“Non si può tornare indietro sul reddito di cittadinanza: bisogna continuare, migliorandolo. Perchè non basta dare un reddito per abolire il problema della povertà”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli.
“Siamo d’accordo con quanto detto in proposito dal presidente del Consiglio, Mario Draghi: le Acli il reddito di cittadinanza lo hanno chiesto a gran voce, e siamo d’accordo che in Italia uno strumento di contrasto alla povertà sia fondamentale. Certo, va migliorato -sottolinea il presidente delle Acli- soprattutto per quanto riguarda le opportunità di lavoro”. In Italia la povertà è aumentata molto negli ultimi mesi. “Gli ultimi dati dell’Istat -ricorda Manfredonia- sono inquietanti: si parla di 1,2 mln di bambini che vivono nel nostro Paese in povertà, e la povertà minorile non è solo scarsità di cibo, ma è soprattutto mancanza di opportunità come quella di frequentare scuole, di fare le vacanze, di fare sport”. Manfredonia spiega cosa non va nell’attuale sostegno e dice: “La prima cosa è l’aspetto che se uno inizia a lavorare, perde di botto il reddito di cittadinanza e se uno poi perde il lavoro non può usufruire del reddito di cittadinanza ma deve aspettare l’anno successivo. Questo rischia di favorire il lavoro nero e davvero rischia di favorire chi ha più voglia di stare in poltrona che riscattarsi. Ci deve invece essere un sistema flessibile -propone Manfredonia- per cui una persona che ha il reddito di cittadinanza lo possa sospendere in attesa dell’inserimento definitivo lavorativo”.
“Non ci sono offerte di lavoro? Si faccia formazione”
L’altra proposta che avanza le Acli è che, “in assenza di opportunità lavorative, si facciano avviare, ai percettori di reddito di cittadinanza, attività formative finalizzate all’inserimento professionale anche perché i numeri ci dicono che il 70% dei percettori ha finito solo la scuola secondaria”. Quindi, sottolinea, occorre “legare la prestazione del reddito di cittadinanza a percorsi di formazione che possano poi aumentare le opportunità di lavoro”. Il terzo punto, sostiene Manfredonia, “è che il reddito di cittadinanza non si può dare solo a chi 10 anni di residenza in Italia, perché così si dividono le persone in ‘poveri’ e ‘più poveri'”. “Questa è un’opportunità che secondo noi -spiega il presidente delle Acli- va data anche a chi ha due anni di residenza. Mi sembra che nel governo ci si orienti verso un’ipotesi di 5 anni di residenza in Italia per avere il reddito di cittadinanza. E’ una mediazione che già potrebbe essere accettabile”, conclude Manfredonia.
Green pass, ‘preoccupazioni Landini condivisibili’
“Se Landini denuncia questi rischi, significa che il sindacato li sta percependo, e va detto che il tema del Green Pass è un tema importante che per molte aziende (e lo vediamo anche noi nei nostri circoli) è un aggravio enorme. Detto questo, quale è l’alternativa? Le preoccupazioni di Landini sono condivisibili, e per questo è meglio normare l’accesso ai luoghi di lavoro con Green Pass”. Così Emiliano Manfredonia, commenta poi le parole del segretario generale della Cgil che nei giorni ha dichiarato che il Green Pass “non può servire né per licenziare le persone né per demansionarle né per ridurre lo stipendio”. “Qui, se non ci si vaccina e se non abbiamo un sistema di tracciamento (che appunto può essere il Green Pass), corriamo alti rischi di chiusure totali -aggiunge Manfredonia- o di quello che dice Landini. Certo, per ora non c’è una legge sul Green Pass nei luoghi di lavoro, ma solo tribunali che si sono espressi a favore del Green Pass e della sospensione del lavoratore che non attesta il vaccino”. “La questione del green pass andrebbe comunque normata -conclude Manfredonia- sia perchè col virus dovremmo conviverci un bel po’ di anni sia per evitare quegli abusi che denuncia Landini. E comunque, finchè non ci sarò una cura efficace, ci auguriamo che il vaccino sia scelto dal maggior numero di persone possibile”. (di Mariangela Pani)