Ritenuta Ires del 4%: soggetti i contributi una tantum erogati dal Comune alle Imprese per fronteggiare l’emergenza da “Covid-19”

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 494 del 21 ottobre 2020, ha fornito chiarimenti in ordine al trattamento fiscale dei contributi economici erogati una tantum dal Comune in favore di talune attività di impresa del proprio territorio, soggette a chiusura durante l’emergenza sanitaria determinata da “Covid-19”, confermandone l’assoggettamento a ritenuta Ires del 4% di cui all’art. 28, comma 2, del Dpr. n. 600/73.

Nel caso di specie, comune per la verità a molti Enti Locali in quest’ultimo periodo, il Comune istante ha deciso di erogare dei contributi economici una tantum a favore di talune attività di impresa del proprio territorio, soggette a chiusura durante l’emergenza sanitaria determinata da “Covid-19”, stabilendo una diversificazione del contributo erogabile sulla base del danno economico subito dalle imprese stesse.

Tale intervento trae spunto da quanto disposto dal Governo nazionale relativamente al contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del Dl. n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”, vedi Entilocalinews n. 30 del 27 luglio 2020). In merito a tale norma, l’Agenzia ha ricordato in primo luogo che detto contributo, per espressa previsione normativa, non concorre alla formazione della base imponibile, ai fini Ires ed Irap e, pertanto, non è soggetto alla ritenuta del 4% prevista dall’art. 28, comma 2, del Dpr. n. 600/73.

Tale trattamento non può però essere applicato ad altre fattispecie in ragione della circostanza che le norme di esenzione in materia tributaria, per effetto della loro natura derogatoria di carattere speciale, sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 12 delle Preleggi.

Ciò posto, in assenza di una espressa previsione di legge che escluda la rilevanza ai fini delle Imposte sui redditi dei contributi pubblici, occorre far riferimento alle ordinarie regole che ne disciplinano la tassazione diretta.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha proceduto a ricordare dette regole generali, certamente utili per rammentare ai Comuni i casi in cui dover applicare la citata ritenuta. Ai fini delle Imposte dirette, ai sensi dell’art. 85, comma 1, del Tuir (Dpr. n. 917/1986), “sono considerati ricavi (…): g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto; h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”. I contributi in conto capitale, diversamente, sono disciplinati dal comma 3, dell’art. 88 del Tuir, in base al quale “sono inoltre considerati sopravvenienze attive (…): b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lett. g) e h) del comma 1 dell’art. 85 e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato”.

I contributi disciplinati dalla norma richiamata, definiti “in conto capitale”, non sono correlati a specifici fattori produttivi (siano essi di esercizio che a fecondità ripetuta), consistendo in un generico potenziamento dell’apparato produttivo dell’Impresa beneficiaria e, di conseguenza, assumono rilevanza fiscale – come sopravvenienze – nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale e giuridica del percettore. Tali contributi concorrono al reddito interamente nell’esercizio in cui sono stati conseguiti ovvero, a scelta del contribuente, nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto in quote costanti.

I contributi concessi specificamente in relazione all’acquisto di beni ammortizzabili, i c.d. “contributi in conto impianti”, non generano, né sopravvenienze attive, né ricavi, bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono. Ciò significa che contributi in conto impianti non assumono autonoma rilevanza fiscale ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi. Tale obiettivo può essere raggiunto secondo quanto indicato dal Principio contabile Oic 16, paragrafo 88, lett. a) e b).

Come precisato con la Risoluzione n. 2/E del 2010, si deve tenere presente che il criterio distintivo tra ciascun tipo di contributo consiste nella finalità per la quale viene assegnato, desumibile dalle singole leggi agevolative:

  • i contributi in “conto esercizio” sono destinati a fronteggiare esigenze di gestione;
  • i contributi in “conto capitale” sono finalizzati ad incrementare i mezzi patrimoniali dell’Impresa, senza che la loro erogazione sia collegata all’onere di effettuare uno specifico investimento;
  • i contributi in “conto impianti” sono erogati con il vincolo di acquisire o realizzare beni strumentali ammortizzabili, ai quali vengono parametrati.

L’art. 28, comma 2, del Dpr. n. 600/1973, prevede che “le Regioni, le Provincie, i Comuni, gli altri Enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del 4% a titolo di acconto delle Imposte indicate nel comma precedente e con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi corrisposti ad Imprese, esclusi quelli per l’acquisto di beni strumentali”.

In relazione all’ambito di applicazione di tale disposizione, è stato precisato che la norma in commento individua i soggetti su cui grava l’obbligo di operare la ritenuta, identificandoli nelle Regioni, Province, Comuni ed altri Enti pubblici e privati, delimitando il proprio ambito di applicazione al rispetto di 2 condizioni (soggettiva e oggettiva), ovvero che:

a) il destinatario del contributo sia un’Impresa;

b) i contributi non siano destinati all’acquisto di beni strumentali (vedasi le Risoluzioni n. 193/E del 2002 e n. 108/E del 2004).

Per quanto riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione, l’Agenzia ha osservato che la norma non individua esattamente i contributi assoggettati a ritenuta, ma si limita ad indicare quelli esclusi, dettando sostanzialmente un Principio di carattere generale in forza del quale tutti i contributi corrisposti alle Imprese dalle Regioni, Province e Comuni, dagli Enti pubblici e privati subiscono la ritenuta alla fonte a titolo di acconto, con la sola esclusione dei contributi per l’acquisto dei beni strumentali.

Nel caso oggetto della Risposta in commento, in relazione al contributo (deliberato dal Comune a favore delle Imprese in difficoltà economica a seguito della pandemia causata dal “Covid-19”), non è rinvenibile nell’ordinamento una norma che ne escluda la tassazione, e pertanto – ha concluso l’Agenzia – allo stesso trova applicazione il regime fiscale sopra delineato.

In particolare, è rappresentato dall’istante che “il contributo deliberato dal Comune è rivolto principalmente ad Imprese a conduzione familiare, la cui mancata attività economica comporta una grave crisi finanziaria e sociale. Di conseguenza tale contributo assume la caratteristica di intervento sociale a sostegno di situazioni di bisogno e non al reddito di impresa”. In conseguenza di ciò, detto contributo non è diretto all’acquisto di beni strumentali, bensì si sostanzia in un sostegno economico straordinario alle imprese. Ed in assenza di disposizioni che riconoscono un regime fiscale di favore a tali erogazioni, l’Agenzia ha ritenuto che il contributo in esame assuma rilevanza ai fini delle Imposte sui redditi e sia da assoggettare, al momento dell’erogazione, alla ritenuta d’acconto del 4%.

di Francesco Vegni