Corte dei conti Lazio, Delibera n. 91 del 31 luglio 2025
La questione nasce dalla richiesta del Presidente di una Regione di conoscere come determinare correttamente i compensi degli Amministratori di una Società pubblica, in presenza dei limiti fissati dall’art. 4, comma 4, del Dl. n. 95/2012, convertito dalla Legge n. 135/2012, che stabilisce che dal 1° gennaio 2015 il costo annuale per tali compensi non possa superare l’80% di quello sostenuto nel 2013. Il dubbio riguarda il fatto che la società, nel 2013, ha operato solo tre mesi e quindi il parametro risulta poco significativo. La Sezione rileva che, poiché il Decreto ministeriale previsto dall’art. 11, commi 6 e 7, del Dlgs. n. 175/2016 non è stato ancora adottato, restano applicabili le disposizioni del Dl. n. 95/2012. Tuttavia richiama l’orientamento dell’Osservatorio sulla finanza locale (Atto 25 giugno 2021), secondo cui, per garantire ragionevolezza e buon andamento, in caso di dati esigui o non disponibili relativi al 2013, l’amministrazione può fare riferimento ad altre annualità più significative (come il 2012) o annualizzare i dati disponibili, fermo restando il limite massimo di 240.000 euro annui fissato dall’art. 11, del Dlgs. n. 175/2016. La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 153/2022, ha sottolineato che l’obiettivo di contenimento della spesa deve essere bilanciato con l’efficacia organizzativa delle Società pubbliche e ha sollecitato l’adozione del Decreto attuativo per superare l’attuale regime transitorio fondato solo sulla spesa storica. In conclusione, la Sezione chiarisce che il limite dell’art. 4, comma 4, del Dl. n. 95/2012 resta il parametro di riferimento, ma se il dato del 2013 è assente o talmente ridotto da non essere significativo, l’Ente regionale può legittimamente utilizzare criteri correttivi, come annualizzare la spesa del 2013 o prendere come riferimento altre annualità comparabili, sempre nel rispetto dei Principi di ragionevolezza, buon andamento e del tetto massimo di 240.000 euro previsto dal Dlgs. n. 175/2016. Non c’è quindi discrezionalità assoluta, ma è ammessa una flessibilità necessaria per evitare risultati irragionevoli, fermo restando l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica.




