Ore drammatiche: Salvini apre la crisi di Governo
La spaccatura profonda nel cuore del Governo giallo-verde, andata in scena in Senato con la bocciatura della mozione No Tav del Movimento 5Stelle, è diventata una voragine ieri sera a Sabaudia dove la tenuta dell’esecutivo ha traballato grazie al comizio di Matteo Salvini. Il vicepremier e ministro dell’Interno ha detto che con gli alleati “negli ultimi mesi qualcosa si è rotto”. E pur sostenendo che mai gli uscirà “una parola negativa su Di Maio o Conte”, ha escluso ogni ipotesi di rimpasto. Quindi, per il Governo si è aperto l’inizio della crisi.
La giornata di ieri è iniziata con il forte pressing del M5S per convincere a suon di comunicati e dichiarazione l’alleato a non rompere. Luigi Di Maio, ormai all’angolo, in tarda mattina scrive un post su Fb: “I giochini di palazzo non ci sono mai piaciuti, questo dibattito sulle poltrone inizia a stancarmi. Il 9 settembre taglieremo definitivamente 345 parlamentari. Mi auguro che nessuno si tiri indietro all’ultimo minuto”, parole che hanno scatenato un duro botta e risposta con la Lega.
Alle 13 Giuseppe Conte sale al Quirinale per un primo confronto con il Capo dello Stato. Intanto la Lega inizia a parlare esplicitamente di voto anticipato visto che non c’è nessuna alternativa percorribile: è un no a ogni possibilità di rimpasto o di un Conte Bis. La nota del Carroccio è molto chiara: “L’Italia ha bisogno di certezze e di scelte coraggiose e condivise, inutile andare avanti fra no, rinvii, blocchi e litigi quotidiani. Ogni giorno che passa è un giorno perso, per noi l’unica alternativa a questo Governo è ridare la parola agli italiani con nuove elezioni”. E ancora: “Tra Lega e 5 Stelle ci sono visioni differenti. Il voto di ieri sulla Tav è solo l’ultima, irrimediabile certificazione”.
Poche ore dopo Matteo Salvini e Giuseppe Conte s’incontrano a Palazzo Chigi. Il vertice dura più di un’ora ma alla fine le posizioni e la linea del leader del Carroccio rimangono le stesse: crisi. Intanto il Presidente della Camera Roberto Fico sale al Quirinale da Sergio Mattarella, un incontro durato poco più di mezzora utile a definire la roadmap per affrontare in Parlamento la crisi politica che ha spaccato la maggioranza. In serata arrivano anche le parole di Matteo Salvini: “Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza e restituiamo velocemente la parola agli elettori. L’ho ribadito oggi al Presidente Conte. Inutile andare avanti a colpi di no e di litigi, come nelle ultime settimane, gli italiani hanno bisogno di certezze e di un governo che faccia, non di Signor No. Non vogliamo poltrone o ministri in più, non vogliamo rimpasti o governi tecnici: dopo questo Governo (che ha fatto tante cose buone) ci sono solo le elezioni”.
Conte sfida Salvini: “Il mio non è il Governo dei no”
Giuseppe Conte lascia, ma scende in campo. E inizia a demolire pezzo su pezzo la narrazione con cui Matteo Salvini ha giustificato l’apertura della crisi. Al termine di una lunga e difficile giornata, nel giorno del suo 55esimo compleanno, mentre sembra concludersi la sua esperienza da presidente del Consiglio, il professore si presenta in sala stampa a Palazzo Chigi e annuncia che si presenterà in Parlamento, perché dovranno essere le Camere a sfiduciarlo. Svela anche che se il leader della Lega ha deciso di interrompere l’esperienza gialloverde è solo perché vuole “capitalizzare il suo consenso”. Lo dice anche Luigi Di Maio, che dagli schermi del tg1 attacca a testa bassa: “Salvini mette i sondaggi davanti al Paese”, accusa. E poi colpisce dove fa più male: “Con le elezioni di ottobre ci sarà un Governo che s’insedierà a dicembre” e probabilmente “farà aumentare l’Iva”, dice il leader M5s che assicura: “Noi siamo pronti al voto”.
