento delle politiche degli ultimi Governi, ma con un’accentuata ipotesi di aumento. Già nella “Relazione” che precede la “Nadef” si era assunto questo impegno specifico: “rilancio degli investimenti pubblici attraverso un incremento delle risorse finanziarie, rafforzamento delle capacità tecniche delle Amministrazioni centrali e locali nella fase di progettazione e valutazione dei Progetti, nonché una maggiore efficienza dei processi decisionali a tutti i livelli della P.A., modifiche al ‘Codice degli Appalti’ e la standardizzazione dei contratti di ‘partenariato pubblico-privato’”.

Se leggiamo a pag. 70 del Documento di programmazione governativo troviamo queste interessantissime considerazioni e indicazioni:“le carenze nella selezione e valutazione dei progetti e gli ostacoli all’efficacia della spesa pubblica per investimenti risiedono non solo in vincoli di bilancio, ma anche in una serie di fattori di natura legale, burocratica e organizzativa che si sono accumulati nel corso degli anni. Fra di essi vanno menzionate la perdita di competenze tecniche e progettuali delle Amministrazioni pubbliche (in particolare di quelle locali anche a causa del protrarsi del blocco del turn over), le carenze nella valutazione economica e finanziaria e nel monitoraggio dei progetti, la complessità dell’interazione tra le amministrazioni centrali e territoriali, nonché la complessità del recente ‘Codice degli Appalti’. Diventa quindi strategico potenziare le Autonomie locali quali motore dello sviluppo territoriale”.

Ulteriore spunto di lavoro a pag. 71: “il Governo intende inoltre valorizzare il ‘partenariato pubblico-privato (‘ppp’). La definizione di un contratto standard ‘ppp’ è già ad uno stadio avanzato di elaborazione. Unitamente alla matrice dei rischi e al capitolato di gestione, essa fornirà una guida alle Amministrazioni pubbliche per la strutturazione in dettaglio delle operazioni di ‘ppp’ e la redazione dei relativi atti e documenti negoziali”. Molto importante.

Nel Focus a pag. 72, sotto il titolo “Rilancio degli investimenti” si scrive: “dal punto di vista finanziario le azioni elencate, che hanno l’obiettivo di migliorare l’efficienza degli investimenti, si affiancheranno, aumentandone l’efficacia, alle misure già in corso, tra cui:

  1. l’attivazione di un Fondo da ripartire per il rilancio degli investimenti infrastrutturali, che dispone di una dotazione complessiva di risorse pari a 150 miliardi da utilizzare entro l’orizzonte temporale di 15 anni;
  2. l’abolizione del Patto di stabilità interno, che limitava le capacità di intervento degli Enti Locali;
  • la riforma del ‘Codice degli Appalti’, per rendere più snella e trasparente la gestione degli acquisti e delle forniture della P.A.”. Questa la notizia davvero considerevole.

In precedenza, nella Premessa della “Nadef” il Governo si propone, giustamente, di insistere sugli investimenti, scesi all’1,9% del Pil rispetto al 3% del decennio ante 2011. Di interesse, anche per gli Enti Locali, questa intenzione: “…offrire servizi di assistenza tecnica e di assicurare standard di qualità per la preparazione e la valutazione di programmi e progetti da parte delle Amministrazioni pubbliche centrali e periferiche. Questa azione permetterà anche di creare nel tempo un insieme di capacità professionali interne alla P.A. nell’intera gamma di competenze, tipologie e dimensioni della progettazione tecnica ed economica degli investimenti pubblici”.

Poi, è pienamente condivisibile: “lo sforzo di rilancio degli investimenti e di sviluppo delle infrastrutture dovrà coinvolgere non solotutti i livelli delle Amministrazioni pubbliche, ma anche le Società partecipate o titolari di concessioni pubbliche che hanno, in numerosi casi, beneficiato di un regime di bassi canoni ed elevate tariffe, rinviando i programmi di investimento previsti nei piani economici finanziari. Gli opportuni cambiamenti organizzativi e regolatori saranno prontamente introdotti onde rimuovere gli ostacoli che hanno frenato le opere pubbliche assicurando, al contempo, congrui livelli di investimento da parte delle Società concessionarie, nonché un riequilibrio del regime dei canoni”.

