Corte di Cassazione – Sezione seconda giurisdizionale centrale d’Appello – Sentenza n. 594 dell’8 ottobre 2014
Oggetto
Assoluzione di un Economo comunale per aver pagato prestazioni artistiche a percipienti che avevano falsificato le deleghe per la riscossione: modifica Sentenza di condanna della Sezione territoriale per la Basilica n. 164/08.
Premessa
L’Economo di questo importante Comune nel 1986 provvede al pagamento di acconti (e successivamente di saldi) a favore di una Compagnia teatrale per spettacoli in piazza, realizzati in occasione dell’estate cittadina. L’accusa è di non aver verificato la legittimità della documentazione; infatti, successivamente il Comune era stato condannato, in sede civile, a rifondere 20.000 Euro ad una Ditta con cui lo stesso Comune si era accordato per ottenere le stesse prestazioni artistiche. La Procura della Corte dei conti contesta all’Economo un danno di oltre 27.000 Euro (compreso le spese legali nel giudizio civile) per la “grave negligenza e superficialità” nell’aver corrisposto i compensi pattuiti “senza preventivamente accertare la legittimità dei percipienti e senza riconoscere la palese falsità delle deleghe alla riscossione”. I Giudici territoriali (Sentenza n. 164/2008), pur riconoscendo che l’Economo è stato ingannato dalla documentazione a lui presentata (fattura della Ditta, quietanzata) e che la prassi, per gli spettacolo teatrali, è il pagamento “mezz’ora prima dell’inizio dello spettacolo”, lo condannano al pagamento di Euro 10.000, oltre alle spese del processo. L’interessato presenta ricorso per “difetto di colpa grave”, principalmente perché aveva identificato il soggetto a cui ha corrisposto la somma di denaro e, stante i tempi ristretti, non aveva avuto l’opportunità di verificare la delega rilasciata dall’Impresa, la cui firma si è poi dimostrata falsa. I Giudici d’appello mandano assolto il dipendente, riconoscendo al suo difensore gli onorari dei 2 gradi di giudizio.
Sintesi della Sentenza
Con Atto di citazione del 21 novembre 2007, la Procura regionale conveniva in giudizio il Ragioniere perché ritenuto responsabile del danno di Euro 27.562,64 patito dal Comune, presso il quale lo stesso prestava servizio all’epoca dei fatti contestati, e corrispondente all’importo pagato dal Comune ad una Ditta, a seguito di accordo transattivo definitorio di precedente controversia giudiziaria che aveva visto il Comune soccombente.
Il Ragioniere, nella propria qualità di Economo del Comune, provvedeva conseguentemente al pagamento delle fatture emesse a seguito delle prestazioni effettuate. Tale pagamento, che si articolava attraverso la corresponsione di acconti e di “saldi” versati personalmente nell’imminenza degli spettacoli (mezz’ora prima dell’inizio di ogni spettacolo), veniva contestato dopo qualche anno (1991) dalla Ditta che asseriva di non essere stata mai pagata per quanto prestato.
Seguiva così una controversia giudiziaria, all’esito della quale il Tribunale condannava il Comune a versare alla Ditta la somma di 34.351 Euro, comprensiva del corrispettivo vantato dal creditore, della rivalutazione monetaria, degli interessi legali e delle spese sostenute dalla difesa dell’attore vittorioso.
L’importo risultante dalla condanna veniva corrisposto, alla predetta Ditta, previa transazione la somma di 20.000 Euro oltre al pagamento delle spese di giudizio per l’importo di Euro 7.562.
Riteneva la Procura regionale che la predetta somma di 27.562 Euro costituisse danno ingiusto per il Comune, del quale era ritenuto responsabile il Ragioniere, cui veniva contestato di aver pagato, con grave negligenza e superficialità, i pattuiti corrispettivi per le prestazioni artistiche rese dai cantanti che si erano esibiti nell’estate del 1986, a persone diverse dal titolare legittimato a ricevere gli stessi, senza curarsi di accertare la effettiva e reale legittimazione e riscuotere le somme. Tale condotta aveva così generato al pretesa azionata giudizialmente con successo e la conseguente duplicazione di pagamento.
Il Ragioniere, invitato a dedurre sul punto, osservava come “alcuna negligenza fosse ravvisabile nella propria condotta nel caso contestato, essendo stati i pagamenti dal medesimo effettuati sorretti e giustificati dalla necessità di assicurare la prestazione concordata, nonché dalla produzione di atti di delega idonei ad attribuire titolarità della riscossione a chi se ne faceva portatore”.
Le iniziali spiegazioni, invero articolate in ampia memoria che poneva in risalto le concrete, minute e “costruttive” condizioni in cui si svolgevano ed eseguivano i pagamenti, non venivano ritenute dalla procura sufficienti per superare i motivi di addebito.
La Procura territoriale, richiamando le motivazioni spiegate dal Tribunale nella Sentenza di condanna dell’Amministrazione civica, contestava al Ragioniere la “mancata osservanza delle norme disciplinanti il pagamento effettuato in favore del creditore apparente che si era tradotta nella inescusabile corresponsione di somme a persone diverse da quelle che potevano dirsi titolate a riceverle”.
Seguendo il percorso argomentativo sviluppato dal Giudice civile, la parte pubblica sosteneva come la falsità della firma del titolare della Ditta che risultava apposta sulle procure alla riscossione che erano di seguito state disconosciute poteva essere rilevata agevolmente dal Ragioniere attraverso la utilizzazione dei normali criteri comparativi riferiti alla stessa firma apposta sui contratti; e ciò anche in assenza delle cognizioni peritali che avevano condotto ad accertare, a seguito di apposita consulenza grafologica di parte, la falsità della stessa.
La difesa del soggetto contestava in modo deciso l’avverso dedotto, eccependo l’infondatezza della pretesa risarcitrice fatta valere nell’atto di citazione. Venivano così poste in risalto le particolari modalità in cui si procedeva ad effettuare i pattuiti pagamenti che non avrebbero consentito, a causa dei ristretti tempi fissati per la “solutio”, approfonditi controlli sulla effettiva legittimazione “dell’accipiens”; si evidenziava peraltro come le circostanze soggettive rappresentate da coloro che si presentavano per ottenere i pagamenti non lasciavano intuire la successivamente accertata “non titolarità” di chi materialmente acquisiva il corrispettivo della prestazione. Tale circostanza,unitamente alle critiche rivolte alla strategia processuale seguita dal Comune nella controversia giudiziaria intrapresa dal Ragioniere, ed a “lacune” istruttorie rinvenibili nella decisione assunta dal Tribunale, inducevano il difensore del soggetto a concludere per la richiesta di assoluzione da ogni addebito.
I Giudici territoriali affermano “che risulta evidente che la intervenuta duplicazione di pagamenti, per come si è svolta e per come è stata accertata, costituisca danno certo per il Comune; a fronte di tale inutile corresponsione di duplici pagamenti, peraltro, alcuna utile vantaggio può, neanche lontanamente, prospettarsi per il Comune”.
V’è da dire, a tale riguardo, “che l’esame dei contratti di prestazione artistica stipulati dal Comune per la realizzazione delle serate evidenzia condizioni di esecuzione che sono da ritenersi, in verità, ‘anomale’”. Il riferimento è alle modalità di versamento delle somme riconosciute a titolo di corrispettivo, che già in sede contrattuale venivano previste attraverso la materiale corresponsione di denaro contante, da effettuarsi “30 minuti prima della prestazione”.
Ulteriore anomalia è rappresentata dalla produzione dei documenti fiscali – fatture – che venivano trasmessi successivamente alla effettuazione dei pagamenti.
In tale contesto operativo, dunque, il Ragioniere effettivamente si trovò ad agire con tempi ristretti e modalità penalizzanti: lo stesso non si trovava nella condizione di disporre con serenità e tranquillità le dovute controprestazioni di denaro.
Il compito di questo Giudice, nell’accertamento della reclamata responsabilità dell’odierno convenuto, è infatti circoscritto alla indagine sulla esistenza del nesso causale tra l’evento dannoso e la condotta gravemente colposa da questi tenuta nel pagamento delle fatture e delle “deleghe di pagamento” allegate di cui il Tribunale ha disconosciuto la veridicità.
Ed in tale processo di accertamento, il Collegio non può ignorare le particolari incombenze e gli obblighi di particolare diligenza che devono caratterizzare ed ispirare le scelte operative di chi è chiamato, in ragione del proprio Ufficio, a gestire risorse finanziarie dell’Ente presso il quale presta servizio.
Il Ragioniere era, all’epoca dei fatti, Economo del Comune in questione. Egli dunque era chiamato a gestire somme di denaro per conto e in rappresentanza del Comune medesimo e in tali operazioni di gestione era tenuto ad osservare, al pari di tutti gli Agenti contabili e di coloro che maneggiano comunque il denaro pubblico, oneri segnati da particolare diligenza ed attenzione.
