Con la Delibera n. 7 del 20 giugno 2017, la Corte dei conti- Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, ha reso noti i dati emersi dall’analisi del flusso delle controversie pervenute (flusso in entrata), definite (flusso in uscita) e pendenti al 31 dicembre 2016.
Ne è emerso che l’andamento del contenzioso dinanzi alle Commissioni tributarie, nel periodo 2011-2016, ha mostrato un progressivo decremento delle liti pendenti, che sono scese nel 2016 al di sotto delle 500.000, con una riduzione dell’11,64% rispetto al 2015.
Un risultato ricondotto, dalla Sezione centrale di controllo, alla riduzione del volume del nuovo contenzioso, che registra nel 2016 una flessione del 9,8%.
Di particolare interesse i dati relativi alla tipologia degli atti impugnati correlati anche alla loro distribuzione territoriale. Emerge che, a livello nazionale, il flusso dei ricorsi conseguenti ad accertamenti costituisce, negli anni considerati, una quota inferiore alla metà del totale, per ridursi ulteriormente nel 2016 quando rappresenta circa il 38,37%, flessione probabilmente riconducibile anche alla riduzione del numero degli accertamenti nell’ultimo biennio. Anomalo appare il numero dei ricorsi avverso gli atti di liquidazione e riscossione che, a livello nazionale, costituisce mediamente oltre 1/3 del totale e, nel 2016, rappresenta addirittura il 49,05 del totale. A livello regionale, emerge un singolare apporto al contenzioso da liquidazione e riscossione di alcune Regioni (la Sicilia, la Campania, il Lazio e la Calabria), tenuto conto del relativo peso demografico di tali Regioni rispetto ad altre (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna).
Con riferimento al grado di vetustà dei ricorsi/appelli pendenti, misurato dal tempo intercorrente dalla presentazione del ricorso/appello al 31 dicembre 2016, emerge che il 62,90% è giacente da meno di due anni; il 27,37% è giacente da tre a cinque anni; il 9,72% risulta in giacenza da più di cinque anni. Rilevanti le differenze emerse, sotto tale profilo, tra le diverse Commissioni. In relazione alla strutturazione organizzativa, l’analisi dei flussi in entrata del contenzioso sembra suggerire una opportuna razionalizzazione degli ambiti territoriali, per le Ctp e per le Sezioni staccate delle Ctr (per es. con accorpamenti tra province limitrofe), onde realizzare una elevazione del rapporto costi/benefici. La situazione del personale giudicante presente nelle Commissioni tributarie registra una scopertura del 32,48% rispetto alle piante organiche, peraltro ormai risalenti, definite con Dm. 11 aprile 2008. Sono analizzati i carichi di lavoro e la produttività. Fanno riflettere alcuni dati in particolare. La Ctr Calabria, che risulta la commissione con il più alto indice di attività dei Giudici assegnati, registra i più lunghi tempi del processo, con un progressivo peggioramento negli anni considerati. Sulla stessa linea si collocano la Sicilia e il Molise. La produttività, per quanto elevata, non riesce a far fronte a carichi di lavoro nettamente superiore alla media. Sicuri margini di miglioramento emergono nella distribuzione dei Giudici sul territorio. Ulteriore profilo di rilievo sono i volumi della riscossione correlati al contenzioso, che registrano un progressivo incremento, attestandosi nel 2016 a 2.010 milioni (+5,18% rispetto al 2015, +29,10%, rispetto al 2011). Il miglior risultato è da ascrivere esclusivamente ad un incremento delle riscossioni da versamenti diretti, che confermano un’incidenza crescente rispetto al riscosso totale, registrando nel 2016 un valore di 1.156,69 milioni (+19,63% rispetto al 2015 e +83,29% rispetto al 2011). Diverso l’andamento delle riscossioni da ruolo, decrescenti per l’intero periodo considerato, salvo il 2012, con una flessione nel 2016 del 9,61% rispetto al 2015. Positivo, invece, il risultato complessivo del riscosso correlato alla mediazione tributaria e alla conciliazione giudiziale, che cresce del 14,53 rispetto al 2015. Il contenzioso tributario viene poi inquadrato all’interno dei complessivi esiti degli atti impositivi (conseguenti ad accertamenti sostanziali): una significativa percentuale, il 20%, della maggiore imposta accertata è definita con strumenti deflativi, con la conciliazione giudiziale e con la voluntary disclosure (il 17,36 al netto della voluntary disclosure); il 31,47% è oggetto di impugnativa e ben il 48,52 è collegato ad atti per i quali il contribuente non ha utilizzato gli istituti definitori previsti dal Dlgs. n. 218/97, né ha proposto ricorso. In relazione a questi ultimi atti risulta che il debito tributario è recuperato soltanto per lo 0,06% con versamenti diretti e per lo 0,33% con la riscossione da ruolo. Sono dati che destano preoccupazione: quasi la metà degli accertamenti sostanziali (oltre il 48%) non ha effetti positivi per l’erario e si traduce in costi gestionali improduttivi e future quote inesigibili. E’ evidente la necessità di rivedere, con urgenza, la tenuta del sistema.
