In una procedura di appalto, le clausole territoriali sono legittime se non costituiscono requisiti di partecipazione, ma criteri premiali di valutazione dell’offerta. La scelta di tali criteri è comunque rimessa alla discrezionalità della Stazione appaltante. È quanto ha sottolineato Anac con Parere di precontenzioso, Delibera n. 130, approvata dal Consiglio dell’Autorità del 2 aprile 2025.
Il Parere, sollecitato dalla contestazione di un concorrente che si riteneva danneggiato dalle clausole territoriali introdotte dalla Stazione appaltante, riguardava la procedura aperta per l’appalto del “Servizio di manutenzione e gestione aree verdi pubbliche” di un Comune toscano, dell’importo di 3.658.500 Euro. Anac ha dato ragione alla Stazione appaltante, il cui operato è risultato conforme alla normativa esistente.
Il nuovo “Codice degli Appalti” (Dlgs. n. 36/2023) infatti prevede la possibilità di introdurre clausole territoriali (clausole relative alla vicinanza delle sedi dell’operatore economico con il luogo di esecuzione del Servizio) solo quali criteri premiali da valorizzare nell’offerta tecnica (artt. 108) e non anche quale requisito di partecipazione, deponendo in tal senso sia i principi codicistici (artt. 3, 4 e 10) sia le disposizioni sui requisiti di partecipazione (articolo 100), che richiedono di tenere conto della necessità di garantire la massima apertura al mercato.
“La condotta della Stazione appaltante – scrive Anac nella Delibera n. 130/2025 – risulta corretta alla luce dei Principi per cui da un lato le cosiddette clausole territoriali sono legittime laddove non costituiscono requisiti di partecipazione, ma criteri di valutazione dell’offerta; e del principio per cui la scelta di tali criteri è rimessa alla discrezionalità della Stazione appaltante, sindacabile solo in caso di palese illogicità, incongruità o irrazionalità dei criteri adottati, circostanza che invece non risulta sussistere nel caso di specie”.