Danno erariale: condanna di Amministratori per il riparto del compenso incentivante per l’accertamento dei tributi

Corte dei conti – Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, Sentenza n. 298 del 23 marzo 2013

Oggetto

Condanna degli Amministratori comunali e del Direttore dei “Servizi Finanziari” per irregolarità del riparto del compenso incentivante per l’accertamento dei tributi: conferma Sentenza n. 34/10 della Sezione territoriale per la Basilicata.

Premessa

Nel 2002, la Giunta di questo importante Comune decide di esternalizzare il “Servizio di accertamento e liquidazione dei tributi locali” per il periodo 2002/2005 (senza alcuna sostanziale soluzione di continuità con un precedente affidamento con altra Società, per il periodo 1995/2000). Contemporaneamente veniva istituito un “Fondo incentivante” destinato a potenziare e migliorare l’attività dei dipendenti dell’Area finanziaria, sul fronte dell’accertamento e della riscossione delle entrate locali; nella Deliberazione non erano indicati i parametri ed i criteri di ripartizione.

La Procura territoriale alla fine del 2007 cita in giudizio la Giunta comunale, il Segretario e il Dirigente finanziario per un danno di circa 700.000 Euro, per 2 tipologie di danno: l’esternalizzazione del Servizio e la contemporanea costituzione del “Fondo incentivante”. Infatti, secondo la Procura, il Comune aveva sostenuto, per il medesimo Servizio, un costo rilevante ed abnorme “costituito dall’ordinario pagamento delle retribuzioni, dalla corresponsione degli emolumenti straordinari costituiti dal compenso incentivante e dalla erogazione del corrispettivo della convenzione stipulata per l’esternalizzazione del Servizio”. I Giudici territoriali limitano la vertenza all’erogazione del compenso incentivante, che dal 2003 al 2005 è ammontato a circa 90.000 Euro. Tale danno ingiusto, ridotto al 70%, è addebitato, per il 50% ai componenti della Giunta, e per il 50% al Responsabile del “Servizio Finanziario” (che ne ha personalmente beneficiato). Il Segretario è assolto e il ricorso in appello è respinto.

Sintesi della Sentenza

La Procura territoriale sostiene che nella Deliberazione del 2003 istitutiva del “Fondo incentivante” la Giunta avesse del tutto “omesso la indicazione dei necessari parametri e criteri di ripartizione, sì da consentire la ingiustificata e dannosa erogazione per gli anni 2003, 2004 e 2005 della complessiva somma di Euro 71.995,18”.

Sulla scorta di tali risultanze documentali, e di tali conclusioni di indagine, la Procura regionale contestava il danno costituito dall’importo complessivo della spesa sostenuta, tanto per l’affidamento delle attività di accertamento dei tributi locali, quanto per la istituzione ed erogazione del compenso incentivante.

Veniva ribadito dalla Procura che, tanto la scelta di affidare all’esterno l’attività di accertamento dei tributi locali, quanto quella, alla prima di poco successiva, di istituire e poi erogare il compenso incentivante al personale comunale inserito nell’Amministrazione del Comune, si rivelavano irrazionali, incongrue, non informate ai principi della buona amministrazione di cui all’art. 97 Costituzione nonché, per molti profili, illegittime, e, comunque produttive di un danno ingiusto per il Comune, che era stato costretto a sostenere, per un medesimo servizio, un costo rilevante ed abnorme, perché costituito dall’ordinario pagamento delle retribuzioni, dalla corresponsione di emolumenti straordinari costituiti dal compenso incentivante e dalla erogazione del corrispettivo della convenzione stipulata per la esternalizzazione di un Servizio che, secondo l’assunto accusatorio, ben poteva essere svolto ed assicurato dagli Uffici del Comune attraverso il razionale e diligente impiego delle ordinarie risorse disponibili; e ciò in quanto si trattava di compiti riconducibili a quelle che possono oggi definirsi vere e proprie “priorità” operative ed istituzionali della macchina organizzativa comunale.

Nel soffermarsi diffusamente sulla evidenziazione della colpa grave riconoscibile nella condotta serbata nel caso in esame dagli odierni convenuti, il Procuratore regionale segnalava anche come l’insufficienza organizzativa degli Uffici del Comune fosse stato argomento decisivo, sia per fondare la necessità della “esternalizzazione” di un servizio ordinariamente gestito dall’assetto organizzativo comunale, sia per giustificare la corresponsione di emolumenti “premianti” la produttività dei dipendenti interni dell’Ente.

Il danno di Euro 72.000 riferito all’istituzione del compenso incentivante andava addebitato, secondo la prospettazione attorea, nella misura del 50% ed in parti uguali alla Giunta municipale che adottò la Delibera, nella misura del 40% al Dirigente del “Servizio Finanziario”, in ragione del ruolo da questi in concreto svolto, attraverso propri atti di gestione, nella determinazione degli importi portati in liquidazione, la gran parte dei quali era stata “autoriconosciuta” come dovuta dal medesimo, e nella rimanente misura del 10% al Segretario comunale, sempre in forza della mancata attivazione di ogni iniziativa volta a tutelare la correttezza e la legalità delle scelte amministrative, al cui rispetto, secondo il Pubblico ministero, la stessa doveva presiedere in ragione della titolarità dell’Ufficio di Segreteria comunale.

