Sottosegretario Siri indagato per corruzione

Armando Siri, sottosegretario alle infrastrutture e soprannominato Mister flattax, l’uomo di fiducia di Matteo Salvini, è indagato dalla Procura di Roma e di Palermo per corruzione: emendamenti per favorire le leggi in cambio di una promessa di 30mila euro e non è tutto. Siri rappresenta una spina nel fianco dei pentastellati anche perché il suo nome sarebbe stato più volte sul tavolo, in caso di un rimpasto dopo le Europee, in sostituzione di Danilo Toninelli al Mit. “Sono tranquillissimo”, ha risposto il sottosegretario quando era ancora calda sulla homepage dei quotidiani la notizia dell’indagine: un tono pacato, che non tradisce preoccupazione, persino quando dal leader M5S Luigi Di Maio è arrivata la richiesta di dimissioni.

“Non so se Salvini sia d’accordo con questa mia linea intransigente ma è mio dovere tutelare il Governo e l’integrità delle istituzioni” tuona il vicepremier pentastellato. Salvini ovviamente ha rinnovato la fiducia a Siri e lo ha blindato da ogni attacco: “Non deve dimettersi, c’è solo un’iscrizione nel registro degli indagati e solo se sarà condannato dovrà farsi da parte. Non ho mai chiesto di far dimettere Virginia Raggi o parlamentari 5 Stelle quando sono stati indagati”. Intanto il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha subito provveduto a togliergli le deleghe e dal Movimento sono partite le veline per isolare Siri e screditarlo.

La Raggi al centro di un nuovo caso rifiuti al comune di Roma

Insomma, la situazione è caldissima ed è diventata incandescente quando dal cassetto è spuntata una registrazione, ora nelle mani della Procura capitolina, che svelerebbe le pressioni di Virginia Raggi sui vertici Ama per far chiudere in rosso il bilancio della società che si occupa dei rifiuti a Roma. Il caso rappresenta l’ennesima grana in Campidoglio e arriva dopo settimane segnate dallo scontro Salvini-Raggi proprio sulla Capitale. Fatto sta che l’esclusiva dell’Espresso è una molla che ha fatto saltare il Carroccio.

“Se il contenuto delle intercettazioni del sindaco Raggi corrispondesse al vero sarebbe la confessione di un grave reato e la chiara ammissione di una palese incapacità a governare”, ha attaccato il ministro Stefani. “Per coerenza con le regole del Movimento ci aspettiamo le sue immediate dimissioni”. Ma non basta, la guerra contro il primo cittadino della Capitale è ormai senza confini: dalla Lega è partita infatti la richiesta per stralciare la norma salva Roma dal dl Crescita. E contro la sindaca è arrivato tagliente il giudizio di Salvini: “La Raggi non è più adeguata a fare il sindaco e non per eventuali illegalità che eventualmente accerterà la magistratura, il mio è un giudizio politico. Non può fare il sindaco a Roma come a Cernusco sul Naviglio”.

Massima tensione nel Governo tra Salvini e Di Maio

L’inchiesta sul sottosegretario Armando Siri e le registrazioni sulla sindaca Virginia Raggi: il doppio colpo, sia pur con circostanze diverse, piomba sulla campagna per le Europee di M5S e Lega portando all’apice la tensione tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini e rendendo ancor più chiaro che da qui al 26 maggio lo scontro sarà senza quartiere e senza esclusione di colpi, con i due alleati ormai pronti all’attacco diretto pur di guadagnare terreno negli equilibri di Governo. Tanto che, tra gli scenari possibili, nei Palazzi si sta anche cercando di valutare l’ultima data utile per le elezioni politiche, a giugno, che presupporrebbe una rottura prima del 26 maggio: l’ipotesi mette sotto stress Governo e maggioranza, sia pure nella consapevolezza che prima delle elezioni europee non ci sarebbero molti spazi di manovra.

Nel frattempo, regna il gelo. A Reggio Calabria, in un Consiglio dei ministri in trasferta fortemente voluto dal premier Giuseppe Conte va in scena una delle riunioni più atipiche della storia giallo-verde. Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono arrivati separatamente in Prefettura e non si sarebbero nemmeno salutati. Fuori infuria, a colpi di dichiarazioni, la battaglia tra M5S e Lega e in mezzo c’è Conte che cerca una mediazione su tutto; anche se il premier non si sottrae e mostra prudenza sugli sviluppi delle indagini, non risparmia una stoccata alla Lega sul caso Siri: “La corruzione è un reato grave per cui, da contratto, un membro del Governo del cambiamento dovrebbe farsi da parte”.

Il ministro dell’Interno ostenta sicurezza e lo stesso Siri si presenta a sera in Senato per il voto sul Def quasi a dimostrare che non ha nulla da nascondere. E a diversi suoi interlocutori Siri avrebbe ricordato a caldo di voler chiarire la questione, facendo anche riferimento al fatto che da sottosegretario alle infrastrutture riceve centinaia di mail come quelle incriminate che però gira sistematicamente ai suoi Uffici per le opportune verifiche. Nella Lega la preoccupazione serpeggia comunque: per il momento il Carroccio è compatto sulla linea del garantismo ma attende con un certo timore gli sviluppi delle indagini. Dall’altra parte però il caso Virginia Raggi scuote ulteriormente il M5S sul versante romano e in Transatlantico, raccontano fonti parlamentari, regna il caos. La difesa della sindaca è netta ma, allo stesso tempo, su Roma il Movimento teme da tempo un exploit della Lega già alle Europee. Il M5S risponde con una strategia ben precisa: attaccare su Siri.

Def, maggioranza si impegna a non aumentare Iva. Tria: Troveremo le risorse

Via libera al Documento di Economia e Finanza, ma resta l’enorme incognita dell’Iva. Il possibile aumento dell’imposta sul valore aggiunto continua a infiammare il dibattito politico perché il Governo potrebbe essere costretto ad alzare le aliquote così da non dover trovare coperture per 23 miliardi nel 2020 e 29 miliardi nel 2021. È vero che M5S e Lega nella risoluzione di maggioranza che dà luce verde al DEF mettono avanti le mani impegnando l’esecutivo ad adottare misure per il disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali per l’anno prossimo, ma non è per nulla chiaro come si bloccherà l’aumento.

La risoluzione di maggioranza, approvata con 272 voti favorevoli alla Camera e 161 al Senato, si limita a non prevedere misure di incremento della tassazione sui patrimoni. Insomma, si mette nero su bianco che non ci dovranno essere patrimoniali. È quindi molto probabile che si useranno le forbici sulla spesa pubblica, visto che a livello fiscale si vuole portare avanti la battaglia per la flat tax, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha assicurato che le risorse verranno trovate, che le clausole saranno disinnescate e che questo problema verrà affrontato quando si disegnerà la legge di bilancio 2020, assieme alla riforma fiscale.

Gli scatti dell’Iva da evitare, d’altra parte, non sono una novità del governo giallo-verde: sono stati neutralizzati già in passato, anche dagli esecutivi targati Pd. Nel 2018, ricorda Tria, sono stati bloccati aumenti per 12,5 miliardi ma “Per l’anno prossimo non sarà altrettanto facile”, ammette il Ministro. Poi, con uno scatto polemico verso i deputati che gli facevano notare che gli interessi sul debito ci costano caro, dice: “Con una battuta direi che stare all’opposizione risveglia: quando erano loro al Governo non si erano accorti di questa cifra, e lo dico nel pieno rispetto, perché non è facile ridurre il debito con un basso tasso di crescita”.

 

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