Viene misurata la proficuità dell’istituto della mediazione mediante un indice che pone in rapporto il numero complessivo dei reclami esaminati con quello dei reclami depositati in Ctp per la prosecuzione in sede contenziosa: le controversie evitate superano, nel periodo considerato, il 50%, attestandosi nel 2016 al 51,6%.
La riduzione dei ricorsi in primo grado è, dunque, da ricondursi anche agli effetti deflativi dell’istituto della mediazione. Va valutata, pertanto, positivamente la recente elevazione da 20.000 a 50.000 euro (art. 10 del Dl. n. 50/17) della soglia di valore delle controversie quale condizione per accedere alla mediazione. Inoltre, la Delibera in esame analizza, la spesa complessiva sostenuta per il funzionamento della giustizia tributaria per gli anni 2011-2016, con le relative variazioni percentuali.
Nel 2016, il volume dei pagamenti si riduce sensibilmente rispetto all’anno precedente (-17,46%), a fronte di una notevole lievitazione dei residui (+46,23%) sostanzialmente ascrivibile ai compensi al personale giudicante. Si tratta, infatti, di spesa che non ha un andamento regolare sia per la natura essenzialmente variabile dei compensi in quanto correlati alla produttività (salvo un’esigua quota fissa), sia per i tempi di erogazione delle quote relative al Cut, sensibilmente disallineati rispetto all’esercizio di riferimento. I dati rappresentativi di tutti i costi sostenuti per il servizio della giustizia tributaria rappresentano uno dei necessari parametri di riferimento di cui dovrà tenersi conto per una verifica di fattibilità di eventuali proposte di riforma del sistema.
Sotto il profilo organizzativo, va segnalato il completamento, nell’anno in corso, dell’avvio del processo tributario telematico, già attivato in diverse Regioni. Si tratta di una innovazione importante diretta a favorire la semplificazione del rapporto fisco/cittadino e l’efficientamento del servizio.
In relazione alle problematiche rilevate, la Corte ha formulato raccomandazioni, segnalando, tra l’altro, la necessità:
- a) di intervenire in via preventiva per ridurre il numero degli inadempienti, in direzione di una crescita della tax compliance, anche con una reingegnerizzazione dei processi (come è accaduto per esempio con il pagamento del canone Rai), in linea con misure che hanno registrato ottimi risultati come lo split payment, recentemente opportunamente esteso (art. 1 del Dl. n. 50/17). Potrebbe prevedersi, ad esempio, per i soggetti Iva, un obbligo di pagamento tracciato con ritenute alla fonte (come è attualmente per le ristrutturazioni edilizie);
- b) di elevare la qualità delle iscrizioni a ruolo, considerato che per quanto prevalenti le Sentenze favorevoli all’Amministrazione non è trascurabile la percentuale delle Sentenze in cui l’Amministrazione è totalmente o parzialmente soccombente, soprattutto nei giudizi inferiore a 20.000 (38%).
- c) va pure pienamente utilizzato l’istituto dell’autotutela (la mediazione non può essere un surrogato dell’autotutela).