In ragione di tale contesto “adempitivo” non può non rilevare, ed anzi assume particolare importanza, quello che appare un vero e proprio obbligo di accertarsi che il pagamento venga effettuato nella mani della persona effettivamente titolata a riceverlo, soprattutto quando il predetto pagamento avvenga, come nel caso di specie è accaduto, attraverso la dazione materiale di denaro contante.
Per quanto astretto da condizioni operative penalizzanti e stringenti, appare connotata da grave superficialità ed imprudenza la scelta del soggetto di corrispondere le prestazioni in denaro pattuite per lo svolgimento delle manifestazioni artistiche di cui ai correlati contratti a persone che si presentavano, nell’imminenza dell’inizio dello spettacolo, a riscuotere i saldi risultanti dall’anticipato versamento degli acconti.
E’ vero che tali modalità potevano attendibilmente integrare, sia pure in modo parziale, quelle condizioni di apparente titolarità idonea a giustificare la regolarità del pagamento (solo infatti chi conosceva le condizioni contrattuali poteva presentarsi “mezz’ora prima dell’inizio dello spettacolo” per ricevere il saldo); tuttavia, la mancanza di ogni formalità della “delega”, per non dire dell’assenza di una formale procura in tal senso ed a tal fine rilasciata, avrebbero dovuto indurre il Rag. L. ad accertarsi – sia pure informalmente ovvero attraverso successivi accertamenti – che la persona che materialmente si presentava a riscuotere la controprestazione in denaro pattuita fosse effettivamente titolata ad esigere la stessa.
I Giudici territoriali individuano dunque nella mancanza delle più elementari accortezze e cautele da osservarsi nella gestione di denaro pubblico il tratto significativo della colpa grave da ascrivere alla condotta del Ragioniere.
La difesa, in sede di appello, ricostruisce la vicenda, con alcune precisazioni rispetto alla prima Sentenza: anzitutto, i contratti in esame erano di “mediazione” con un impresario e non di “prestazione artistica”; i pagamenti erano stati effettuati ad un terzo, che si presentava con delega alla riscossione e quietanze di pagamento apparentemente sottoscritte dal contraente privato, 30 minuti prima dello spettacolo, quando ormai era impossibile ogni controllo della delega e il pubblico era in attesa dell’evento; l’avente diritto non si era presentato alle manifestazioni per riscuotere, ed aveva dato fatture al sedicente delegato; solo dopo 5 anni dagli spettacoli (1991) egli aveva dichiarato la falsità delle deleghe e delle firme apposte sulle fatture rilasciate al Funzionario comunale, pretendendo il pagamento; la motivazione della Sentenza del Giudice onorario della Sezione stralcio del Tribunale aveva affermato che il Comune non poteva ritenersi liberato dall’obbligazione, in quanto la falsità era facilmente riconoscibile sia per l’impossibilità che l’impresario teatrale (titolare di una Ditta privata economicamente limitata) potesse avvalersi di collaboratori, sia per la completa e palese difformità tra la firma apposta sotto i contratti dal vero creditore e quelle apposte sotto la delega e sotto le fatture; il Comune non aveva proposto appello, e la Procura regionale si era limitata a contestare una “ripetuta ed ingiustificata omissione di obblighi di servizio e inescusabile negligenza”; la Sentenza impugnata (ricostruita nel suo contenuto) aveva espressamente ritenuto di non procedere ad alcuna valutazione dei fatti descritti nel processo civile, ed aveva fondato la condanna su fatti non contestati nella citazione del Pm., in specie:
– grave negligenza e superficialità nel pagamento, effettuato senza accertare la effettiva e reale legittimazione a riscuotere;
– mancata osservanza delle norme disciplinanti il pagamento (non indicate).
