Corte di giustizia tributaria dell’Abruzzo, Sentenza n. 300 del 30 aprile 2025
Una Società ha contestato un accertamento Imu su terreni che, secondo la sua tesi, non erano edificabili né utilizzabili a causa di un provvedimento regionale che ne vietava l’uso per motivi ambientali. Questo divieto era in vigore nel periodo oggetto di accertamento ed è stato rimosso solo successivamente.
La Società sosteneva quindi che l’Imu non fosse dovuta, perché il presupposto dell’Imposta – la possibilità di edificazione – mancava, sia in pratica, sia in diritto.
Il Giudice di I grado aveva accolto solo in parte il ricorso, annullando le sanzioni ma confermando l’imposta. In appello, la Società ha ribadito che il Comune stesso aveva riconosciuto l’impossibilità di costruire fino al 2023 e che, pertanto, l’area non aveva valore edificatorio.
Il Comune ha replicato che, sebbene inizialmente vi fossero limitazioni, queste non escludevano del tutto l’edilizia e che, su richiesta della Società stessa, era stato rilasciato un permesso di costruire, anche se con prescrizioni. Inoltre, ha sottolineato che la normativa nazionale non vieta del tutto l’attività edilizia nei siti da bonificare, ma la consente in alcune forme, come interventi di sicurezza e manutenzione.
I Giudici hanno respinto l’appello, ritenendo che le limitazioni indicate non escludevano la potenzialità edificatoria del terreno, né in astratto né in concreto, e che non era dimostrata l’assenza di valore. Pertanto, l’imposizione Imu è stata confermata.
I Giudici affermano che i terreni, anche se soggetti a bonifica, non erano totalmente inedificabili né privi di valore, perché la normativa consente comunque alcune attività edilizie e perché la Società ha ottenuto il permesso di costruire. Quindi, l’Imu è dovuta.




