A partire dalla fine degli anni ’70, le Istituzioni e la Società civile in generale hanno sempre più preso atto che il concetto classico di sviluppo, inteso come crescita economica in senso stretto, avrebbe messo a repentaglio la salvaguardia delle risorse ambientali. In tale ottica, si è evoluto il concetto di sostenibilità, arrivando alla conclusione per cui lo sviluppo di qualsiasi sistema economico deve essere dato necessariamente dall’unione inscindibile della componente economica, ambientale e sociale. Nel 1987, la Commissione Indipendente sull’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development) ha formulato per la prima volta la definizione di “sviluppo sostenibile”[1]. Nel 2011, è stato approvato il “Sesto programma di azione per l’ambiente della Comunità europea”, che ha definito per la prima volta i punti chiave della politica ambientale europea, ponendo l’obiettivo di realizzare una Società che “deve riuscire a sganciare l’impatto e il degrado ambientale della crescita economica”[2]. Vengono individuati obiettivi e azioni che gli Stati dell’Unione Europea devono conseguire e, in particolare, viene sottolineata, la necessità di sviluppare una politica dei c.d. Appalti Verdi, ovvero, una politica “che consenta di tener conto delle caratteristiche ambientali e di integrare eventualmente nelle procedure di appalto considerazioni ambientali inerenti al ciclo di vita”[3].
Visti i considerevoli volumi di spesa da parte della Pubblica Amministrazione in Europa, promuovere l’inserimento di criteri di qualificazione ambientale all’interno dei bandi di gara è stato considerato un elemento fondamentale quale iniziativa a supporto delle politiche di tutela ambientale. In particolare, la Commissione europea, con la Comunicazione n. 302 del 18 giugno 2003, ha invitato tutti gli Stati membri ad elaborare dei piani d’azione per garantire la tutela ambientale nei bandi gara. L’Italia, dunque, ha approvato nel 2006 il “Piano d’azione nazionale sul Green public procurement (Pan-Gpp)”, contenete la strategia italiana di implementazione delle Direttive europee. Il “Pan-Gpp” prevede che, per ogni categoria merceologica individuata, appositi gruppi di lavoro elaborino i c.d. “criteri ambientali minimi” che poi saranno adottati dalle Pubbliche Amministrazioni nei bandi di gara.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con il Decreto 13 febbraio 2014 (pubblicato sulla G.U. n. 58 dell’11 marzo 2014), ha definito i criteri ambientali minimi per lo “Affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani” (Allegato 1 al Dm.) e per le “Forniture di cartucce toner e cartucce a getto di inchiostro e affidamento del servizio integrato di ritiro e fornitura di cartucce toner e a getto di inchiostro” (Allegato 2 al Dm).
Oggetto del presento lavoro è l’analisi specifica dei “criteri ambientali minimi” per l’affidamento del “Servizio di gestione dei rifiuti urbani” che riguardano essenzialmente la raccolta, visto che viene rimandata a futuri aggiornamenti la definizione dei criteri minimi relativi alle altre fasi del Servizio.
Il quadro normativo di riferimento da cui si parte per l’elaborazione dei “criteri ambientali minimi”, di cui al Decreto 13 febbraio 2014, è la Parte IV del Dlgs. n. 152/06 (il cosiddetto “Testo unico Ambientale”), in particolare:
– l’art. 179 (“Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti”);
– l’art. 180 (“Prevenzione della produzione di rifiuti”);
– l’art. 180-bis (“Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti”).
I “criteri ambientali minimi” di cui all’Allegato 1 del Dm. in analisi riguardano vari aspetti dell’appalto, quali:
- oggetto;
- criteri base di selezione dei candidati;
- criteri base delle specifiche tecniche dell’appalto;
- criteri base delle condizione di esecuzione;
- criteri premianti per l’aggiudicazione.
L’oggetto dell’appalto deve indicare in modo esplicito che trattasi di un “Servizio di gestione dei rifiuti urbani con ridotto impatto ambientale in un’ottica di ciclo di vita”.
Relativamente alla selezione dei candidati, il bando di gara deve prevedere che il candidato:
– disponga di personale con le competenze tecniche necessarie a realizzare correttamente il servizio riducendone gli impatti ambientali;
– abbia la capacità di eseguire il contratto con il minor impatto possibile sull’ambiente attuando misure di gestione ambientale conformi ad uno schema riconosciuto in sede internazionale (registrazione Emas, norma Iso 14001 o equivalente).
La verifica del rispetto delle disposizioni riguardanti la selezione dei candidati viene effettuata mediante la presentazione, da parte dell’offerente, di documentazione attestante che le singole persone abbiano frequentato specifici corsi di formazione oppure abbiano esperienza almeno biennale negli stessi ruoli. Per quanto riguarda invece l’attuazione del sistema di gestione ambientale, l’offerente deve dimostrare la specifica competenza di uno o più dipendenti o collaboratori.
Il Dm. fissa inoltre i seguenti criteri di base delle specifiche tecniche dell’appalto:
- i contenitori dei rifiuti utilizzati sia per la raccolta stradale (sacchi e cassonetti) sia presso l’utenza (sacchetti e/o contenitori rigidi) devono presentare specifiche caratteristiche quali recare il logo della stazione appaltante, essere colorati in modo tale da essere chiaramente riconoscibili, essere conformi ai “criteri ambientali minimi” per l’arredo urbano e contenere il 30% di materiale riciclato, con l’eccezione dei sacchetti per la raccolta domiciliare della frazione organica che devono essere in materiale compostabile;
- almeno il 30% degli automezzi per la raccolta e il trasporto dei rifiuti deve avere motorizzazione non inferiore ad Euro 5 oppure essere elettrici, ibridi o a metano o a gpl;
- l’offerente nella relazione tecnico-illustrativa deve formulare proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali.
Nell’ambito delle condizioni di esecuzione dell’appalto, il bando deve prevedere che l’appaltatore attui tutti gli interventi necessari ad assicurare che i centri di raccolta, previsti nelle località indicate nei documenti di gara, siano realizzati e funzionanti nel rispetto delle norme vigenti.
In particolare, l’appaltatore deve:
– mantenere i centri aperti al pubblico in orari che tengano conto del numero e della tipologia degli utenti (non inferiori a 12 h/sett. e comprendere il sabato o la domenica);
– accettare nei centri tutti i rifiuti di cui al Dm. 8 aprile 2008;
– predisporre i centri in modo che i rifiuti siano raccolti per flussi omogenei;
– mettere a disposizione degli utenti presso i centri le informazioni e le istruzioni per il corretto conferimento dei rifiuti, oltre che contenitori, sacchetti e compostiere.
L’appaltatore deve inoltre effettuare il “Servizio di raccolta differenziata” in modo tale da massimizzare quantità e qualità dei materiali raccolti affinché possano essere recuperati, con priorità alle operazioni di riciclo.
A questo scopo, la raccolta differenziata domiciliare c.d. “porta a porta” deve riguardare almeno:
– rifiuti organici (frazione umida) e indifferenziati (frazione residua);
– il 70% o il 50% delle utenze, a seconda che il Servizio riguardi complessivamente fino a 100.000 utenze o più di 100.000 utenze;
– l’appaltatore deve dotarsi di un sistema di verifica della qualità dei conferimenti, registrare gli errati conferimenti e segnalarli – applicando eventuali sanzioni – alla stazione appaltante;
– l’appaltatore deve assicurare, su richiesta, la raccolta domiciliare dei rifiuti ingombranti, compresi i Raee, presso le utenze domestiche;
– la raccolta differenziata domiciliare deve essere a regime entro il primo anno dell’aggiudicazione del contratto.
Relativamente alla raccolta differenziata non domiciliare, invece, essa deve riguardare (nel caso in cui quella domiciliare si limiti alla raccolta separata dei soli rifiuti organici e di quelli indifferenziati), almeno le seguenti frazioni:
– carta e cartone;
– plastica e metalli, sia singolarmente che in combinazione tra loro;
– pile e farmaci scaduti;
– vetro;
– i rifiuti ingombranti, attraverso raccolte itineranti svolte con i mezzi e nei luoghi indicati nei documenti di gara e con periodicità non inferiore a 3 volte/anno.
In occasione di rifiuti prodotti nel corso di eventi (mercati, feste, fiere, sagre periodiche) di cui la stazione appaltante ha indicato il numero e la dimensione nei documenti di gara, l’appaltatore deve svolgere un servizio specifico di raccolta differenziata, predisponendo in loco i contenitori carrellabili e la cartellonistica necessari. Ai fine del Dm. in analisi, il bando deve inoltre prevedere che l’appaltatore realizzi ed utilizzi un sistema automatico di gestione dei dati relativi al servizio in grado di fornire informazioni su numero e tipo di utenze servite, numero di abitanti serviti, estensione, localizzazione e modalità della raccolta differenziata, quantità di rifiuti raccolti, in funzione della tipologia, flussi giornalieri di utenti e dei materiali nei centri di raccolta, tipi e frequenza dei disservizi verificatisi, destinazione delle frazioni di rifiuti raccolte (centri di trattamento, recupero e smaltimento), dati sul compostaggio domestico e di comunità, numero di mezzi impiegati nella raccolta, numero di eventi e relativa produzione di rifiuti, tutte le informazioni necessarie al rispetto dei criteri “informazioni agli utenti” e “rapporti periodici del servizio”.