Chi scrive sposa l’attuazione del “Piano nazionale Scuola digitale” in base alle tempistiche programmate, ove è anche prevista l’attivazione di équipe a supporto delle Istituzioni scolastiche. Per evidenti ragioni, si plaude anche alle misure per la sicurezza degli edifici scolastici. Il Miur, in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana e il Consiglio nazionale delle ricerche, ha avviato una mappatura satellitare degli edifici scolastici per poter verificare eventuali spostamenti degli stessi al fine di avviare tempestivamente i controlli. Sul portale del Ministero sono attualmente disponibili in chiaro tutti i dati presenti nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica. Ottimo.

Indebitamento

Attingiamo dal Quadro programmatico presentato nella “Nadef” leggendo da pag. 50 in avanti. In questo caso, su un tema strategico e di grande rilevanza costituzionale, vogliamo offrire al lettore un ns. contributo, non solo compilativo e descrittivo, aspetto doveroso, ma più particolareggiato. Perché questa breve analisi ci risulta assente nel Documento governativo. Allora, nel Paragrafo “III.3Evoluzione del rapporto Debito/Pil”, attingendo dalla Tavola III.7 “Debito delle Amministrazioni pubbliche per sottosettore[2]e rielaborando i dati come dalla ns. successiva Tabella, emergono informazioni molto interessanti e indicative sulle Amministrazioni locali. Che ci inducono ad alcune critiche alla programmazione del Governo.

Come si può facilmente constatare, lo stock di debito[3] delle Amministrazioni centrali ha un costante accrescimento, anno su anno, che pesa dal 2,2% al 2,5% annuo. Con il picco del 2,5% proprio il prossimo anno, il 2019. Nel periodo si accumula debito per quasi il 10% in più. Per l’esattezza il 9,7%. In valore assoluto si tratta della cifra monstre di ben 211,1 miliardi di Euro. Nel prossimo triennio 2019/2021, la media annua è di Euro 52,6 miliardi che devono trovare sottoscrittori. Oltre ai circa Euro 400 miliardi annui che vanno rifinanziati dal mercato (escludendo misure forzose sul risparmio dei piccoli risparmiatori italiani, perché i grandi hanno già salutato). Un debito che, tra l’altro, copre molta della spesa corrente dello Stato. Perché lo Stato può andare parzialmente in deficit e finanziarsi a debito. Bontà sua.

Viceversa, le Amministrazioni locali sono sempre simmetriche rispetto alle Repubblica italiana.

La serie delle percentuali, nella penultima riga, vede calare il debito anno su anno tral’1,4 e 1,5%. Nell’ultimo anno il dato cumulato è del 5,7%. Quasi 6 punti percentuali in meno. In cifra, ben 7,3 miliardi di Euro di minor debito. Una virtuosità di quasi Euro 1,5 miliardi all’anno. Però, considerato che in generale l’indebitamento locale, per vincolo di legge, può andare solo ad investimenti, nel periodo si comprime la propensione agli investimenti, su scala nazionale, per circa Euro 122/pro-capite. Mentre le Amministrazioni centrali dilatano in modo assai accentuato il loro debito, in particolare per spesa corrente che sappiamo come e dove spesso finisce, quelle locali lo vedono programmaticamente restringere con forza contribuendo fortemente alla riduzione del numeratore. Anche a vantaggio dello Stato per le sue future spese e nel rapporto Debito/Pil.

Considerata, di solito, la maggior velocità nella realizzazione degli investimenti locali, come la capillarità della leva economica con i microcantieri nonché il rilevante sostegno all’attività e al lavoro nel territorio, questa evidenza ci porta a concludere che pure per gli Enti Locali le scelte governative possono diventare criticabili. E in sede Anci andranno contrastate e/o in qualche modo compensate.

