Iva: la cessione in via promozionale di un medicinale al prezzo simbolico di 1 Euro può essere considerata “cessione gratuita di beni”

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 182 del 1° febbraio 2023, ha fornito chiarimenti in ordine alla qualificazione come cessione di beni della vendita di un medicinale al prezzo simbolico di Euro 1,00.
Nel caso di specie una Società, attiva nella produzione e vendita di medicinali, che intende commercializzare un nuovo farmaco, ha presentato all’Aifa la richiesta di riclassificazione dello stesso tra quelli erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale, ai fini della sua rimborsabilità.
La Società intende avviare una efficace strategia promozionale volta a diffondere la conoscenza del farmaco presso la propria clientela di riferimento (Strutture sanitarie pubbliche o private, talune soggette al meccanismo Iva dello “split payment”). A tal fine, il farmaco verrebbe ceduto al prezzo simbolico di Euro 1,00, oltre Iva, per un periodo di tempo limitato ed esclusivamente fin quando lo stesso non sia disponibile a livello regionale e non ottenga la rimborsabilità da parte del Ssn.
La cessione del farmaco al prezzo simbolico di Euro 1,00 permetterebbe alla Società di promuovere il prodotto, consentendo ai propri clienti/medici di testarne le funzionalità nel trattamento dei pazienti che presentano problematiche particolarmente gravi.
La Società non intende “omaggiare” il farmaco ai propri clienti per un fine di liberalità, bensì promuovere la conoscenza e la diffusione dello stesso; pertanto, la fatturazione al prezzo simbolico di Euro 1,00 le permetterebbe altresì di distinguere, anche da un punto di vista contabile e fiscale, le cessioni del farmaco in questione rispetto agli omaggi che la stessa Società generalmente riconosce ai propri clienti.
La Società intenderebbe pertanto fatturare le cessioni del prodotto in oggetto al prezzo di Euro 1,00, operando la rivalsa nei confronti dei cessionari, alcuni dei quali potrebbero assolvere l’Iva secondo il meccanismo dello “split payment”. Contestualmente, la Società procederebbe ad esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sul prezzo di costo del bene, ai sensi dell’art. 19 del Dpr. n. 633/1972.
A parere dell’Agenzia delle Entrate, la fattispecie in esame non è riconducibile nell’ambito applicativo della disciplina Iva prevista per le cessioni di “campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati” di cui all’art. 2, comma 3, lett. d), del Dpr. n. 633/1972, ma occorre valutare se considerare tale operazione come a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito.
Sotto il profilo civilistico, l’Agenzia ha ricordato che, in base all’orientamento espresso dai Giudici di legittimità, il prezzo simbolico o apparente si distingue dal prezzo irrisorio: l’uno, in quanto privo di ogni valore, renderebbe in linea di principio nulla la compravendita per difetto di un requisito essenziale; l’altro, in quanto provvisto di un qualche valore, seppur molto inferiore al livello di mercato, non inciderebbe sulla validità del contratto, ma porrebbe soltanto una questione di interpretazione negoziale e definizione causale.
In particolare, secondo la Suprema Corte, nella compravendita, il prezzo potrebbe ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (art. 1418 e art. 1470 del Cc.), quando risulta concordato un prezzo obbiettivamente non serio, o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente e simbolico, o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato (vedasi: Cassazioni, Sentenza 24 febbraio 1968, n. 632; Cassazione, Sentenza 28 agosto 1993, n. 9144; Cassazione, Sentenza 19 aprile 2013, n. 9640; Cassazione, Sentenza 4 novembre 2015, n. 22567).
In altri termini, secondo la Suprema Corte, a rigore, solo la mancanza di controprestazione (o il suo valore meramente simbolico) potrebbe tradursi in un difetto genetico della causa, all’esito di un sindacato che attiene alla regolare formazione del contratto, laddove viceversa uno squilibrio, anche notevole, pone solo un problema di interpretazione della volontà negoziale (l’inadeguatezza economica della prestazione potrebbe essere opportunamente valorizzata dal Giudice, ai fini della qualificazione del contratto, di per sé valido, eventualmente sotto un diverso indice causale).
Secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, “lo squilibrio economico originario non priva di causa il contratto, perché nel nostro ordinamento prevale il Principio dell’autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Si ritiene dunque che, salvo particolari esigenze di tutela, ‘le parti sono i migliori giudici dei loro interessi’” (vedasi Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 22567/2015). Nel dettaglio, la Suprema Corte ha chiarito che non solo un corrispettivo irrisorio, ma anche simbolico o addirittura del tutto assente, potrebbe giustificare dunque l’attribuzione patrimoniale, al più connotandola come gratuita, laddove dalla sproporzione voluta dalle parti consegua la realizzazione di un interesse giuridico meritevole di tutela.
In applicazione dei principi interpretativi desumibili dalla giurisprudenza da ultimo citata, con riferimento al caso di specie, in relazione al farmaco che la Società dichiara di commercializzare, temporaneamente, al prezzo simbolico di Euro 1,00, allo scopo di promuoverne la diffusione, e rispetto al quale non vi è alcun obbligo, in capo al cliente/utilizzatore del farmaco, di testare lo stesso ovvero di fornire un feedback sull’efficacia o sugli effetti, “non è possibile escludersi che possa trattarsi, nella sostanza, una fattispecie di cessione a titolo gratuito”. Una puntuale qualificazione in tal senso tuttavia “esula dalle prerogative esercitabili dalla scrivente in sede di Interpello in quanto implica un’accurata valutazione di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano la fattispecie concreta, ivi inclusa un’indagine sulla causa concreta della dazione, ossia degli interessi concretamente perseguiti dalle parti interessate”.
Tutte queste circostanze, alla luce del richiamato orientamento della Cassazione, “potrebbero infatti indurre l’Amministrazione finanziaria a qualificare la cessione del farmaco al prezzo di Euro 1,00 come operazione sostanzialmente gratuita, con la conseguenza che l’intera operazione dovrebbe essere valutata alla luce della relativa disciplina prevista ai fini Iva”. Infatti, sebbene la base imponibile delle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi sia ordinariamente costituita dall’ammontare complessivo delle somme dovute al cedente/prestatore secondo le condizioni contrattuali convenute dalle parti (vedasi art. 13, comma 1, Dpr. n. 633/1972) e il corrispettivo sul quale calcolare l’Iva sia rimesso alla libera determinazione dei contraenti, “non è escluso che la congruità del corrispettivo possa comunque formare oggetto di valutazione/indagine in sede di accertamento e costituire un elemento idoneo a condurre ad una riqualificazione dell’operazione di cui trattasi alla luce delle caratteristiche dello specifico assetto di interessi”.
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