Iva: “reverse charge” nei rapporti tra Ditta appaltatrice e Ditta collaboratrice nell’ambito di un contratto continuativo di cooperazione

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di Interpello n. 104 del 14 aprile 2020 ha fornito chiarimenti in ordine al trattamento fiscale, ai fini dell’Iva ed in particolare del “reverse charge”, di un contratto continuativo di cooperazione-quadro, stipulato ai sensi dell’art. 105, comma 3, del Dlgs. n. 50/2016 (“Codice degli Appalti”).

Nel caso di specie una Ditta A, istante, che svolge attività di costruzioni generali prevalentemente in ambito di appalti pubblici, ha stipulato tale tipo di contratto con altra Ditta B (Cooperatore), un operatore locale di comprovata affidabilità ed esperienza con il quale collaborare in caso di aggiudicazione di commesse nell’area geografica della stazione appaltante.

La Ditta B è iscritta alla locale Camera di Commercio per le attività identificate ai fini statistici dal Codice Ateco 42.21 (costruzione di opere di pubblica utilità per il trasporto liquidi) nella Sezione “F” della relativa Tabella.

Il contratto-quadro stipulato dalle 2 ditte:

  • ha come oggetto: lavori di movimento terra; scavi in sezione o di sbancamento, comprensivi di trasporto materiale di risulta e rifiuti a pubblica discarica, per posa tubazioni di sottoservizi da eseguirsi sia in suolo pubblico che privato per conto sia di committenti pubblici che privati; rinterri in terreno di qualsiasi natura, messa insicurezza cantieri, lavori stradali; esecuzione e ripristino di pavimentazioni, sistemazione verde; opere civili ed opere complementari ed accessorie alle stesse da eseguirsi nel territorio di Genova e provincia;
  • prevede che i lavori siano eseguiti dalla Ditta B (cooperatore) in piena autonomia organizzativa, con propria attrezzatura, assumendo pienamente e in proprio il rischio imprenditoriale, anche sotto il profilo della normativa in tema di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale, nonché l’esclusiva responsabilità per i danni eventualmente arrecati dallo stesso;
  • stabilisce che le singole prestazioni saranno di volta in volta conferite con separati atti scritti che conterranno sia l’oggetto che il corrispettivo specificamente pattuito in linea con le previsioni dell’Accordo stesso.

Successivamente alla registrazione del contratto-quadro, la Ditta A riferisce di avere partecipato alla procedura di aggiudicazione di gara pubblica indetta dalla stazione appaltante con bando avente ad oggetto “Lavori di estendimento, allacciamento e manutenzione su reti e impianti acqua, gas e fognature”. Più precisamente, la Società ha partecipato alla gara di appalto per l’aggiudicazione di 2 lotti tramite un costituendo Raggruppamento temporaneo di imprese, presentando l’offerta tramite la Capogruppo mandataria.

Le lavorazioni oggetto dell’appalto sono riconducibili alle seguenti macro-tipologie:

a) manutenzione ordinaria delle reti acquedotto, fognatura e dei relativi impianti;

b) allacciamenti alle reti acquedotto, fognatura e gas;

c) manutenzione straordinaria, estendimenti e nuove realizzazioni delle reti e degli impianti per gas, acquedotto, fognatura e depurazione.

La Ditta A istante ha chiesto quindi di sapere se, in caso di aggiudicazione dei lavori (non ancora avvenuta), il cooperatore (Ditta B), a fronte dell’esecuzione di una parte di detti lavori in forza del contratto quadro, dovrà emettere fattura nei confronti della stessa Ditta A applicando il regime Iva ordinario o il regime di reverse charge proprio dei subappalti del settore edile previsto dall’art. 17, comma 6, lett. a), del Dpr. n. 633/1972.

Al riguardo l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che tale ultima norma prevede l’applicazione del regime del “reverse charge” “alle prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lett. a-terche hanno ad oggetto i servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relativi a edifici compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle Imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”.

Come chiarito con costante prassi, l’applicazione del predetto regime è subordinata al ricorrere delle seguenti condizioni:

  1. appartenenza di entrambi i soggetti al comparto dell’edilizia. Questo requisito sussiste quando le attività effettivamente svolte dai contraenti sono riconducibili alle categorie di attività elencate nella Sezione “F” (“Costruzioni”) della Tabella di classificazione delle attività economiche Ateco 2007;
  2. esistenza di un rapporto di subappalto, in quanto il “reverse charge si applica alle prestazioni rese dal subappaltatore nei confronti di un altro soggetto che si pone quale appaltatore principale o subappaltatore (vedasi Circolare Entrate n. 37/E del 2006 e Risoluzione Entrate n. 432/E del 2008).

Per quanto riguarda il primo requisito, l’Agenzia ha precisato che la risposta è fornita partendo dal presupposto che, come dichiarato nell’istanza, entrambe le parti operino nel comparto dell’edilizia e le attività affidate al cooperante siano effettivamente riconducibili nella Sezione “F” della Tabella Ateco 2007, fermo restando ogni potere di controllo dell’Amministrazione fiscale al riguardo.

Con riferimento al secondo requisito (i.e. esistenza di un contratto di sub-appalto), l’Agenzia ha osservato che, per qualificare un rapporto giuridico come contratto d’appalto, prestazione d’opera o fornitura con posa in opera, rileva, non il nomen iuris attributo dalle parti al contratto, bensì gli effetti da questo prodotti in base alla comune intenzione delle stesse, espressa dalle clausole contrattuali (vedasi Risoluzione Entrate n. 246/E del 16 giugno 2008).

In relazione al caso di specie, occorre quindi verificare se le prestazioni che la Ditta B (cooperatore) dovrà rendere alla Ditta A istante in base al contratto quadro concretizzino prestazioni effettuate da subappaltatori ai fini dell’applicazione del “reverse charge di cui al citato art. 17, comma 6, lett. a), del Dpr. n. 633/1972.

In base all’art. 105 del “Codice degli Appalti” (Dlgs. n. 50/2016), il contratto continuativo di cooperazione è una modalità che consente all’affidatario di far eseguire a terzi le prestazioni oggetto di un contratto di appalto pubblico senza dover rispettare i limiti e le condizioni previsti dallo stesso codice per il contratto di subappalto. Non è stata prevista tuttavia, allo stato attuale, alcuna disciplina specifica in merito ai requisiti e al funzionamento di detto istituto: gli unici requisiti richiesti sono la sottoscrizione dello stesso in epoca anteriore all’indizione della procedura di gara e il suo deposito presso la stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto d’appalto.

Le prestazioni oggetto del contratto continuativo di cooperazione – come ammesso dalla Ditta A – possono coincidere con le attività oggetto del contratto principale così come avviene per i contratti di subappalto. Anzi nel contratto continuativo di cooperazione è ravvisabile la volontà dell’affidatario di legare a sé in maniera stabile e continuativa un’altra impresa alla quale affidare l’esecuzione di determinati lavori relativi all’appalto principale, di volta in volta oggetto di apposito contratto.

Tutto ciò premesso, l’Agenzia ha ritenuto che il regime del “reverse charge” di cui all’art. 17, comma 6, lett. a), del Dpr. n. 633/1972 debba trovare applicazione con riferimento alle prestazioni oggetto del contratto continuativo di cooperazione coincidenti anche in parte con quelle del contratto principale di appalto (ancora da stipulare).