Responsabilità amministrativa: condannato un Funzionario dell’Avvocatura per il rimborso di spese di difesa in giudizi penali

Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello, Sentenza n. 263 dell’11 novembre 2020

Oggetto: 

Condanna di un Funzionario dell’Avvocatura e del Responsabile del Settore “Finanziario” di un Comune per l’avvenuto rimborso delle spese di difesa in giudizi penali, conclusosi con l’assoluzione di dipendenti ed Amministratori, per gravissime carenze istruttorie e documentali: modifica Sentenza della sezione territoriale per la Puglia n. 480/2017. 

Fatto: 

Nel 2011 il Consiglio comunale di questo importante Comune (capoluogo di Provincia), su proposta del proprio Ufficio di Avvocatura, approva il riconoscimento di debiti fuori bilancio, per oltre Euro 1.200.000, “a titolo di rimborso di spese legali conseguenti a 4 Sentenze di assoluzione in favore di Amministratori e dipendenti dell’Ente, coinvolti in diversi procedimenti penali”; la Deliberazione, come previsto dalle disposizioni di legge, viene inviata alla Corte dei conti territoriale.

La Procura contabile avvia apposita indagine finalizzata a verificare la liceità dei predetti rimborsi, dalla quale emergono “gravissime carenze istruttorie e documentali poste in essere dal Funzionario del Settore ‘Avvocatura’ e del Responsabile del Settore ‘Finanziario’ ..che si sarebbero limitati genericamente ad attestare l’assenza di conflitti di interesse senza evidenziare le altre problematiche presenti”. La Procura contabile contesta, ad esempio, che in un caso “si sarebbe disposta, senza alcuna valutazione di congruità, la liquidazione della somma di Euro … in assenza di alcuna comunicazione preventiva in ordine al gradimento del legale e procedendo al rimborso della parcella (non ridotta del 50%) di 2 difensori”, mentre in un secondo caso “appare palese la sussistenza di un conflitto di interessi (la Sentenza si soffermerebbe su profili di dubbia legittimità dell’azione amministrativa)”, ed in un altro caso, riguardante il provvedimento penale a carico di un Funzionario, “dagli atti non emergerebbero, in alcun modo, quale sia il contenuto del Decreto di archiviazione”.

La Procura ritiene che siano emerse gravi carenze istruttorie, per cui cita in giudizio un Funzionario del Settore “Avvocatura” ed il Responsabile del Settore “Finanziario” per un importo di oltre Euro 720.000, pari al 60%di quanto pagato dal Comune. Il restante 40% sarebbe relativo alla “concorrente condotta causale di altri soggetti originariamente intimati, ma poi non convenuti” (Amministratori e singoli Consiglieri).

I Giudici territoriali (Sentenza n. 480/2017) condannano il Funzionario dell’Avvocatura comunale al pagamento di Euro 357.000, mentre il Dirigente del Servizio “Finanziario” è assolto (era accusato, oltre che di aver espresso il parere di regolarità contabile sulla Deliberazione consigliare, anche di aver emesso i mandati di pagamento in assenza di fatture quietanzate da parte dei legali).

Presentano appello, sia il condannato che la Procura (questa contro l’assoluzione del Responsabile del Servizio “Finanziario”).

I Giudici di appello, modificando la prima, Sentenza ripartiscono così il danno: confermano la condanna del Funzionario dell’Avvocatura per un importo di Euro 250.000 e condannano il Responsabile del Servizio “Finanziario” per la differenza (Euro 107.000).

Sintesi della Sentenza: 

La difesa dell’Avvocato eccepisce, tra l’altro, “la violazione dei Principi sulla ripartizione dell’onere della prova. Infatti, vi sarebbe stata la compartecipazione di più soggetti alla causazione del presunto danno e, comunque, la Delibera consiliare sarebbe stata regolare, in quanto il rimborso disposto sarebbe spettato agli Amministratori comunali e sarebbero state effettuate tutte le verifiche del caso, in un contesto nel quale incombeva sulla Procura regionale l’onere di dimostrare il contrario di quanto attestato negli atti istruttori e nella Deliberazione di riconoscimento di debiti fuori bilancio per il rimborso di spese legali e, quindi, il danno in concreto. Sarebbe stata da escludere anche la sussistenza della colpa grave, atteso che l’Avv. P. si sarebbe ‘trovato ad agire in condizioni particolari e indipendenti dalla sua sfera giuridica, nelle quali non poteva da lui esigersi il massimo grado di diligenza’”.

La Procura regionale, chiedendo la condanna del Responsabile Servizio “Finanziario”, sottolinea che “non sarebbe stato tenuto in debita considerazione il fatto che il Servizio ‘Finanziario’, diretto dall’appellato, è chiamato a effettuare, secondo i principi e i criteri della contabilità pubblica, i controlli e i riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione, secondo quanto stabilito dall’art. 184, comma 4, Tuel. Quindi, tale attività non avrebbe potuto ritenersi assorbita dall’attestazione resa da parte del Responsabile del Servizio ‘Avvocatura’, anche tenuto conto che i pagamenti dei rimborsi avvenivano sulla base di meri preavvisi di parcella o con pagamenti effettuati direttamente agli Avvocati, cosicché venivano a mancare i presupposti legittimanti la spesa. Per cui, il ruolo del Dott. D., nella sua qualità di Responsabile del Settore ‘Ragioneria’ non si poteva limitare alla sola verifica della mera disponibilità della capienza in bilancio della somma necessaria, atteso che era suo onere verificare la sussistenza dei requisiti e della documentazione necessari per il riconoscimento del titolo giuridico per l’effettuazione della spesa”.

