Tar Lazio, Sentenza n. 4036 del 24 febbraio 2025
Nella fattispecie in esame, il ricorso riguardava una procedura di progressione tra le aree di personale non dirigente per il profilo di Funzionario di Polizia Locale. I ricorrenti, dipendenti con il ruolo di Istruttori di Polizia Locale, avevano contestato alcuni criteri di valutazione stabiliti nel bando e applicati nelle graduatorie finali e in particolare: il limite al punteggio per anzianità di servizio che, riconoscendo 1,75 punti per ogni anno di servizio fino a un massimo di 20 anni, penalizzava chi aveva un’anzianità superiore; la disparità nel riconoscimento dell’esperienza lavorativa, che valorizzava con 1,75 punti per anno quella maturata presso l’ente di appartenenza e solo con 0,75 punti per anno quella presso altre Pubbliche Amministrazioni; l’attribuzione discrezionale del punteggio tramite colloquio, che assegnava fino a 22 punti sulla base di una valutazione soggettiva anziché su criteri oggettivi legati ai titoli e all’esperienza documentata. I ricorrenti hanno impugnato anche le graduatorie finali e le successive rettifiche, sostenendo che fossero viziate dagli stessi criteri discriminatori.
L’Amministrazione si è difesa affermando la legittimità delle proprie scelte, in linea con la normativa vigente e funzionali alle esigenze specifiche dell’Ente. Il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la parte dell’avviso che assegnava un punteggio inferiore all’esperienza maturata in altre Pubbliche Amministrazioni. I Giudici hanno ritenuto tale differenziazione discriminatoria e contraria al regolamento sulle progressioni adottato, in quanto priva di giustificazione oggettiva e lesiva del principio di parità di trattamento. Di conseguenza, sono stati annullati sia l’articolo del bando che prevedeva questa disparità sia le determinazioni dirigenziali che hanno applicato tale criterio, imponendo all’Amministrazione di rettificare i punteggi assegnati ai ricorrenti ed equiparare l’esperienza maturata presso altre amministrazioni a quella acquisita internamente.
Tuttavia, il tribunale ha respinto le altre contestazioni, ritenendo legittimi sia il limite massimo di 20 anni per la valutazione dell’anzianità, in quanto garantisce un equilibrio tra esperienza e altri criteri di selezione, sia l’utilizzo del colloquio per valutare le competenze professionali, considerato conforme alla normativa e strumento idoneo a verificare l’idoneità dei candidati alla progressione.
Questa decisione si inserisce in un contesto di pronunce contrastanti da parte dei tribunali amministrativi. Alcune sentenze hanno ritenuto discriminatoria la scelta di valorizzare maggiormente l’esperienza interna, mentre altre hanno affermato la legittimità di criteri premianti per il personale già in servizio presso l’ente, in quanto rientranti nella discrezionalità amministrativa. Il nodo giuridico principale riguarda il margine di autonomia delle Amministrazioni nella determinazione dei criteri di selezione e nella valorizzazione dell’esperienza pregressa, con opinioni divergenti su quale debba essere il giusto equilibrio tra anzianità di servizio e altri fattori di valutazione.
La sentenza impone all’Amministrazione di rivedere i punteggi assegnati ai ricorrenti per il criterio relativo all’esperienza presso altre amministrazioni, mentre il dibattito sulla discrezionalità amministrativa nelle progressioni verticali resta aperto, con possibili decisioni difformi a seconda del tribunale chiamato a pronunciarsi.