Corte di Cassazione, Sentenza n. 30051 del 21 novembre 2024
Nella Sentenza in epigrafe indicata, la Suprema Corte rileva che l’autotutela tributaria in senso sfavorevole al contribuente (“in malam partem”) è legittima, poiché l’Amministrazione finanziaria, entro i termini di decadenza previsti per l’accertamento di un tributo e in assenza di un giudicato favorevole al contribuente, può annullare un atto impositivo viziato, sia per errori formali che sostanziali, e sostituirlo con un nuovo atto che comporti una maggiore pretesa fiscale. Questo potere trova il suo fondamento nelle stesse norme che legittimano l’azione dell’Amministrazione per la corretta riscossione dei tributi. Di conseguenza, l’autotutela può essere esercitata anche più volte, salvo i limiti posti dai termini di decadenza o da una sentenza definitiva favorevole all’Amministrazione. Si tratta inoltre di un procedimento di riesame “di secondo grado”, che prende in considerazione l’atto già emesso per valutarne la legittimità e, se necessario, modificarlo, annullarlo o sostituirlo. Sebbene l’Amministrazione sia tenuta a intervenire in presenza di un atto illegittimo, l’effettiva attivazione del potere di autotutela è generalmente discrezionale, richiedendo una valutazione sull’opportunità e sull’interesse pubblico coinvolto.
Tuttavia, le recenti modifiche normative hanno introdotto casi in cui l’autotutela diventa obbligatoria, imponendo la revisione dell’atto viziato in determinate situazioni, bilanciando così l’esercizio discrezionale del potere con la tutela degli interessi generali.