Giuseppe Conte annuncia, già in mattinata, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che se crisi deve essere sarà in Parlamento. Lo ribadisce nel pomeriggio a Matteo Salvini, in un colloquio assai teso. Poi a tarda sera si presenta in sala stampa, abito blu e pochette, con un foglietto su cui ha scritto le parole che lo candidano a essere uno sfidante di Salvini nella stagione politica che si apre. “Ieri e questo pomeriggio è venuto a parlarmi Salvini il quale mi ha anticipato l’intenzione di interrompere questa esperienza di Governo e di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui la Lega gode attualmente”, esordisce; “Ho già chiarito a Salvini che farò in modo che questa crisi sia la più trasparente della storia della vita repubblicana”, aggiunge.
E mentre il leader leghista, da un comizio a Pescara, invita i parlamentari a interrompere le vacanze per votare la (s)fiducia all’esecutivo, il presidente del Consiglio si erge a difensore delle Camere, che non sono un molesto orpello, e assicura “trasparenza e cambiamento fino all’ultimo giorno”. E al ministro dell’Interno dice che “non spetta a lui decidere i tempi della crisi”. La sfida a Salvini è di presentarsi, da senatore, “in Aula, a spiegare: lì si farà chiarezza sulle responsabilità perché non ci si potrà nascondere dietro slogan mediatici”. È durissimo il premier con il suo ex vice, quando dice che non permetterà più che il suo Governo sia descritto come quello dei No: “Abbiamo sempre parlato poco e lavorato molto, non in spiaggia”, aggiunge con riferimento alle immagini del Papeete beach. E assicura che non permetterà di “sminuire la dedizione, la passione con cui gli altri Ministri, tutti i viceministri, tutti i sottosegretari hanno affrontato l’impegno di governo”.
Mattarella attende le mosse di Conte e Salvini
Sergio Mattarella non lascia Roma e sonda la situazione dopo che la tensione nel Governo è giunta alle stelle; si profila un passaggio alle Camere e dunque possibili consultazioni tra il 24 e il 26 agosto. Il Presidente tiene sempre un occhio attento ai conti pubblici e auspica che tutto si svolga in modo istituzionalmente ordinato. In mattinata il presidente del Consiglio Giuseppe Conte gli aveva espresso la sua intenzione di cercare di ricucire gli strappi e di verificare comunque in Parlamento la solidità o meno della sua maggioranza. Nel pomeriggio Mattarella ha ricevuto il presidente della Camera Roberto Fico, un incontro durante il quale si è anche esaminato il calendario dei lavori parlamentari in caso di crisi. La Camera e il Senato infatti sono convocate in via ordinaria per i primi di settembre e servono alcuni giorni, tempi strettamente tecnici, per riaprire il Parlamento e procedere alla cosiddetta verifica. Il passaggio parlamentare, chiesto anche in serata da Matteo Salvini, non potrà avvenire dunque prima della prossima settimana.
Al Colle spiegano che il Presidente della Repubblica, come già lo scorso anno, non ha schemi prestabiliti, segue la Costituzione, la prassi costituzionale e si adatta alle situazioni man mano che si presentano. Dunque se Conte non ottenesse la fiducia, dopo il voto il Presidente indirebbe le consultazioni e in caso non ci fosse una maggioranza possibile, com’è probabile, potrebbe sciogliere le Camere. I tempi prevedibili sono il 20 agosto per la convocazione delle Camere, partendo dal Senato per poi passare alla Camera se necessario, e il 25-26 agosto per l’eventuale scioglimento. Da quella data dovrebbero passare almeno 60 giorni per le eventuali elezioni e questo porterebbe alla fine di ottobre anche se Salvini sembrerebbe spingere per il 13 ottobre.
Questo inevitabilmente porterebbe a impattare sui tempi della manovra economica, che va presentata entro il 15 ottobre a Bruxelles. In teoria dunque la manovra dovrebbe essere presentata dal Governo uscente in scadenza, con tutte le controindicazioni del caso, soprattutto per quel che riguarda l’accoglienza dei mercati. Se Conte non venisse sfiduciato, magari con un’astensione delle attuali forze di opposizione, si avrebbe il caso, non nuovo nella prima Repubblica, di Governo della “non sfiducia”. Questo scenario, chiaramente poco probabile, sarebbe complicato e funambolico ma eviterebbe le elezioni immediate. Dal Colle il Presidente osserva l’evolversi della situazione: molte voci corrono in queste ore, dalla preferenza per un governo tecnico a quella per un governo elettorale, ma al momento l’unica certezza è che l’appello rivolto dal Capo dello Stato a tutti i suoi interlocutori in queste ore è stato di mantenere un profilo il più possibile istituzionale e non perdere inutilmente tempo.
A cura di Nomos Centro Studi parlamentari
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