Sebbene a pag. 56, a proposito dei provvedimenti presi dai Governi nel 2018[4], nella “Nadef” si precisi che “le coperture (maggiori entrate e minori spese) ammontano a circa 0,4 miliardi nel 2018, 0,9 miliardi in ciascuno degli anni 2019 e 2020 e 0,8 miliardi nel 2021 (Tavola III.9). Nel periodo considerato, circa il 50% di tali risorse è ottenuto da misure sul versante delle entrate, tra le quali rientrano, in particolare, quelle che dispongono l’incremento del prelievo erariale unico sugli apparecchi per il gioco d’azzardo … Dal lato della spesa, contribuiscono al finanziamento degli interventi i risparmi che derivano dalla rimodulazione del profilo dei pagamenti di alcune spese in conto capitale, in conseguenza del differimento al 2020 dell’efficacia degli atti amministrativi che ne dispongono la relativa esecuzione e attuazione. Tali risparmi sono destinati a finanziare investimenti degli Enti Locali attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Ulteriori risorse sono assicurate dalla riduzione di alcuni fondi di parte corrente del bilancio dello Stato”.

Però, a pag. 57,il Governo cerca di proporre qualcosa di positivo, sempre sui provvedimenti 2018. Che in parte lo riguardano. Va bene e si comprende bene. Ma si tratta di una microanalisi. Le grandezze assolute in gioco, rispetto alla Tav.III.7da noi presa prima in considerazione, e per noi non analizzata a dovere nella “Nadef”, sono incommensurabili. Questo poiché nella Tav. III.10 (“Effetti cumulati degli ultimi provvedimenti varati nel 2018 sull’indebitamento netto della P.A. per sottosettore”) e Tav. III.11 (“Effetti netti cumulati degli ultimi provvedimenti varati nel 2018 sull’indebitamento netto della P.A. per sottosettore”), si tratta di poche decine o centinaia di milioni di Euro, non molto influenti, e non delle migliaia di miliardi di Euro dalle cui dinamiche si colgono i movimenti di fondo. O tellurici. Come proporre un confronto tra uno stock di debito di Euro 200mila, che può affossare una famiglia, con Euro 5.000 o Euro 10.000 di molto più piccolo debito. Lo stock è il macigno, gli effetti sono positivi, ma sono minimali. In ogni caso, ecco che cosa è scritto: “sui sottosettori della P.A. (Tavola III.10) migliora l’indebitamento netto delle Amministrazioni centrali per effetto delle disposizioni che prevedono incrementi di gettito e riduzioni di stanziamenti del bilancio dello Stato. I provvedimenti considerati sono sostanzialmente neutrali sul livello del deficit delle Amministrazioni locali, mentre il peggioramento del saldo di bilancio degli Enti di previdenza è ascrivibile agli effetti delle misure in materia di lavoro e occupazione”.

Come si illustra a pag. 123, l’ultima della “Nadef”, scorrendo laTavola A3 – “Effetti del Dl. n. 91/2018 sull’indebitamento della (valori in milioni; al lordo degli oneri riflessi)” – abbiamo in particolare che con il differimento al 2020 dell’efficacia di vari atti amministrativi relativi ad alcune spese in conto capitale si è potuto istituire un Fondo di sola cassa destinato a finanziare investimenti degli Enti Locali attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti con questa serie: Euro 140 milioni nel 2018; Euro 320 milioni nel 2019; Euro 350 milioni nel 2020; Euro 220milioninel 2021. Senza effetti sull’indebitamento. Sicuramente, questa, un’ottima mossa del Governo.

A pag. 43, a livello generale,si chiosa che a partire dal 2015 il miglioramento richiesto in termini di indebitamento strutturale è stato mitigato dai margini di flessibilità, riconosciuti dalla Commissione Europea. Va inoltre chiarito, per il Governo, che l’eventuale divergenza rispetto al sentiero di avvicinamento al “Mto” è significativa solo quando sia maggiore di una ‘soglia di tolleranza’. Altro criterio utilizzato è quello della regola della spesa, per il quale il tasso di crescita dell’aggregato di spesa deve restare al di sotto di una determinata soglia.

Pubblica Amministrazione

Il Governo valuta che “per la Pubblica Amministrazione locale, motore dello sviluppo territoriale, è necessario operare contemporaneamente su 2 fronti: da una parte, ripensare le procedure di risanamento finanziario e dall’altra sbloccare il turn over e rafforzare le competenze della dirigenza locale. Inoltre, si intende introdurre misure di semplificazione dirette a ridurre i costi per cittadini e imprese attraverso procedure amministrative telematiche uniformi sul territorio, eliminando incertezze applicative e facilitando la fruizione dei servizi e l’attività di impresa. Si opererà inoltre sui responsabili dei processi e sulle figure manageriali e dirigenziali che dovranno stimolare il cambiamento e promuoverlo, contribuendo a migliorare il sistema che coordinano”. Per il Governo, è infatti necessario“ripartire dalla dirigenza, rimasta esclusa dalla recente riforma del lavoro pubblico, riconoscendo il merito, favorendo la formazione continua, anche nel Settore delle tecnologie digitali, stimolando il raggiungimento degli obiettivi e definendo chiaramente i criteri di valutazione della performance. Questo avverrà in ogni ambito e settore della Pubblica Amministrazione e rappresenterà la chiave di valutazione dei dipendenti pubblici”.

Abbiamo già visto prima, citando pag. 8 della “Nadef”, il “Disegno di legge recante interventi per la concretezza delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”.

Nel ‘Decreto Concretezza’, in particolare, si prevede quanto segue:

(a) l’istituzione, presso il Dipartimento della Funzione pubblica, del ‘Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa’, con il compito di procedere alle rilevazioni dello stato e delle modalità di attuazione delle disposizioni in materia di funzionamento delle P.A. e dell’individuazione di eventuali misure correttive;

(b) l’introduzione di strumenti biometrici (impronte digitali o iride) per verificare le presenze dei lavoratori pubblici;

(c) l’adeguamento dei Fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale in proporzione al numero delle nuove assunzioni;

(d) la sostituzione dei buoni pasto erogati sulla base delle Convenzioni BP7 e BPE1, stipulate da Consip Spa e risolte per inadempimento;

(e) la possibilità, per le Amministrazioni dello Stato, delle Agenzie e degli Enti pubblici non economici, di assumere personale a tempo indeterminato in misura pari al 100% del personale cessato dal servizio nell’anno precedente, reclutando, in via prioritaria, figure professionali con elevate competenze in specifiche materie quali la digitalizzazione, la semplificazione dei processi amministrativi, la gestione dei fondi strutturali, la contrattualistica pubblica, ecc.;

(f) la possibilità per le predette Amministrazioni di procedere, nel triennio 2019/2021, all’effettuazione di assunzioni, mediante scorrimento delle graduatorie ovvero tramite apposite procedure concorsuali indette in deroga alla normativa vigente in materia di mobilità del personale e senza la necessità della preventiva autorizzazione, da svolgersi secondo procedure semplificate e più celeri.

Infine, come visto anche in precedenza, si precisa che la “Legge di bilancio 2019” proseguirà determinate politiche per attuareil Quadro programmatico che prevede anche sostegni per le piccole e medie imprese e “risorse per code contrattuali e perequazioni relative alle retribuzioni pubbliche”.

Valorizzazione del patrimonio immobiliare e concessioni

Dapprima si chiarisce a pag. 60 – “Valorizzazione del patrimonio immobiliare” – che “i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 600 milioni, di cui 50 milioni per le vendite di immobili delle Amministrazioni centrali, 380 milioni per le vendite effettuate dalle Amministrazioni locali e 170 milioni per le vendite degli Enti di previdenza. Le dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico per gli anni 2019 e 2020 sono stimate, rispettivamente, pari a 640 milioni e 600 milioni”.

