Tari: possibile la riduzione per i rifiuti assimilabili agli urbani

Con l’Ordinanza n. 13328 del 1° luglio 2020 della Corte di Cassazione, i Giudici di legittimità rilevano che il presupposto dell’applicazione della Tia è l’occupazione o la detenzione locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale. Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali o per destinazione si formano di regola rifiuti speciali. Secondo l’art. 49, commi 3, 4, e 14, del Dlgs. n. 22/1997, e art. 62 del Dlgs. n. 507/1993, solo i locali all’interno dei quali, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali pericolosi e tossici e rifiuti speciali non assimilati, sono esenti dal pagamento. Il comprovato avviamento al recupero dei rifiuti urbani e assimilati implica la possibilità di esonero dalla privativa comunale che determina, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dall’art. 62, comma 3 del Dlgs. n. 507/1993, istitutivo della Tarsu, bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto (a consuntivo) in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità avviata al recupero. Peraltro, la Suprema Corte pone in evidenza l’art. 7 del Dpr. n. 158/1999 – che nella fase transitoria può essere applicato dai Comuni anche ai fini Tarsu nell’approvare il “metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento dei rifiuti urbani” – prevede infatti, non già l’esenzione dell’Imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani vengano avviati a recupero direttamente dal produttore, sempre che il Servizio sia istituito e sussista la possibilità dell’utilizzazione.