Conferimenti illegittimi: condanna di un Sindaco per l’incarico di esperto

Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, Sentenza n. 215 del 22 dicembre 2021
di Antonio Tirelli
Oggetto:
Condanna di un Sindaco per l’illegittimo conferimento dell’incarico di “esperto”, dal 2014 al 2017: conferma Sentenza di primo grado n. 11/2021.
Fatto:
Dal 2014 al 2017 il Sindaco di questo medio/piccolo (6.500 abitanti) Comune siciliano aveva conferito l’incarico di “esperto”, facendo riferimento all’art. 14 della Legge regionale 26 agosto 1992 n. 7, corrispondendogli compensi per oltre Euro 45.000. La Procura contabile contesta il danno, sia “per l’utilizzazione surrettizia di uno strumento normativo sottratto ai limiti del previo espletamento della procedura comparativa e del tetto di spesa per collaborazioni esterne ex art. 6 comma 7 Dl. n. 78/2010 (…) al di fuori del paradigma di cui all’art. 14 Legge Sicilia n. 7/1992”, nonché per “la reiterata violazione (…) dell’obbligo gravante sul convenuto di trasmettere al Consiglio comunale la relazione sull’attività svolta dall’esperto”.
Secondo l’accusa, l’esperto del Sindaco svolgeva, in parte, un incarico assimilabile quale “Addetto stampa” (senza essere iscritto all’Albo dei giornalisti), con riferimento a pregressi incarichi, parimenti illegittimi. Inoltre, dagli atti amministrativi non risulta espressamente che il Sindaco avesse preliminarmente accertato “l’impossibilità oggettiva” di utilizzare le risorse umane interne, né, causa espressamente prevista dalla normativa citata, avesse periodicamente riferito dell’attività dell’incaricato al Consiglio comunale. I Giudici territoriali (Sentenza n. 11/2021) condannano il Sindaco a rifondere il danno, rilevando “la connotazione gravemente colposa” della sua condotta (elemento psicologico), non riconoscendogli la “compensazione lucri cum damno”, quindi la possibilità di esercitare “il potere riduttivo”. Il Sindaco presenta ricorso, che viene respinto.
Sintesi della Sentenza:
Il ricorso in appello si basa sulla seguenti affermazioni: “a) che gli incarichi affidati al G. rientrerebbero tra le attività connesse con le materie di competenza del Sindaco, ai sensi dell’art. 14 della Legge regionale n. 7/1992; b) che per gli stessi non sarebbe richiesta alcuna procedura comparativa, né previsto un tetto di spesa; c) che la mancata presentazione di relazioni sull’attività svolta dall’esperto costituirebbe mera irregolarità formale, priva di sanzione e non produttiva di alcun danno. Viene inoltre negato lo svolgimento di funzioni di Addetto stampa, affermando che si tratterebbe piuttosto di attività di ‘Comunicatore dell’attività amministrativa del Sindaco’, ovvero di ‘Portavoce del Sindaco’, alla quale non sarebbe applicabile l’art. 7, commi 6 e 6-bis, del Dlgs. n. 165/2001. Ancora, con riguardo alla mancata presentazione di relazioni sull’attività svolta dall’esperto, sostiene l’accusato che quest’ultima sarebbe ampiamente documentata da centinaia di Comunicati stampa trasmessi ai Consiglieri comunali. L’appellante nega infine l’esistenza di un divieto di rinnovo o proroga degli incarichi conferiti ex art.14 della Lr. 7/92 e cita, a tal fine, la Deliberazione della Sezione di controllo di questa Corte per la Regione Siciliana n. 103/2014”.
La difesa del Sindaco, in udienza, sostiene “che l’incarico conferito non era quello di ‘Addetto stampa’, ma di ‘Comunicatore’, che tale incarico non è stato ‘rinnovato’ ma ‘prorogato’ e che la relazione periodica prevista dalla normativa può ritenersi sostituita dalle comunicazioni fatte dal G. al Consiglio comunale. Inoltre, sempre ad avviso del Sindaco, considerato che il conferimento dell’incarico era stato vistato dal Segretario comunale e dal Responsabile del Servizio finanziario, mancherebbe, nella fattispecie, l’elemento psicologico della colpa grave”.