I Giudici d’appello riconoscono che “la Sezione territoriale ha correttamente ricostruito tutti gli elementi di illegittimità e irregolarità della condotta dell’appellante. La conseguente responsabilità dell’Avv. P. si basa sia sul fatto che egli aveva espresso i pareri favorevoli al rimborso delle spese legali, che hanno portato al riconoscimento dei debiti fuori bilancio con la Delibera consiliare del 2011, nonostante l’assenza della formale preventiva comunicazione dell’esistenza dei procedimenti penali a carico dei dipendenti e Amministratori indagati e/o imputati, al fine di concordare la nomina di un legale di comune gradimento previa valutazione del potenziale conflitto di interessi tra il soggetto e l’Ente datoriale, come prescritto dall’art. 67, Dpr. n. 268/87, poi ripreso dall’art. 28 Ccnl. Dipendenti Enti Locali 14 settembre 2000, vigente all’epoca dei fatti, sia su ulteriori circostanze che hanno colorato ‘di ulteriori connotati di illegittimità’ la fattispecie. Anzitutto, è evidente che sia mancata la preventiva informazione dell’Amministrazione circa il coinvolgimento dei dipendenti nel procedimento penale, al fine di concordare la nomina di un legale di comune gradimento, attività funzionale a valutare la coincidenza di interessi tra l’Amministrazione e il dipendente, ad escludere un potenziale conflitto di interesse tra l’indagato o imputato e l’ente datoriale e a favorire un contenimento della relativa spesa. Difatti, come la giurisprudenza ha evidenziato, e come del resto si desume dal dettato normativo, non si ravvisa nel nostro ordinamento un Principio generale che consenta di affermare l’esistenza di un generalizzato diritto al rimborso di tali spese”.

Il Collegio giudicante esamina successivamente i pareri espressi dall’Avvocato del Comune, in particolare quello reso “su richiesta di chiarimenti dell’Organo consiliare (nonché, come rappresentato nel prosieguo, anche alla condotta tenuta dal Dott. D.). Tale ultimo parere – rilasciato in pochi giorni e compendiante vicende del tutto eterogenee oggetto di molteplici Sentenze penali da vagliare approfonditamente – recante un’attestata conformità generica delle numerose e articolate parcelle, con svariate voci tariffarie da verificarsi analiticamente, rappresenta il più fulgido esempio della inescusabile superficialità con cui tale delicato ed essenziale incarico è stato condotto dall’Avv. P.. Viceversa, la condotta alternativa esigibile da parte dell’appellante avrebbe dovuto essere il frutto di una seria e ponderata istruttoria, soltanto al cui esito si sarebbe potuto rilasciare un parere che desse conto dell’analisi delle parcelle per singolo dipendente e singolo procedimento, accertando la congruità delle stesse in base al tariffario professionale, la reale insussistenza di conflitti di interessi, la diminuzione dei compensi indicata nella delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. La condotta è quindi sorretta quantomeno dalla colpa grave, stante la violazione delle richiamate norme di legge e contrattuali disciplinanti il ristoro delle spese legali, di inequivoca e stretta interpretazione e applicazione”.

Per quanto riguarda la posizione del Dirigente del Servizio “Finanziario”, sul ricorso della Procura per l’assoluzione decisa in I grado, il Collegio ritiene che “non possa essere mandato esente da responsabilità, essendo evidente che il suo comportamento gravemente colposo ha concorso alla determinazione del danno, mentre una sua condotta improntata a diligenza e ispirata al principio di buon andamento e imparzialità la avrebbe potuta impedire. Infatti, con estrema superficialità rendeva il parere favorevole di regolarità contabile sulla proposta di Delibera Cc. del 2011, non sollevando l’evidente carenza dei presupposti di legge indispensabili ai fini del rimborso delle spese legali in favore di dipendenti e – ancor più gravemente – di amministratori comunali da parte dell’Ente; in data 13 settembre 2011, poi, disponeva la liquidazione dei predetti rimborsi, per complessivi Euro 1.209.501,55, non rilevando l’incompletezza dei documenti forniti a supporto delle relative richieste, ma procedendo sulla base di meri preavvisi di parcella, privi dei relativi pareri di congruità e delle previste decurtazioni del 50% degli importi delle parcelle stesse”.

Commento:

Il Funzionario dell’Avvocatura interna si difende, mettendo in evidenza che non era il Dirigente del Servizio.

Il Responsabile del Servizio Finanziario, dopo l’assoluzione nel giudizio di I grado, è condannato perché ha emesso i mandati di pagamento a favore di creditori “presunti”, perché mancava la documentazione fiscale (fattura quietanzata). Il danno è stato progressivamente ridotto da Euro 1.200.000 a Euro 357.000.

Le motivazioni delle Sentenze di assoluzione nei giudizi penali e/o civili (che hanno interessato Amministratori e dipendenti) non sono riportate chiaramente, per cui, anche in questo caso, si può sostenere che sono mancati molti controlli interni. 

di Antonio Tirelli