by Redazione | 27/02/2018 11:29
Nell’Ordinanza n. 1976 del 26 gennaio 2018 della Corte di Cassazione, il titolare di un albergo impugnava la cartella esattoriale emessa a seguito del ruolo formato da un Comune per la Tarsu dovuta per l’anno 2008 in relazione allo stabilimento balneare da esso gestito. Il contribuente lamentava che il Comune in questione, dopo aver raggruppato nella medesima Categoria diversi tipi di attività, aveva applicato tariffe diverse per ogni singola attività e, nel caso dello stabilimento balneare, la tariffa di Euro 11,02 al metro quadrato, in violazione degli artt. 65 e 69 del Dlgs. n. 507/93.
La Suprema Corte chiarisce che l’art. 62 del Dlgs. n. 507/93 prevede che la Tassa sia dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalla area verde. Inoltre, la norma prevede che non siano soggetti alla Tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione. Quindi, l’art. 62 pone, a carico dei possessori di immobili, una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti. Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal Giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione”. Ed ancora, l’art. 66 del Dlgs. n. 507/93 prevede che la tariffa può essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo nel caso, tra l’altro, di aree scoperte adibite ad uso stagionale o ad uso non continuativo ma ricorrente risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti Organi per l’esercizio dell’attività. Dunque, rientra nell’esercizio del potere discrezionale del Comune decidere dell’introduzione o meno della suddetta riduzione.
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