Revisore dei conti: legittima la revoca dell’incarico se non collabora con l’Organo consiliare

Nella Sentenza n. 2785 del 9 maggio 2018 del Consiglio di Stato, un Ente Locale ha deliberato la revoca dell’incarico di Revisore dei conti del Comune. In particolare, il Provvedimento di revoca era stato adottato a seguito di comportamenti del Revisore rilevanti ai sensi dell’art. 70, comma 2, dello Statuto comunale (che prevede la revoca del Revisore quando ricorrono gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato), dell’art. 235 del Dlgs. n. 267/00 (che stabilisce la revoca per inadempienza) e dell’art. 239 del Tuel (in base al quale il Revisore ha l’obbligo di collaborare con il Consiglio comunale).

I Giudici osservano che:

– l’art. 235 del Tuel, prevede, al comma 2, che “il Revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di Deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, comma 1, lett. d)”;

– l’art. 239 del Tuel prevede, al comma 1, lett. a), tra i compiti del Revisore dei conti, lo svolgimento di “attività di collaborazione con l’Organo consiliare secondo le disposizioni dello Statuto e del Regolamento”;

– l’art. 70 dello Statuto del Comune in questione prevede, al comma 2, la revoca del Revisore quando ricorrono “gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato”.

L’applicazione combinata di queste disposizioni esclude che la revoca sia un atto meramente discrezionale dell’Amministrazione adottabile “ad nutum”, ma non ne limita il presupposto alla mancata presentazione della relazione alla proposta di Deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, comma 1, lett. d), del Tuel. Piuttosto, tale fattispecie è indicata – non a caso dopo la precisazione normativa “in particolare” – soltanto al fine di individuare tra le varie possibili “inadempienze” dell’Organo di revisione, quella che, a parere del Legislatore, potrebbe anche da sola per la sua rilevanza e gravità essere sufficiente a fondare il Provvedimento sanzionatorio di revoca. In ragione di ciò, ogniqualvolta nello svolgimento dell’attività di collaborazione di cui all’art. 1, lett. a) del successivo art. 239, così come delle altre funzioni assegnate al Revisore, questi incorra in “inadempienze”, anche diverse da quella tipizzata nell’art. 235, ne è legittima la revoca, con Provvedimento adeguatamente motivato. Coerente con questa lettura del combinato disposto degli artt. 235 e 239 del Tuel è l’art. 70 dello Statuto del Comune in questione laddove, riferendosi a “gravi motivi”, li collega all’influenza negativa sull’espletamento del mandato, di modo che le inadempienze rilevanti ai fini della revoca finiscono per identificarsi in condotte qualificabili in termini di gravità. Ne consegue che, in base alle norme richiamate, rilevano le condotte dell’Organo di revisione che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni previste dal citato art. 239, comma 1 (nonché delle altre eventualmente previste dallo Statuto dell’Ente Locale ai sensi del comma 6), impediscano od ostacolino il funzionamento dell’Organo consiliare. Evidentemente, la sanzione è funzionale ad assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. In conclusione quindi, la revoca del Revisore dei conti è legittima se egli non collabora con l’Organo consiliare.