In sede di appello, i ricorrenti “hanno prospettato il motivo di gravame secondo cui la scelta operata dalla Giunta municipale del Comune di erogare un compenso incentivante al personale addetto all’Area finanziaria in relazione alla operazione volta al potenziamento delle attività di liquidazione e riscossione dei tributi locali, sarebbe stata operata nel rispetto della normativa di legge e di Regolamento vigente in materia”.

Osserva il Collegio che il primo Giudice – con argomentazioni che si condividono e che pertanto non meritano riforma – ha censurato tale scelta, non tanto sotto il profilo di una mancata conformità al quadro normativo di riferimento, bensì sotto il profilo che essa, in presenza di una esternalizzazione del servizio di accertamento e liquidazione dei tributi locali adottata dalla Giunta, si è in sostanza risolta in una inutile duplicazione di risorse finanziarie correlate allo svolgimento del predetto servizio di accertamento tributi.

I primi Giudici hanno infatti ritenuto legittima l’esternalizzazione; pertanto, il compenso incentivante non aveva alcuna ragione di essere erogato, stante l’inutilità del progetto incentivante.

La giurisprudenza assolutamente pacifica di queste Sezioni ha costantemente affermato il divieto di erogare compensi incentivanti c.d. “a pioggia”, né essi possono essere riferiti allo svolgimento di attività ordinarie, bensì devono essere finalizzati ad una prestazione sinallagmatica. Risulta inoltre dagli atti di causa che il compenso andava pagato previa verifica del risultato ottenuto, verifica che tuttavia non c’è stata. E neppure si può semplicisticamente convenire con gli appellanti in ordine alla previsione di tale progetto nel Regolamento comunale. Ciò infatti presupponeva che vi fosse un Ufficio interno cui affidare tale progetto, che il Servizio non fosse esternalizzato e che la Giunta avesse proceduto ad un preventivo monitoraggio dell’attività svolta al fine di individuare i parametri per remunerare il progetto. Nella fattispecie all’esame, invece, si è in presenza di un compenso incentivante che è stato pagato senza erogare prestazioni in contropartita.

Da quanto precede – sostengono i Giudici – “scaturisce l’irrilevanza della doglianza in ordine all’assenza di colpa grave, atteso che gli stessi, i quali avevano poco tempo prima affidato ad una Società privata le attività relative all’accertamento dei tributi, erano ben consapevoli che tali attività non venivano esercitate dai dipendenti del Comune addetti all’Area finanziaria..”.

Al riguardo, osserva il Collegio che la Segretaria, sia pure assente nel momento in cui è stato deliberato il predetto compenso, risulta tuttavia aver preso parte alle successive Deliberazioni della Giunta che ne disposero la corresponsione in assenza di qualsiasi verifica sulla sua necessità e rimuneratività operativa, perpetuandone pertanto l’inutile esborso. Anche la Segretaria deve pertanto ritenersi responsabile del danno erariale conseguente.

L’appellante adduce poi l’insussistenza del danno a motivo dei vantaggi conseguiti dal Comune dalla c.d. “lotta all’evasione fiscale” realizzata dalla Società affidataria del “Servizio di accertamento dei tributi locali”.

Al riguardo si precisa che, “in disparte la totale indeterminatezza dei prospettati vantaggi, in ogni caso nella presente fattispecie non di vantaggi si tratta, bensì di una vera e propria perdita di parte di quelle risorse finanziarie stanziate per un efficace servizio esternalizzato di riscossione tributi, a motivo della loro destinazione verso un compenso incentivante una attività interna del tutto inesistente”.

Al Responsabile del “Servizio Finanziario”, “la sua responsabilità è stata riconosciuta dai primi Giudici molto più grave degli altri convenuti in quanto, oltre ad omettere una qualsiasi verifica delle operazioni realmente espletate dai propri addetti all’Area da lui diretta, ha pure proceduto a predeterminare la percentuale del suo personale apporto nella conclamata attività di potenziamento, autoliquidandosi la metà del compenso, riconoscendo quindi autonomamente l’utilità e la decisività del proprio personale apporto”. Inoltre, sostengono i Giudici, resta priva di ogni giustificazione la determinazione “con atti adottati dal medesimo appellante, del compenso liquidato in proprio favore, sia per la misura pari al 50% del ‘Fondo incentivante’, quindi di importo raddoppiato rispetto a quello previsto dalla anzidetta Deliberazione di Giunta n. 224/03, sia per la mancata, quanto doverosa, valutazione da parte di un soggetto terzo del risultato dell’attività posta in essere dallo stesso appellante”.

Commento

E’ una vicenda molto problematica: infatti, non è censurata l’esternalizzazione del Servizio, ma la duplicazione della spesa con il “Fondo incentivante”: probabilmente una maggiore attenzione sull’elaborazione del progetto, collegandolo maggiormente con l’attività esternalizzata e una dettagliata e documentata valutazione dei risultati alla lotta all’evasione verificati dal personale interno, avrebbe evitato tale contenzioso. Sicuramente sono mancati i controlli interni (anche dell’Organo di revisione).

di Antonio Tirelli