Dopo le Consultazioni Mattarella concede ancora tempo a partiti

Il primo giro di consultazioni si è concluso con un nulla di fatto dopo che, martedì 20 agosto, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è salito al Quirinale per rimettere l’incarico nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al termine della due giorni di consultazioni che ha coinvolto tutti i principali partiti, il Capo dello Stato ha dovuto prendere atto, con non poca preoccupazione, che una soluzione alla crisi di Governo ancora non c’è. Gli appelli a fare presto sembrano essere rimasti inascoltati ma l’inquilino del Colle non demorde, anzi. Al termine dei colloqui e dopo due ore di riflessione, Mattarella ha tenuto una brevissima conferenza stampa affermando: “Nel corso delle consultazioni appena concluse, mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti politici che sono state avviate iniziative per un’intesa, in parlamento, per un nuovo governo; e mi è stata avanzata la richiesta di avere il tempo di sviluppare questo confronto” dice il presidente riferendosi non solo alla nascita di un possibile esecutivo targato M5SPD, ma anche a una disponibilità della Lega a riallacciare un dialogo sulla scia di un contratto di Governo fallito, ma anche alla prospettiva di un governo a guida del centrodestra.  

Per questo motivo, Sergio Mattarella ha concesso ancora del tempo e fissato un secondo giro di consultazioni per martedì 27 agosto che si concluderà il giorno successivo. Il Capo dello Stato ha però chiarito che questo tempo dovrà portare ad una decisione risolutiva visto che il prolungarsi della crisi metterebbe in seria difficoltà l’economia e la stabilità del Paese. Al Quirinale sfileranno di nuovo i due presidenti delle Camere, Roberto Fico e Elisabetta Alberti Casellati, e tutti i gruppi parlamentari accompagnati dai loro leader. “La crisi va risolta all’insegna di decisioni chiare e in tempi brevi. Lo richiede l’esigenza di governo di un grande paese come il nostro. Lo richiede il ruolo che l’Italia deve avere nell’importante momento di avvio della vita delle istituzioni dell’Unione Europea per il prossimo quinquennio. Lo richiedono le incertezze, politiche ed economiche, a livello internazionale”. 

Attenzione però a non tirare troppo la corda, è l’avvertimento del Capo dello Stato, perché saranno ammesse solo soluzioni che otterranno la fiducia del Parlamento. In mancanza di queste condizioni, la strada da percorrere è quella di nuove elezioni. Con queste parole Mattarella ha chiuso, ormai definitivamente, la porta a possibili governi di scopo, del Presidente o istituzionali lasciando quindi intendere che l’esecutivo che nascerà potrà essere solo politico. Se non ci sarà un accordo fra i partiti, l’unica soluzione sarà quella del voto. Una decisione da non prendere a cuor leggero ma che con ogni probabilità sarà presa già mercoledì 28 agosto. 

Parte il confronto tra M5S e Pd per la nascita del Governo giallorosso

È iniziato, dunque, il confronto tra Movimento 5 stelle e Partito Democratico per la possibile nascita di un nuovo governo cosa che ha trovato anche il plauso di Pietro Grasso di Leu che, con i suoi voti, sarà determinante al Senato. Dopo il lavorio preliminare degli sherpa dei due partiti, con il termine delle consultazioni al Quirinale la trattativa tra i due partiti è diventata ufficiale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso non più di quattro giorni pieni per trovare un’intesa. Ma la giornata di ieri è stata tutto fuorché lineare e priva di tensioni. Luigi Di Maio, nelle dichiarazioni rilasciate dopo il colloquio con il Capo dello Stato, aveva annunciato l’inizio delle interlocuzioni necessarie per una maggioranza solida, senza però citare i dem. Cosa che sul momento ha lasciato qualche dubbio sulla volontà di non chiudere totalmente il forno con la Lega. Poi però, all’assemblea dei gruppi, i vertici del Movimento hanno ottenuto il mandato ad avviare la trattativa con il Pd. 

La priorità, per il capo politico del M5S, è non affossare la riforma della Costituzione, che aspetta la quarta e ultima votazione. Per Di Maio, il taglio dei parlamentari è il presupposto per il prosieguo della legislatura e per darle solidità. Una dichiarazione che sembra non essere pienamente in linea con quanto invece chiesto dal leader del Pd, Nicola Zingaretti, che tra i suoi paletti ha inserito la necessità di accompagnare la riforma ad una revisione profonda della legge elettorale. Un’ipotesi che garantirebbe ai dem di poter immaginare la nascita di un Governo di legislatura e non di una esperienza da chiudere all’indomani dell’approvazione della legge di bilancio

Taglio dei parlamentari a parte, i nodi da sciogliere sono diversi. Luigi Di Maio, al termine dell’incontro con Mattarella, ha posto 10 punti programmatici su cui il M5S non è disposto a cedere. Tra questi ci sono temi spinosi come la riforma della giustizia, l’acqua pubblica, la legge sul conflitto di interessi e la riforma del sistema bancario. Tutti punti che in questi anni sono stati caratterizzate da fortissimi attriti tra pentastellati e Pd ma sui quali Nicola Zingaretti ha già dichiarato di poter trovare una convergenza. L’esigenza del Partito Democratico è chiara: scongiurare innanzitutto l’aumento dell’Iva e allontanare un voto che porterebbe, molto probabilmente, Matteo Salvini alla guida di un Governo sovranista. L’elemento forse più delicato fra le richieste del Pd sembra essere quello della discontinuità politica rispetto a chi ha fatto parte del precedente Governo. Una richiesta prima categorica e poi già ammorbidita che inevitabilmente avrà un peso considerevole nella trattava. Sebbene permanga in entrambi gli schieramenti un’enorme diffidenza sembra che le premesse per l’apertura di un dialogo costruttivo ci siano.