Poi, a pag. 68, nella Tav. IV.1 – “Raccomandazioni per il 2017 e per il 2018” – di più interessante abbiamo per il 2018: “Area di policy: Politica fiscaleRacc. 1 – […] Spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Intensificare gli sforzi per ridurre l’economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. […]”. Quindi: “Area di policy: Riforma della P.A.Raccomandazioni 2017: Racc. 2 – […] Completare la riforma del ‘Pubblico Impiego’ e migliorare l’efficienza delle imprese pubbliche”;“Raccomandazioni 2018: Racc. 2 – […] Assicurare il rispetto del nuovo quadro normativo per le imprese di proprietà pubblica e accrescere l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali”.

Dopo, a pag. 76: “la valorizzazione del patrimonio pubblico è parte integrante della strategia economica e di bilancio del Governo in quanto, oltre ai benefici per il Sistema Paese, ha implicazioni rilevanti per l’efficienza e l’ottimizzazione della gestione degli stessi asset pubblici.Per il patrimonio immobiliare, la valorizzazione si sviluppa secondo 2 principali direttrici:

  1. per i cespiti più appetibili, attraverso varianti urbanistiche e variazioni nella destinazione d’uso degli immobili, propedeutiche alla cessione, che può essere diretta o mediata da Fondi immobiliari;
  2. per gli immobili utilizzati a fini istituzionali, attraverso una gestione economica più efficiente, la razionalizzazione degli spazi utilizzati e la rinegoziazione dei contratti di locazione. Le azioni di riqualificazione e dismissione prevedono il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali, nel quadro del c.d. ‘Federalismo demaniale’”.

Successivamente, a pag. 78, si precisano cifre diverse rispetto a pag. 60: “per il 2018, i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 690 milioni, di cui 50 milioni per le vendite di immobili delle Amministrazioni centrali, 400 milioni per le vendite effettuate dalle Amministrazioni localie 240 milioni per le vendite degli Enti di previdenza. Le dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico per gli anni 2019 e 2020 sono stimate, rispettivamente, pari a 730 milioni e 670 milioni”. Restano ferme quelle centrali, ma crescono quelle locali da 380 a 400 milioni di Euro. Lievitano ancor di più delle degli Enti previdenziali. In totale circa Euro 90 milioni di differenza. Il 15% in più. Diciamo 5 milioni a pagina. Non poco nello stesso Documento di programmazione[5]. E, non è l’unica. Particolarmente per quelle concettuali di matrice “finemente politica”. Che abbiamo messo in rilievo. Cose che capitano. Quelle materiali. Nella fretta. Ma che non dovrebbero capitare. Quelle concettuali. Nell’insistenza.

A pag. 79: “i maggiori introiti che potrebbero derivare dal prospettato riordino delle concessioni sono, allo stato attuale, difficilmente quantificabili. Tuttavia, i dati disponibili evidenziano importanti potenzialità per la finanza pubblica e per la riduzione del rapporto Debito/Pil. Il Governo studierà un’ipotesi in cui maggiori proventi generati dalla razionalizzazione delle concessioni potrebbero afferire al ‘Fondo di Ammortamento del debito pubblico’, unitamente ai proventi delle dismissioni immobiliari e delle alienazioni di quote di Società partecipate. Nell’ambito dello stesso processo, parte dei maggiori introiti riferibili alle concessioni rilasciate dalle Amministrazioni locali potrebbero essere vincolati alla riduzione del loro indebitamento. Ciò contribuirebbe alla realizzazione di quello 0,3% medio annuo di proventi da dismissioni attualmente incorporato nelle proiezioni del Debito pubblico”. Qui c’è la confessione. Più grave di uno svarione puramente formale. Lo 0,3% del debito pubblico di Euro 2.300 miliardi fa esattamente Euro 690 milioni, e non i 600 milioni di pag. 60 della “Nadef”. Quindi, sembra che il vero dato sia Euro 600 milioni, poi stiracchiato per far tornare i conti. Se così fosse, come sembrerebbe, c’è da essere preoccupati su tutto il resto contenuto nella “Nadef[6].

