Corte di giustizia tributaria del Lazio, Sentenza n. 10 del 3 gennaio 2025
Nella Sentenza in esame, il contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per Imu non pagata relativa agli anni 2013 e 2014, contestando la prescrizione del diritto del Comune a richiedere il pagamento, l’erronea inclusione di particelle inesistenti o non di sua proprietà nel calcolo dell’imposta e la mancata indicazione della possibilità di definire la sanzione con un pagamento ridotto entro 60 giorni.
La Ctp ha dichiarato inammissibile il ricorso, spingendo il contribuente a presentare appello alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sostenendo l’illegittimità della decisione per la mancata prova della data di ricezione dell’atto e riproponendo le medesime contestazioni.
Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la conferma della Sentenza e la condanna del ricorrente alle spese.
I Giudici hanno respinto il ricorso, ritenendo infondate le doglianze sollevate. Hanno confermato che l’atto rettificato in diminuzione è stato regolarmente notificato sia presso la sede legale della Società che alla residenza del rappresentante legale, escludendo la presenza di vizi procedurali.
Inoltre, hanno chiarito che la modifica dell’accertamento non introduce una nuova pretesa tributaria, ma rappresenta una semplice riduzione dell’importo dovuto, in conformità alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
È stata altresì confermata la corretta attribuzione della proprietà degli immobili alla Società e la legittimità del calcolo delle sanzioni. Di conseguenza, il ricorso contro un atto con cui l’Ente impositore riduce un accertamento è inammissibile, poiché non si tratta di una nuova richiesta fiscale, ma di una revoca parziale dell’imposta originariamente determinata. Non è pertanto necessaria l’emissione di un nuovo atto sostitutivo.