Trattativa M5S-Pd, parte il totonomi per il nuovo premier

Se M5S e PD riusciranno a trovare l’accordo per un nuovo governo, il primo nodo da sciogliere sarà inevitabilmente quello del nome del nuovo premier. Al momento sembra esclusa l’ipotesi di un Conte-bis cosa che ha già fatto scattare la corsa all’individuazione dei possibili candidati. Tra i nomi più gettonati, e forse più scontati, ci sono quello dell’economista Carlo Cottarelli, già incaricato nel 2018 di formare un nuovo governo tecnico provvisorio vista l’iniziale impossibilità di trovare un’intesa fra M5S e Lega, e di Raffaele Cantone, attuale presidente dimissionario dell’Autorità nazionale anticorruzione.

Tra gli ex presidenti della Corte Costituzionale si sono fatti i nomi di Giovanni Maria Flick e Valerio Onida. Ma l’incarico potrebbe andare anche a Sabino Cassese, giudice costituzionale gradito al M5S e già ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi (1993-1994). Si fa anche il nome della vicepresidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, 56 anni, nominata dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel 2011. Tra i papabili spunta anche Enrico Giovannini, economista, già presidente dell’Istat e ministro del Lavoro sotto il Governo Letta (2013) e Paola Severino prima donna ministro della giustizia (Governo Monti). Ma si riconcorrono le voci anche su Elisabetta BelloniGiampiero Massolo e Moavero Milanesi senza dimenticare il nome di Federica Mogherini già Alto rappresentante della politica estera della Commissione Juncker.

Salvini riapre al M5S ma per Di Maio l’alleanza è finita

Il leader della Lega, Matteo Salvini, chiuso in un angolo dopo la decisione dell’8 agosto di uscire dal Governo, ha provato sino all’ultimo momento utile a ricucire con l’ex alleato pentastellato, parlando in termini positivi di Luigi Di Maio: “Credo che abbia lavorato bene nell’interesse del Paese”, dice dopo le consultazioni con Sergio Mattarella. Quindi lancia un ultimo appello alla riconciliazione con il Movimento: “Se i no diventano sì, non porto rancore. Ho scoperto che ci sono alcuni pentastellati disponibili a una manovra coraggiosa, se si vuol far ripartire il Paese noi siamo pronti”. Una mano tesa che i Cinque Stelle respingono al mittente. Luigi Di Maio lo gela poco dopo, accusandolo di slealtà. I toni del capo politico 5S non sono offensivi ma istituzionali, tuttavia il senso della chiusura è chiaro: “L’esperienza di governo si basava sulla sottoscrizione di un contratto, sulla lealtà tra forze politiche che è stata minata da una rottura unilaterale”. 

Berlusconi rilancia il centrodestra ma critica le scelte di Salvini

Ma se da un lato consultazioni hanno ben chiarito che difficilmente l’alleanza gialloverde potrà essere ricostruita dall’altro hanno messo a nudo anche le tensioni interne al centrodestra. Secondo Giorgia Meloni, l’unica possibilità è il ritorno immediato alle urne, mentre la posizione di Forza Italia è più critica. Per Silvio Berlusconi, Salvini, sin dall’inizio della crisi, ha sempre evitato di riparlare di centrodestra, snobbando il tema delle alleanze ragion per cui in conferenza stampa si tolto qualche sassolino dalla scarpa criticando le posizioni del Carroccio sull’Europa e definendo “avventurista” la scelta della Lega di allearsi con il M5S. Forte degli ultimi sondaggi secondo cui la Lega, ferma al 31%, senza l’8% di Forza Italia, non avrebbe la maggioranza, si scaglia a testa bassa contro l’esecutivo Conte. 

Lo fa citando i giudizi dei nemici giurati di Salvini: “Non riferisco come Merkel e Juncker hanno definito il precedente governo. È stata indebolita l’economia italiana al punto che rasenta la crisi con un debito pubblico che ha superato il livello di guardia”. Per Berlusconi “ora serve un esecutivo autorevole che restituisca al Paese una rispettabilità e una considerazione in Europa che l’Italia oggi non ha, che scongiuri ipotesi avventurose di uscita dall’Euro e dalla Ue ma che consenta all’Italia di contare in Ue e di consolidare i nostri interessi nazionali come spetta a un Paese fondatore”. Berlusconi, almeno davanti alla stampa, si dice disponibile solo a un governo di centrodestra, che come lui sa bene non ha i voti. L’alternativa quindi sarebbe solamente quella del voto. 

A cura di Nomos Centro Studi parlamentari

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