Nella Sentenza n. 26985 del 26 novembre 2020, la Corte di Cassazione è stata chiamata a chiarire se il terzo fornitore possa ricorrere ad una azione di indebito arricchimento nei confronti dell’Ente Locale nel caso in cui si siano verificati acquisti irregolari da parte della Pubblica Amministrazione locale.
La Suprema Corte ha sancito che, in materia di assunzione di obbligazioni da parte degli Enti Locali, laddove le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto e senza l’osservanza dei controlli contabili relativi, al di fuori delle norme c.d. “ad evidenza pubblica”, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’Amministratore o il Funzionario inadempiente che l’abbia consentita. Pertanto, non è ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’Ente Locale, il quale può riconoscere a posteriori, a norma dell’art. 194 del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), e nei limiti dell’utilità dell’arricchimento puntualmente dedotto e dimostrato, il debito fuori bilancio. In particolare, i Giudici di legittimità precisano che il fondamento del debito fuori bilancio è quindi pur sempre il rapporto negoziale tra l’Amministratore o il Funzionario e i privati contraenti, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge.