Nella Sentenza n. 13740 del 31 maggio 2017, della Corte di Cassazione, la questione controversa riguarda l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini Tarsu relativamente ad un immobile costituito da un’area cimiteriale in concessione rispetto alla quale il Concessionario riteneva di non doversi applicare l’Imposta, trattandosi (sotto il profilo oggettivo) di un luogo destinato all’esercizio di funzioni di culto, gestito (sotto il profilo soggettivo) da un Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
La Suprema Corte rileva che la “Tassa sui rifiuti”, nonostante le alterne vicende che l’hanno vista passare da tributo a tariffa e da tariffa a tributo nell’evoluzione normativa che ne ha caratterizzato la disciplina dal Dpr. n. 507/93, al Dlgs. n. 22/97, al Dlgs. n. 152/06, e, infine, all’art. 15, del Dl. n. 201/11, ha avuto sempre una valenza specifica di corrispettivo di un servizio legato alla qualità e quantità dei rifiuti prodotti dal soggetto passivo, articolandosi in una “quota fissa”, commisurata alle necessità pubbliche di erogazione del servizio, ed in una “quota variabile”, commisurata ai rifiuti prodotti.
Sicché è la produzione e il conferimento di rifiuti la ratio dell’imposizione e, al tempo stesso, delle relative agevolazioni.
Nel caso di specie, non viene allegata alcuna condizione oggettiva di esclusione dell’immobile in questione dal conferimento dei rifiuti che produce, che sono costituiti dai cd. “rifiuti cimiteriali”, classificati tra i rifiuti urbani o a questi assimilati, a seconda che si tratti (caso dei rifiuti vegetali o da spazzamento) o meno di rifiuti provenienti da “esumazioni” ed “estumulazioni”, dal Dpr. n. 254/03 e dal Dlgs. n. 152/06. L’unico elemento di giustificazione che viene addotto è costituito dalla supposta destinazione dell’immobile all’esercizio del culto, ma i Giudici di legittimità hanno escluso che sia possibile pensare ad un’equivalenza tra edifici destinati ed aperti al culto ed immobili adibiti nel caso di specie a funzioni cimiteriali. Peraltro, le norme regolamentari che escludono gli edifici di culto dal calcolo delle superfici per la determinazione della Tarsu, lo fanno sempre perché ritenuti “incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti”, non in quanto la destinazione al culto, in assenza di specifica previsione normativa, possa di per sé giustificare l’esenzione dalla tassa.