I Giudici sostengono “che l’art. 14 della L.r. 26 agosto 1992, n. 7, stabilisce che ‘il Sindaco può conferire incarichi a tempo determinato (…) ad esperti estranei all’Amministrazione (…) può altresì conferire (…) l’incarico di portavoce previsto dall’art. 7 della Legge 7 giugno 2000, n. 150’. Quest’ultima norma specifica che il Portavoce coadiuva il vertice dell’Amministrazione curando i rapporti di carattere politico istituzionale con gli Organi di informazione. Lo stesso art. 14 citato precisa, inoltre, che gli esperti nominati dal Sindaco: 1) devono essere dotati di documentata professionalità; 2) in caso di soggetto non provvisto di laurea, il conferimento dell’incarico deve essere ampiamente motivato; 3) il Sindaco deve trasmettere annualmente al Consiglio comunale una dettagliata relazione sull’attività svolta dagli esperti da lui nominati. L’art. 7 del Dlgs. n. 165/2001, applicabile anche alla fattispecie, dopo aver precisato che l’Amministrazione, prima di conferire l’incarico, deve accertare l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno, conclude affermando che la nomina di esperti per lo svolgimento di funzioni ordinarie, ovvero l’utilizzo degli stessi come lavoratori subordinati, è causa di responsabilità amministrativa.” I Giudici affermano “che le Determinazioni sindacali che hanno conferito l’incarico al Sig. G., dal maggio 2012 al maggio 2017, lo definiscono espressamente esperto di fiducia del Sindaco. Le medesime Determinazioni, nell’elencazione delle prestazioni richieste al G., comprendono la redazione di comunicati stampa, l’organizzazione di conferenze stampa, i rapporti con i media, la realizzazione di un periodico comunale, l’individuazione e l’adozione di forme innovative di comunicazione; tutte funzioni tipiche di un addetto agli Uffici stampa, previsti e regolamentati dall’art. 9 della Legge n. 150/2000”. Sostengo inoltre che “in realtà, l’inquadramento della posizione del G. risulta tutt’altro che agevole. Invero, non può considerarsi addetto stampa, perché gli Uffici stampa delle Amministrazioni pubbliche, disciplinati dall’art. 9 della Legge n. 150/2000 sono Uffici al servizio di una o più Amministrazioni in forma associata ed i loro componenti non sono esperti nominati dal Sindaco. D’altronde, non appare corretta la definizione di Comunicatore o Portavoce, figura prevista dall’art. 7 della Legge n. 150/2000 al fine di curare i rapporti tra l’organo di vertice dell’Amministrazione e gli Organi di informazione, ove si consideri che dal conferimento dell’incarico emerge chiaramente che buona parte delle funzioni assegnate riguardavano non tanto il Sindaco, quanto, direttamente, gli Uffici comunali. Infatti, tra i compiti assegnati, figuravano:
1. la ricerca e lo studio dei Bandi a valere sui finanziamenti comunitari, statali e regionali e il supporto nell’elaborazione dei relativi Progetti comunali;
2. la riorganizzazione del sito web del Comune, in collaborazione con i Dirigenti di Settore;
3. la predisposizione di piani di comunicazione istituzionale per gli assessorati, gli Uffici e i Servizi comunali;
4. il supporto al Responsabile comunale per la trasparenza e al relativo tavolo di coordinamento ed il supporto all’Ufficio cultura (dal 2014).
In buona sostanza, il G. è stato nominato come esperto di fiducia del Sindaco, viene definito Comunicatore o Portavoce di quest’ultimo, ma avrebbe dovuto svolgere anche compiti non connessi direttamente alle funzioni del Primo Cittadino, snaturando così lo scopo della nomina stessa. Non essendo munito di Laurea, ai sensi del comma 3 dell’art. 14 della Lr. 7/1992, più volte richiamato, la sua scelta avrebbe dovuto essere ‘ampiamente motivata’ e la sua attività regolarmente illustrata da una Relazione annuale a firma del Sindaco, Relazione che non può ritenersi documentata, come sostenuto nell’atto di appello, da ‘centinaia di Comunicati-stampa trasmessi ai Consiglieri comunali’ (attività che, peraltro, non sembra rientrare tra le mansioni specifiche del Portavoce o dell’Addetto stampa, atteso che entrambe le figure dovrebbero fare da tramite tra il Sindaco e gli organi dell’amministrazione, da un lato, ed i media, dall’altro).”
I Giudici concludono che, “in definitiva, la nomina del Sig. G. deve considerarsi illegittima ab origine, in violazione palese di norme di agevole interpretazione, con grave ed ingiustificabile negligenza da parte del Sindaco che ha conferito l’incarico, rinnovandolo o prorogandolo (nella sostanza poco cambia) per anni, senza giustificare adeguatamente la scelta e senza trasmettere all’Organo consiliare la prescritta relazione annuale sull’attività svolta. Pertanto, i compensi erogati al G. devono considerarsi indebito oggettivo e fonte di danno per l’amministrazione comunale. Inoltre, proprio la mancanza di relazioni sull’attività svolta dal G., prescritte dalla normativa, ma mai presentate dal Sindaco G., impedisce di configurare e quantificare una eventuale compensatio lucri cum damno”.
Commento:
Anche in questo caso, l’applicazione della Legge regionale n. 7/1992, circa l’esperto del Sindaco, è stata contestata, con onere totale a carico del Sindaco. Alcune procedure di carattere formale, come la Relazione al Consiglio dell’attività dell’esperto, potevano essere effettuate. Sembra che il Sindaco abbia fatto tutto da solo per moltissimi anni, senza che alcuno dell’Ente lo abbia avvertito che occorreva fare alcuni adempimenti obbligatori, seppure formali.
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