Servizi pubblici locali: il fallimento di Società pubbliche che li gestiscono non presenta interferenze con la titolarità del servizio

Nella Sentenza n. 187 del 24 ottobre 2014 del Tribunale di Palermo, i Giudici affermano che il fallimento delle Società pubbliche, cui sia affidata l’erogazione di servizi pubblici, non presenta alcuna interferenza con la titolarità del servizio perché, anche quando la Società partecipata gestisce un servizio pubblico, non è mai titolare di quel servizio, ma semplice affidataria ad opera dell’Ente pubblico socio affidante e, quindi, l’applicazione dello statuto dell’imprenditore, ivi compresa la dichiarazione di fallimento, non determina alcuna ingerenza dell’Autorità giudiziaria nell’attività della Pubblica Amministrazione né impedisce l’esecuzione di un servizio necessario alla collettività.

Eventuali norme speciali che siano volte a regolare la costituzione della Società, la partecipazione pubblica al suo capitale e la designazione dei suoi Organi non incidono sul modo in cui essa opera nel mercato né possono comportare il venir meno delle ragioni di tutela dell’affidamento di terzi contraenti contemplate dalla disciplina civilistica.

Ciò che rileva nel nostro ordinamento ai fini dell’applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale, osservano i Giudici, non è il tipo di attività esercitata, ma la natura del soggetto: se così non fosse si dovrebbe giungere alla conclusione che anche le Società a capitale interamente privato, cui sia affidata la gestione di un servizio pubblico ritenuto essenziale, sarebbero esentate dal fallimento. Pertanto la Società a partecipazione pubblica è una delle modalità di gestione del servizio pubblico, pur non essendone titolare. Infatti, è compito dell’Ente pubblico titolare degli interessi pubblici, nell’ipotesi di decozione, trovare una soluzione alternativa al loro soddisfacimento, mediante gestione del servizio in altra forma o riassegnazione ad altro soggetto, mentre agli organi del fallimento spetta la liquidazione delle attività fallimentari, nel rispetto dei limiti generalmente stabiliti dalla legge, al fine di assicurare la continuità del servizio pubblico. Il Dl. n. 95/12, convertito in Legge n. 135/12, ha dettato, in materia di Società a partecipazione pubblica, una norma di generale rinvio alla disciplina codicistica delle Società di capitali, precisando che: “le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di Società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina dettata dal codice civile in materia di Società di capitali” (art. 4, comma 13).

Infine i Giudici sottolineano la volontà del Legislatore di attribuire alla norma in questione natura di norma di interpretazione autentica, “al fine di imprimere un indirizzo di cautela verso un processo di progressiva entificazione pubblica di tali Società, valorizzando la forma privata societaria e la disciplina comune dell’attività rispetto alla sostanza pubblica del soggetto e della funzione”.

Sentenza n. 187 del 24 ottobre 2014 del Tribunale di Palermo