Con la Sentenza n. 20736 del 14 ottobre 2015, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di reperibilità. Questa, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa. Pertanto, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, dal Giudice nonché il diritto ad un giorno di riposo compensativo, che non è riconducibile, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, all’art. 36 della Costituzione. Tuttavia la mancata concessione del riposo compensativo è idonea ad integrare un’ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della specifica deduzione e della prova. In sostanza, il dipendente che non ha beneficiato del riposo settimanale per le giornate festive in cui ha svolto servizio di reperibilità non ha diritto a nessun risarcimento danni salvo che dimostri in concreto quelli che ha veramente dovuto patire.