Rete idrica, edilizia pubblica e prevenzione rischi sismici

Vediamo un po’. A pag. 75: “le infrastrutture idriche saranno riqualificate per farsi carico del tema della crescente scarsità dell’acqua connessa anche alla sempre più frequente alternanza di eventi siccitosi e di fenomeni alluvionali. Il Governo sta predisponendo un Piano nazionale di interventi per l’ampliamento ed il completamento degli invasi esistenti. Questi investimenti hanno un basso impatto ambientale, possono essere cantierabili in poco tempo e realizzabili da imprese locali. Gli interventi sono valutati attraverso un set di indicatori molto semplice, e quindi, condivisibile da parte delle Amministrazioni locali e da parte degli altri stakeholders”.

Poi, a pag. 76: “il Governo opterà per una gestione sostenibile del suolo occupato attraverso un’adeguata politica che promuova la rigenerazione urbana, attraverso la promozione di regole semplici e cogenti contro il consumo del suolo, controlli efficaci e sanzioni. Inoltre, verranno stabilizzati l’’ecobonus’ e il ‘sisma bonus’con l’introduzione di tipologie di certificazioni capaci di garantire i crediti e la predisposizione di contratti differenziati per tipologie d’intervento, in grado di semplificare le attività delle Amministrazioni locali”.

Si continua a pag. 76 con le intenzioni del Governo: “proseguiranno le azioni di mitigazione del rischio sismico attraverso interventi e misure di messa in sicurezza del patrimonio abitativo e di miglioramento del patrimonio energetico, promuovendo altresì una cultura della conoscenza e della prevenzione. Si opererà attraverso misure specifiche, quali:

  1. finanziamento per le verifiche di vulnerabilità ed i progetti di adeguamento delle Scuole in zone a rischio sismico 1 e 2: sono stati finora finanziati 875 interventi proposti dagli Enti locali, suddivisi fra verifiche di vulnerabilità e progettazioni di adeguamento sismico;
  2. 10 cantieri pilota per sensibilizzare i territori ad intervenire sulla messa in sicurezza di edifici pubblici esistenti.I progetti si svolgeranno in Comuni scelti su tutto il territorio nazionale, con l’effettuazione di interventi esemplari di messa in sicurezza antisismica su edifici di proprietà pubblica ad uso residenziale;
  • Casa Sicura ‘Portale sisma bonus’ per agevolare la conoscenza e la fruizione della detrazione concessa ai proprietari di immobili, adibiti sia ad abitazione che ad attività produttive, per interventi di adeguamento antisismico. Il Portale telematico permette di semplificare adempimenti e procedure per proprietari e professionisti, restituendo, al contempo, all’Amministrazione informazioni e dati sul ricorso alle agevolazioni fiscali e sul miglioramento delle caratteristiche antisismiche degli edifici in esito agli interventi effettuati”.

Infine, come detto, a pag. 97 si conferma: “tra le misure per la sicurezza degli edifici scolastici, il Miur, in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana e il Consiglio nazionale delle ricerche, ha avviato una mappatura satellitare degli edifici scolastici per poter verificare eventuali spostamenti degli stessi al fine di avviare tempestivamente i controlli. Sul portale del Ministero sono attualmente disponibili in chiaro tutti i dati presenti nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica”.