La difesa sottolinea in particolare la “mancanza della colpa grave” non potendosi addebitare nessuna negligenza all’appellante, per i seguenti motivi:
- a) anzitutto, l’Economo aveva identificato il delegato con carta di identità, così liberando il Comune ed imponendo al vero creditore (colui che aveva riconosciuto di essere stato “raggirato” dal terzo percettore) di rivalersi sul creditore apparente ex1189 e 2033 C.c., circostanza del tutto ignorata sia nel giudizio civile, sia nel giudizio contabile (quest’ultimo, secondo la difesa, appiattitosi sulla Sentenza civile senza alcuna autonoma istruttoria e valutazione);
- b) la stessa citazione del Pm. riferiva di violazione di obblighi di diligenza e di obblighi di servizio, e la Sentenza impugnata rammentava di “superficialità ed imprudenza”, senza peraltro precisare in alcun modo quali fossero gli obblighi specifici violati ed i comportamenti che violavano tali obblighi;
- c) in ogni caso, anche ammettendo la esistenza di un obbligo legale di comportamento violato dal soggetto, la mera violazione di legge non integrava di per sé una colpa grave, che presupponeva una valutazione in concreto della fattispecie, da cui emergesse una inescusabilità dell’interessato, il disinteresse per le funzioni svolte, e così via. Nella Sentenza impugnata, non solo non emergevano tali circostanze, ma addirittura si valorizzavano circostanze di segno opposto, che integravano non mere cause di riduzione dell’addebito (come ritenuto in Sentenza) ma vere e proprie esimenti da ogni colpa (le condizioni del contratto, i tempi ridotti per il pagamento, la presenza di una “folla di popolo” che aspettava l’inizio del concerto entro 30 minuti dal pagamento, l’impossibilità di controllare adeguatamente le firme di delega e di quietanza – che peraltro non apparivano manifestamente difformi da quella sul contratto, salva l’inversione tra nome e cognome).
I Giudici d’appello, passando al merito della causa premesso che sulla materiale dazione di denaro da parte del soggetto, sul danno da duplicazione di pagamento e sull’esercizio di funzioni non vi è contestazione in appello, come primo motivo di gravame la parte appellante invoca la mancanza di nesso causale tra la sua condotta e il danno. In specie, si afferma che la duplicazione del pagamento dipenderebbe da errori commessi nel processo civile (sia della difesa del Comune, sia del giudicante), che ad avviso della difesa avrebbero determinato una condanna ingiusta del Comune, spezzando il nesso causale tra la condotta del soggetto e il danno (la duplicazione di pagamento derivata appunto dalla condanna civile).
In merito a tali eccezioni, ritiene il Collegio che rientri in un ordinario decorso causale il fatto che un pagamento a soggetto non legittimato (la condotta contestata al soggetto) determini un’azione civile da parte dell’avente diritto (a torto o a ragione) e quindi la condanna del pagatore (anche erronea). In altri termini, l’eventuale errore del giudicante e l’errore difensivo del Comune non costituiscono una causa sopravvenuta “da sola sufficiente” a produrre l’evento dannoso, bensì mere concause del danno in contestazione, utili al limite per un riparto dell’addebito, ma non come esimente da responsabilità. Pertanto, questo motivo di appello è infondato. Diverso discorso vale per l’invocata mancanza di condotta antigiuridica e gravemente colposa.
Va anzitutto precisato che, per i motivi sopra precisati in questa sede va esaminata la condotta antigiuridica e gravemente colposa contestata in citazione; ovvero, non quelle specifiche condotte in violazione di specifici doveri di ufficio (dell’Economo) indicate nella Sentenza (in specie la mancanza di una formale procura all’incasso, i mancati accertamenti in vie brevi della legittimazione all’incasso), bensì la condotta posta a base della condanna civile, ovvero l’omesso accertamento della mancanza di legittimazione a riscuotere del percipiente, non avendo il L. rilevato la evidente falsità delle deleghe alla riscossione (riconoscibile confrontando le firme sulle deleghe con le firme sul contratto).
Commento
Dopo 25 anni dall’evento l’Economo è assolto. La vicenda sembra quasi “irreale”. Sicuramente non c’è stata molta “comunicazione” tra gli Uffici comunali che hanno organizzato le manifestazioni teatrali e l’Economo. Quest’ultimo, secondo una prassi in uso, “deve” pagare l’impresario mezz’ora prima dell’inizio dei concerti (in alcuni teatri è previsto il pagamento tra il primo e secondo tempo, vecchia prassi per impedire all’impresario di non adempiere ai propri obblighi verso la compagnia dei teatranti). Il Comune ha pagato anche le spese di giudizio (sia quello civile che quello contabile); ci sono alcune critiche su come il Comune ha “coltivato” il giudizio civile.
Sarebbe stato molto grave che per la “truffa” avesse pagato solamente l’Economo perché non aveva controllato le firme. Si sottolinea che la truffa fu scoperta alcuni anni dopo: perché l’Impresa di mediazione degli spettacoli non si attivò immediatamente alla fine dell’estate teatrale?
di Antonio Tirelli