Infine, entro 3 mesi dall’inizio del contratto, l’appaltatore deve rendere disponibili per l’utenza le seguenti informazioni:
– un numero telefonico (eventualmente con chiamata gratuita – numero verde) attivo in modalità automatica, per 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana e con operatore, per almeno 6 ore al giorno per 5 giorni a settimana;
– un numero di fax;
– un indirizzo e-mail e un sito web.
L’appaltatore deve inoltre fornire alla stazione appaltante un rapporto almeno semestrale che consenta di valutare l’efficacia del servizio stesso rispetto alle esigenze degli utenti e ne evidenzi gli impatti ambientali e le eventuali criticità. Entro un anno dall’aggiudicazione del contratto l’appaltatore deve presentare alla stazione appaltante una relazione contenente elementi utili alla definizione di azioni per la riduzione dei rifiuti. Con riferimento all’informativa agli utenti, l’appaltatore deve realizzare campagne di sensibilizzazione sul tema della minimizzazione degli impatti ambientali dei rifiuti, sia per utenti sia per studenti delle scuole indicate nei documenti di gara e deve inoltre fornire e installare, all’interno e all’esterno degli ambienti di ingresso degli edifici pubblici indicati nei documenti di gara, appositi cartelloni/targhe che informino il pubblico che il servizio di gestione dei rifiuti urbani è svolto nel rispetto dei “criteri ambientali minimi”.
Quanto finora rappresentato è relativo ai criteri di base affinché si possa parlare di appalti verdi. Nel caso di appalti con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante può utilizzare anche criteri premianti per l’aggiudicazione in relazione a:
– caratteristiche degli automezzi per la raccolta e il trasporto dei rifiuti;
– estensione degli orari di apertura dei centri di raccolta;
– raccolta separata del vetro chiaro e di quello scuro;
– realizzazione di un servizio relativo alle compostiere domestiche;
– numero di progetti e campagne per la sensibilizzazione per ridurre gli impatti ambientali dei rifiuti.
Le stazioni appaltanti, tuttavia, non sono obbligate a utilizzare i criteri “Green” nei bandi di gara, ma il ricorso a detti criteri è una scelta volontaria finalizzata a una maggiore sostenibilità ambientale. In ogni caso, le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero propendere per tale strumento anche alla luce di quanto disposto all’art. 18 del c.d. “Collegato ambientale” alla “Legge di stabilità 2014”, il quale stabilisce di raggiungere un tasso di raccolta differenziata pari al 65% alla fine dell’anno 2016, coerentemente con le disposizioni Europee che non individuano obiettivi di raccolta differenziata ma fissano, invece, specifici obiettivi di recupero.
Detto parametro è reso necessario anche alla luce dei recenti dati sulla raccolta differenziata, dai quali si evince che gli obiettivi previsti dalla normativa vigente non sono stati perseguiti a livello omogeneo sul territorio nazionale. Attualmente, infatti, la percentuale media nazionale di raccolta differenziata si attesta sul valore del 39,9%[4].
Il “Collegato ambientale” stabilisce inoltre che i Comuni che raggiungeranno gli obiettivi prefissati saranno premiati attraverso il pagamento di solo il 20% del tributo regionale rispetto ai rifiuti conferiti in discarica mentre per i Comuni che non raggiungeranno gli obiettivi vengono stabilite delle misure addizionali al tributo. Tutto il gettito, tributo e addizionali, saranno destinati in un Fondo che le Regioni devono utilizzare per incentivare il mercato del riciclo e quindi della “green economy”. Pertanto, alla luce di quanto appena rappresentato, sebbene i “criteri ambientali minimi” – relativamente al servizio di raccolta dei rifiuti – non siano obbligatori, avranno la funzione di supportare la Pubblica Amministrazione per il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’art. 18 del “Collegato ambientale” alla “Legge di stabilità 2014”.
Il Dm. in esame rappresenta un primo passo nell’implementazione della filiera dell’efficienza, che potrà giocare certamente un ruolo importante di driver di crescita e sviluppo sostenibile.
di Donato Madaro
[1] “L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”.
[2] Il Documento sostiene che “tutelare il nostro ambiente non significa necessariamente operare dei tagli alla crescita e ai consumi: gli elevati standard ambientali possono anche rivelarsi un motore di innovazione, capace di schiudere nuovi mercati e nuovi sbocchi economici, e si tratta piuttosto di cercare di migliorare la qualità della crescita economica e delle altre attività umane in modo da conciliare ad un tempo sia il nostro fabbisogno di beni e servizi che l’esigenza di un ambiente sano e pulito”.
[3] Un approccio in tal senso era già stato introdotto nel 1995 ma mai sviluppato. Lo strumento introdotto nel 1995 era il c.d. “Gpp” (Green public procurement), ovvero, gli acquisti “verdi” delle Pubbliche Amministrazioni.
[4] Fonte Ispra: Rapporto Rifiuti urbani Ed. 2013.