Innovazione e produttività

La prima cosa che può interessare si trova a pag. 88: “In linea con le priorità europee, il Governo si propone inoltre di aumentare gli investimenti pubblici e privati nell’intelligenza artificiale e nelle tecnologiestrettamente connesse, anche attraverso la definizione di una apposita Strategia nazionale e di Gruppi di lavoro. A tale proposito il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato una call for experts per la definizione della Strategia nazionale sull’intelligenza artificiale. Tra le politiche legate all’innovazione un ruolo trainante è svolto dalla Strategia nazionale per ‘Banda Ultra Larga’, essenziale per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. L’obiettivo della Strategia è quello di: garantire entro il 2020 la copertura con reti ultraveloci oltre i 100 Mbps ad almeno l’85% della popolazione italiana; estendere la copertura ad almeno 30 Mbps alla totalità della popolazione italiana e la copertura oltre i 100 Mbps a tutte le sedi/edifici pubblici, poli industriali, aree di interesse economico e concentrazione demografica, nonché alle principali località turistiche e agli snodi logistici”. Importantissimo impegno.

Riprendendo un tema già visto in precedenza, si sottolinea a pag. 97: “nel corso del 2018 è stata data attuazione al ‘Piano nazionale Scuola digitale’ in base alle tempistiche programmate. In considerazione di una necessaria revisione delle modalità di disseminazione delle metodologie didattiche è prevista l’attivazione di équipe a supporto delle Istituzioni scolastichenell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente”.

Sicurezza pubblica e difesa

Alcuni cenni riferiti al mondo delle Autonomie locali. Già visti, in parte, in precedenza.

Dapprima a pag. 112: “le azioni che il Governo intende perseguire riguardano: … iii) la revisione dell’ordinamento degli Enti Locali, per contrastare il condizionamento dei poteri criminali e la corruzione; …”.

Poi, a pag. 114, il “Decreto Sicurezza e Immigrazione” approvato nel settembre tra l’altro stabilisce: “Con riferimento alla Sicurezza pubblica, il Decreto-legge mira ai seguenti obiettivi: …

  1. rafforzare i dispositivi a garanzia della Sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata di tipo mafioso;
  2. migliorare il circuito informativo tra le Forze di Polizia e l’Autorità giudiziaria e pervenire e contrastare le infiltrazioni criminali negli Enti Locali”.

Ci sembra utile ribadire quanto a pag. 115: “il Governo chiederà una delega al Parlamento per una revisione sistematica dell’ordinamento degli Enti Locali, che ridefinisca il complessivo assetto della materia, armonizzando le disposizioni originarie sia con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 (Legge Costituzionale n. 3/01), sia con i numerosi interventi di settore succedutisi negli anni, in particolare la Legge n. 56/2014 (cd. ‘Legge Delrio’) e gli interventi per la legalità territoriale”.

Infine, a pag. 117: “compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, il Governo intende altresì sviluppare un approccio volto a fornire nuove opportunità, favorendo da un lato la possibilità di nuove assunzioni nelle Forze dell’Ordine appartenenti al Dicastero (Arma dei Carabinieri), dall’altro elaborando e sviluppando un nuovo Piano delle assunzioni. Queste ultime avverranno nell’area sia operativa sia tecnico-industriale, formando i giovani sul territorio in sinergia con le Istituzioni locali ed il mondo delle imprese che ruota intorno alla Difesa, in cui arsenali, stabilimenti, poli di mantenimento ed Enti militari a carattere industriale dovranno rappresentare un’opportunità di sviluppo”.

Brevi cenni conclusivi

Molti altri potrebbero essere stati gli argomenti da affrontare. Pensiamo al tema del credito che costerà di più (imprese, artigiani, famiglie). O all’indebolimento patrimoniale delle banche (con tutte le conseguenze per i cittadini). Oppure, alle perdite di valore dei titoli pubblici in portafoglio (risparmiatori e cassettisti). O, ancora, al significato degli effetti fiscali quando si pensa a cosa accadrà all’aiuto alla crescita economica (Ace) o all’Imposta sul reddito imprenditoriale (Iri) con il possibile aumento della pressione fiscale. Tralasciamo la comparazione tra promesse elettorali, troppe, e la “Nadef” che fa “quello che può”. Considerate le premesse e le promesse. E potremmo continuare. Non resta che rimandare alla “Legge di bilancio”. Senza dire altro. Per ora.   

