Pubbliche Amministrazioni e consulenze esterne

Corte dei conti Piemonte, Sentenza n. 241 del 10 dicembre 2024

Nella Sentenza in epigrafe indicata, la Sezione chiarisce che le Pubbliche Amministrazioni possono ricorrere a consulenze e collaborazioni esterne solo per attività che richiedano un livello elevato di competenza professionale o in caso di eventi straordinari che non possano essere gestiti dalla struttura interna. Affidare incarichi esterni per funzioni e compiti che rientrano nelle responsabilità del personale interno rappresenta una violazione amministrativa. Secondo la Sezione è responsabilità amministrativa affidare incarichi a consulenti esterni per funzioni che dovrebbero essere svolte dall’ente stesso, soprattutto quando queste attività non superano la gestione ordinaria e assumono un carattere continuativo, sostituendosi di fatto al personale interno. Tale pratica viola i requisiti previsti dall’art. 7, comma 6, del Dlgs. n. 165/2001, che consente l’affidamento esterno solo in circostanze eccezionali o per attività che richiedano competenze altamente specializzate. La norma, strettamente legata all’art. 97 della Costituzione e al principio di efficienza amministrativa, obbliga le Pubbliche Amministrazioni a utilizzare il personale interno per raggiungere i propri obiettivi in modo economico e conforme alla legge. È quindi indispensabile accertare che l’incarico esterno riguardi effettivamente attività straordinarie o altamente specializzate, come già ribadito dalla giurisprudenza della Corte dei conti. Nel caso in esame, la Procura contabile ha accusato il responsabile finanziario di aver affidato ripetutamente incarichi di consulenza tributaria a uno studio esterno senza le condizioni necessarie. La Sezione ha stabilito che la gestione della contabilità fiscale e degli adempimenti connessi è un compito ordinario dell’ente, per il quale era già presente una figura professionale qualificata all’interno dell’organizzazione. L’affidamento esterno è stato quindi considerato illegittimo e contrario alle norme. A peggiorare la situazione, l’incarico era stato affidato direttamente, senza una procedura di selezione tra candidati, e con una motivazione ritenuta dai giudici vaga e irragionevole. Tale motivazione faceva riferimento a un progetto dello studio tributario che proponeva un metodo di calcolo Irap “misto” per ottenere presunti risparmi fiscali, oltre a una revisione della contabilità Iva. Tuttavia, la Sezione ha rilevato che queste attività avrebbero dovuto essere svolte dagli uffici interni e che l’obiettivo dell’amministrazione pubblica deve essere il corretto pagamento delle imposte, non il conseguimento di ipotetici risparmi, che in questo caso hanno portato a sanzioni e interessi.