[1] Per memoria, già visto in precedenza: “Il Programma di politica economica e finanziaria del Governo illustrato nel presente documento è coerente con il ‘Contratto di Governo‘ e con la Risoluzione parlamentare sul ‘Def 2018’, approvata dal Parlamento il 19 giugno scorso. Esso può essere riassunto nei seguenti punti principali: • Totale cancellazione degli aumenti dell’Iva previsti per il 2019; • Introduzione del ‘Reddito di cittadinanza’; • Riforma e potenziamento dei Centri per l’impiego; • Introduzione di modalità di pensionamento anticipato per favorire l’assunzione di lavoratori giovani; • Prima fase di attuazione della ‘flat tax’, tramite l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani; • Taglio dell’Imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi; • Rilancio degli investimenti pubblici attraverso un incremento delle risorse finanziarie, rafforzamento delle capacità tecniche delle Amministrazioni centrali e locali nella fase di progettazione e valutazione dei progetti, nonché una maggiore efficienza dei processi decisionali a tutti i livelli della P.A., modifiche al ‘Codice degli Appalti’ e la standardizzazione dei contratti di ‘partenariato pubblico-privato’; • Programma di manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamenti italiana; • Politiche di rilancio dei Settori-chiave dell’economia, in primis il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni…”.

[2] Per ulteriori informazioni si vada a pag. 42 con le 2strip e il punto su “Indebitamento netto 2017/2021”. Nella “Nota aggiornamento Def”: -2,4; -1,8; -2,4; -2,1; -1,8. Nel “Def 2018”: -2,3; -1,6; -0,8; 0,0; 0,2. Il peggioramento è del tutto palese.

[3] Va precisato che il livello del debito è calcolato al lordo dei sostegni finanziari Area Euro e delle passività nei confronti degli altri Sottosettori. Comunque, anche al netto dei sostegni Area Euro, per le Amministrazioni locali i valori restano esattamente gli stessi. Mutano leggermente per le Amministrazioni centrali. Difatti, al netto di una “tara” costante che nel quinquennio oscilla su circa Euro 60 miliardi, non cambierebbe la ns. analisi. Nel senso che le 2 progressioni divergenti nel tempo, in modo del tutto significativo, tra Amministrazioni centrali e Amministrazioni locali, tali sono con i valori adottati e tali resterebbero anche assumendo i valori netti. L’evidenza numerica cambierebbe in modo risibile, per decimi di punto percentuale. Ma non muterebbe il risultato a cui si perviene.

[4] Dl. n. 55/2018, recante ‘Ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016’, convertito con modificazioni dalla Legge n. 89/2018; Dl. n. 87/2018, recante ‘Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese’, convertito con modificazioni dalla Legge n. 96/2018 e il Dl. n. 91/2018, contenente ‘Proroga di termini previsti da disposizioni legislative’, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108/2018.

[5] In realtà, abbiamo trovato vari refusi ed errori disseminati qua e là. Seguendo il web del Mef abbiamo visto che da principio alcuni erano stati corretti con una apposita “Errata corrige”. Poi non abbiamo più trovato questa rettifica. Comunque, detto tra colleghi, capitano sempre queste cose. Sebbene, considerato il ritardo con cui è stata varata la “Nadef”, ciò potrebbe anche significare che ci sono stati contrasti tra i Ministeri e si siano accorciati talmente i tempi da mettere in grande difficoltà chi doveva poi rimettere “tutto a pulito” e con i numeri quadrati. Siamo convinti che anche questo modesto articolo conterrà sbavature. Ce ne scusiamo sin d’ora, assumendocene tutta la responsabilità.

[6] Lo scriviamo, col sorriso in bocca, anche per dare un po’ di soddisfazione ai tanti colleghi degli Enti Locali sempre così vituperati da alcuni. Come si può dimostrare, le cose non sono lineari. Neanche a Roma. Sebbene, tra di noi, già si sappia. Ahimè.

 

di Luca Eller Vainicher e Nicola Tonveronachi